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domenica 30 settembre 2012

Peccato e redenzione. Distruzione del paganesimo. 108


Agostino, nella sua Lettera 185 del 414, legittimò le persecuzioni contro i non cristiani, come aveva fatto anche a proposito della distruzione dei templi pagani, affermando: “... v’è una persecuzione ingiusta inflitta dagli empi alla Chiesa di Cristo e v’è una persecuzione giusta inflitta agli empi dalla Chiesa di Cristo (2, 11)”. Naturalmente, gli empi erano gli eretici, i pagani, e chiunque non volesse accettare il cristianesimo.

In conseguenza di questa lotta al paganesimo tutte le più importanti istituzioni culturali e artistiche del mondo antico decaddero e furono cancellate. I giochi olimpici cessarono definitivamente nel 394 e l’università di Atene, la più antica istituzione culturale dell'antichità, venne chiusa nel 529. Da allora, i filosofi e i letterati non cristiani furono obbligati al silenzio. Cominciò l’oscurantismo culturale che ottenebrò l’Europa fino all’Illuminismo.

In nomine Domini 32


Come di consueto, seguendo l'abitudine del padre Alberico che non aveva mai amato poltrire nel letto, Giovanni XII si alzò molto presto l'indomani e mentre il fido Cassio gli preparava la colazione fece una capatina alle scuderie per salutare i suoi cavalli. Li amava di tutto cuore ed essi contraccambiavano il suo affetto. Al suo ingresso nella stalla il papa veniva accolto con nitriti e scalpitii di gioia che lo mandavano in solluchero. Anche quella mattina si ripeté il consueto cerimoniale e dopo averli accarezzati e baciati ad uno ad uno, il papa salì nelle sue stanze.
"Trovo che Vostra Santità è molto sollevata oggi", disse con deferenza il fido Cassio, mentre serviva la colazione.
"Puoi ben dirlo", rispose con un sorriso il giovane papa. "Le cose, pare, si stanno mettendo bene. E ciò anche per merito tuo che mi hai dato il saggio consiglio di richiamare il diacono Ascanio".
"Sono grato a Vostra Santità per le lusinghiere parole nei miei confronti", rispose umilmente il servitore e riferì che Roma era tutta ansiosa di assistere al suo pontificale per impetrare da Dio la conciliazione con l'imperatore.
"Se le cose si aggiusteranno", riprese il papa con un mesto sorriso, "dovrò cambiare radicalmente vita e non potrò più prendermi certe licenze. Sicuramente Ottone mi farà pedinare dai suoi segugi, per controllare ogni mia azione. Insomma dovrò rigare dritto, e forse è meglio così. Ma per intanto mi rimangono ancora alcuni giorni di libertà e se il pontificale avrà successo e la giovane misteriosa verrà ad assistervi, non voglio perdere l'occasione di conoscerla e conquistarla. Sarà la mia ultima, folle avventura e la ricorderò senz'altro come uno dei momenti più radiosi della mia vita".
"Sono certo che il piano funzionerà e ho già predisposto con ogni cura come pedinarla, con la massima discrezione, all'uscita della chiesa", aggiunse Cassio.
"Senza dare nell'occhio e senza scandali, per l'amor del cielo", riprese Giovanni XII. "Durante l'omelia del cardinale arcidiacono, mentre me ne starò seduto sul trono papale rivolto al pubblico, fingerò di raccogliermi in me stesso e così avrò modo di scrutare, inosservato, le prime file dei fedeli. Se la scorgerò, fingerò di aggiustarmi la tiara e a quel segnale farete scattare la trappola".
"Meraviglioso!", concluse Cassio e si predispose ad aiutare il papa nella sua vestizione mattutina.
Giovanni XII era molto affezionato al suo fido servitore e voleva essere servito soltanto da lui. Gli dava anche molta confidenza, specie quando ritornava dai festini tenuti coi nobili romani, durante i quali le libagioni non si contavano. Quegli erano i momenti più brutti per Cassio. Il giovane papa in preda all'ebbrezza diventava intemperante, si spogliava nudo e si abbandonava a lascive manifestazioni d'affetto. Toccava a Cassio smorzare quegli eccessi, con dolcezza ma anche con piglio sicuro, e a non cader mai nella trappola di accondiscendere alla confidenza che riceveva ma di mantenere sempre le distanze che il suo ruolo esigeva. Il papa era consapevole di tutte queste attenzioni del suo servitore e lo stimava e amava moltissimo.

Simone accolse con un ampio sorriso i due illustri ospiti. Trovava il giovane papa molto simpatico e gli piaceva la sua aria bonacciona e amichevole.
Giovanni XII dopo averlo abbracciato, non pese tempo in convenevoli ed entrò subito nel merito della questione.
"Ascanio mi ha messo al corrente in modo dettagliato di tutto quello che avete esaminato finora", disse. "So perfino chi erano gli esseni, che finora non avevo mai sentito nominare, e so che gli apostoli era tutti briganti".
"Non proprio briganti", fece Simone divertito, "ma dei ribelli che volevano cacciare i romani oppressori. Oggi vedremo che la crocifissione", riprese il monaco, "conferma appieno la missione esclusivamente messianica di Gesù e che essa non ha niente a che vedere con l'accusa di blasfemia, tirata in ballo dai nostri Vangeli. Se infatti Gesù si fosse proclamato figlio di Dio, sarebbe stato lapidato sic et sempliciter dalla folla inferocita perché avrebbe contravvenuto al principio fondamentale della Legge mosaica: il monoteismo. E non sarebbe stato necessario scomodare un esercito di soldati e infliggergli la crocifissione, la più ignominiosa delle condanne, riservata solo ai ribelli. E i romani della sua lapidazione se ne sarebbero altamente infischiati".
"Ho sempre avuto l'impressione che l'accusa di blasfemia fosse incompatibile con l'urgenza dell'arresto, la complicità di un traditore e lo spiegamento di forze" espresse Ascanio.
"Infatti l'arresto avvenne di notte, alla vigilia di una ricorrenza sacra, importantissima per gli ebrei, e quindi era palesemente illogico e illegale" chiarì Simone. "E poi, che bisogno c'era che un traditore con un bacio ne evidenziasse la persona, dal momento che Gesù, a detta degli stessi evangelisti, era conosciutissimo in tutta Gerusalemme e da tutte le personalità del Tempio, comprese le guardie. Una settimana prima era entrato nelle città santa tra un tripudio di gente che lo aveva acclamato festosa come figlio di Davide e nuovo re d'Israele. E nel Tempio discuteva tutti i giorni coi sacerdoti e i farisei di teologia e di giustizia e ne aveva scacciato i mercanti che lo profanavano.
"E, infine, come spiegare che per arrestare un inerme e mite propugnatore della non-violenza e dell'amore del prossimo, occorresse una coorte di soldati romani, come è confermato anche dal nostro evangelista Giovanni? Cioè seicento legionari armati di tutto punto.
"Questo Vangelo spiega chiaramente che Gesù fu arrestato non per la sua scarsa ortodossia religiosa ma perché, convinto di essere il Messia profetizzato dalle Scritture, nella notte del Monte degli Ulivi voleva attuare un colpo di Stato, fallito per l'opposizione dei sacerdoti e degli erodiani. In questo senso si spiega anche il tradimento di Giuda, che altrimenti non avrebbe alcuna spiegazione".
"Mi è sempre parso del tutto assurdo il comportamento di Giuda in questa circostanza", rivelò Ascanio.
"Il compito del traditore, infatti", spiegò subito il monaco, "non fu quello di indicare il personaggio col bacio convenuto, che come abbiamo visto in precedenza era noto a tutta Gerusalemme, ma di avvertire i sacerdoti tempestivamente che la sommossa stava per avere inizio, al fine di cogliere i rivoltosi di sorpresa e di bloccare l'insurrezione sul nascere. Ecco allora perché i sacerdoti aspettavano un segno dal traditore e perché era intervenuto un vero esercito. Ciò spiega anche il comportamento dei seguaci di Gesù all'arrivo dei soldati. Uno degli apostoli, secondo Giovanni l'apostolo Pietro, fece un tentativo di resistenza, estrasse una spada e tagliò netto l'orecchio di un servo del sommo sacerdote, di nome Malco".
"Mi sono chiesto più volte come mai in quel ritiro pacifico di uomini in preghiera, come viene descritta dagli evangelisti la velia sul Monte degli Ulivi, c'erano degli individui armati", si chiese Ascanio perplesso.
"In questo Vangelo si accenna addirittura ad un vero scontro tra i seguaci di Gesù e la coorte romana", fece Simone. "Esaminando attentamente il quarto Vangelo, ove si parla di indietreggiamento e di caduta a terra dei soldati durante l'arresto, ho avuto la conferma che, indubbiamente, ci fu uno scontro vero e proprio, qualcosa di molto grave, insomma".
"E dopo l'arresto di Gesù che cosa accadde, secondo questo Vangelo?, chiese Ascanio.
"Gesù fu rinchiuso nella Torre Antonia, sede dal presidio romano. Non fu condotto, come testimoniano confusamente i nostri evangelisti, nella casa privata del sommo sacerdote Caifa per un sommario processo esclusivamente ebraico. Il processo ebraico, leggiamo nel secondo rotolo, fu inventato e inserito dai seguaci di Paolo, allo scopo di scagionare i romani della responsabilità di aver condannato Gesù e per farla ricadere esclusivamente sulle spalle del popolo ebreo. L'unico vero processo fu quello davanti a Pilato per sedizione armata".
"E la fine di Giuda come è raccontata in questo testo?" chiese curioso il papa.
"Questo apostolo che col suo tradimento aveva fatto fallire l'impresa del gruppo, avvertendo il Tempio dell'incipiente rivolta, fu giustiziato secondo il metodo seguito abitualmente dagli zeloti per punire i traditori: gli fu squarciato con la spada il ventre e le sue viscere furono sparse al suolo. Ciò è confermato anche negli Atti".
"E il comportamento degli apostoli, dopo l'arresto di Gesù?", chiese Ascanio.
"Convinti che con la crocifissione del loro capo e il mancato intervento delle schiere celesti il tentativo messianico fosse fallito, si diedero ad una fuga ignominiosa. Si erano illusi di sedere alla destra o alla sinistra del trono del nuovo re d'Israele e si trovavano rintanati nei pressi della piscina di Siloe, tremanti d'orrore e di paura", spiegò Simone.
"E la morte crudele e ignominiosa di Gesù trova conferma in questo testo?" chiese Ascanio.
"Con un'importante sottolineatura riguardante lo smarrimento di Gesù al momento della morte, espresso dalla storica frase: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato. Smarrimento inconcepibile se Cristo fosse stato il figlio di Dio che s'immolava per la salvezza dell'umanità, ma chiarissimo per un aspirante Messia che, avendo fermamente creduto nell'intervento di Jahvè per aiutarlo a restaurare il regno di Davide, constatava con disperazione l'abbandono divino e il fallimento della sua missione. Nel testo sono totalmente ignorati anche gli eventi soprannaturali, quali: eclissi, terremoti, frane, resurrezioni e lo squarciamento nel Tempio del velo che nascondeva la Sancta Sanctorum, che secondo i sinottici accaddero al momento della morte di Gesù".
"E la resurrezione, l'evento più significativo della nostra santa religione, senza la quale la nostra fede non avrebbe senso, come viene sentita in questo Vangelo?", chiese il giovane papa.
"Come l'atto di nascita del cristianesimo. Quando Maria di Magdala corse ad annunciare agli apostoli che aveva trovato la tomba del Maestro vuota, lo sconforto e lo smarrimento di fronte alla fine ignominiosa del loro capo, si dileguarono per incanto e si fece strada nelle loro menti la convinzione che Gesù, ritenuto da essi il Messia di discendenza davidica, si era trasformato, in seguito alla sua resurrezione, nel Messia Martirizzato, nel Figlio dell'Uomo profetizzato da Daniele, che sarebbe risorto e asceso al cielo alla destra di Dio Padre, per tornare di lì a poco sulla Terra circonfuso di potere e di gloria per riscattare definitivamente Israele dai suoi oppressori. Questa convinzione si diffuse rapidamente tra i seguaci di Gesù e fu alla base della nascita del loro movimento poi chiamato cristianesimo.

"Qui termina il racconto del primo rotolo. La successiva evoluzione dei primi cristiani giudei e le molteplici trasformazioni e invenzioni operate da Paolo, viene raccontata nel secondo", concluse Simone.
"Per oggi ci accontentiamo di questo", fece il papa tirando un lungo sospiro. "Ne abbiamo sentite di cotte e di crude e certamente avremo di che riflettere a lungo. Lunedì, all'indomani del mio pontificale in San Pietro, ritorneremo ad affrontare il secondo rotolo, che, immagino, ci riserberà molte altre sorprese. Penso di interpretare anche il pensiero del diacono Ascanio se dichiaro che l'esposizione del venerando Simone è stata quanto di più chiaro e completo ci potessimo aspettare". E con un gesto istintivo abbracciò affettuosamente il vecchio monaco prima che questo riuscisse a sollevarsi in piedi in segno di rispetto.

sabato 29 settembre 2012

Il falso Jahvè.La scomparsa del quarantesimo libro della Bibbia. 160


Secondo Genesi 17,7-8, Dio aveva scelto Abramo come padre della sua nazione e gli aveva promesso che tutta la sua discendenza avrebbe fatto parte del popolo eletto. Ma più avanti, in Genesi 28,13-15, è Giacobbe, figlio di Isacco e nipote di Abramo, a diventare il padre della nazione scelta da Dio. Esaù, suo fratello, il vero erede disegnato dal padre, a causa della tresca orditagli dalla madre Rebecca viene diseredato a livello divino, con tutti i suoi discendenti.

Ciò in aperto contrasto con la promessa fatta da Dio ad Abramo che tutta la sua discendenza avrebbe partecipato all'elezione. E allora cosa c'entra Abramo come padre della nazione e la promessa fatta da Dio riferita a tutti i suoi discendenti? Non bastava far iniziare la genealogia da Giacobbe? Ma forse bisogna ammettere che Giosia, il re integralista che distrusse Bethel e tutti gli Alti Luoghi del vecchio Israele e che fece scrivere il Deuteronomio, oppure il sacerdote che si occupò della redazione di Genesi, abbiano inventato la storia del diseredamento di Esaù per ripudiare gli edomiti che custodivano Bethel e gli altri centri del culto come Teman.

Da Edom, infatti, discenderebbero gli edomiti. Secondo il Libro di Jashar, quando Giacobbe e i suoi si trasferiscono in Egitto, Edom e la sua famiglia rimase in Palestina sul monte Seir.

C'è un altro punto nella Bibbia in cui il nome di Jashar viene censurato: si tratta dell'episodio di Debora, una dei Giudici d'Israele nel periodo che seguì la conquista di Canaan. Il Cantico di Debora (Giudici 5,1-31), che può ben essere datato al XII secolo a.C., è uno dei canti più importanti della Bibbia e ci spiega che Debora e il suo generale Barak riuscirono ad unire alcune tribù israelite di fronte a un nemico comune (Giudici 20).

La cosa strana è che in Giudici non viene chiarito come questa donna singolare arrivasse a rivestire una carica così importante. Nel Libro di Jashar, invece, troviamo la spiegazione: Debora era la figlia di Jashar e dopo la morte di Giosuè, avendo Jashar ripreso il comando dell'esercito, la nominò sua erede.

Per le sue origini edomite e la sua parentela con Jashar, il cui libro risultava in netto contrasto col pensiero giudeo, la genealogia familiare di Debora fu cancellata dalla Bibbia ebraica. Ma qualche traccia di lei è rimasta:
"Quando muovevi dai monti di Seir, quando marciavi nella steppa di Edom, Signore, la terra tremò, il cielo si scosse, e le nubi si sciolsero in acqua. I monti si nascosero per paura del Signore, il Dio del Sinai, per paura del Signore, il Dio d'Israele [...] Campagne abbandonate, non più contadini in Israele; poi sei comparsa tu, Debora" (Giudici 5,4-7).

La demonizzazione della democrazia e dei diritti civili (“L'invenzione del cristianesimo”) 218


In campo politico, come in quello sessuale e culturale, la Chiesa è sempre stata, e rimane tuttora, il nemico più implacabile di ogni forma di libertà. Essa, infatti, ha sempre odiato la libertà e la democrazia che ne consegue.

Nessun papa ha mai speso una parola per difenderla, anzi tutti i papi ne hanno spese molte per denigrarla. Che cosa significa democrazia? Accettazione piena di tutte le libertà fondamentali del cittadino: libertà di pensiero, di parola, di stampa, di religione, di scelta politica e così via. Ma per la Chiesa, la libertà, qualsiasi forma di libertà, è sempre stata considerata un'invenzione satanica. Ecco perché la Chiesa è sempre stata, nel corso della storia, il massimo sostegno dell’assolutismo e della tirannia.

Quando nel 1789 la «Dichiarazione dei diritti dell’uomo» proclamò i diritti fondamentali del cittadino, non più suddito, che decretavano l’eguaglianza di tutti davanti alla legge, e la libertà di coscienza, di pensiero, di parola e di stampa, fu duramente condannata nel Breve “Quod aliquantum” del 10 marzo 1791, da parte di Pio VI, come «mostruosità» (monstra). «Che cosa si può escogitare di più insensato che decretare una siffatta eguaglianza e libertà per tutti?», scrisse il Papa inorridito.

 Poco dopo Pio VII nel 1800, nella sua prima enciclica, condannò “il mortale flagello dei libri” che avevano portato alla Rivoluzione Francese e alla deprecata “grande libertà di pensiero e di parola, di leggere e di scrivere”.

Pio VI


venerdì 28 settembre 2012

La laicità teocratica di papa Ratzinger


La base cattolica, sempre più secolarizzata, mostra scarso interesse per non dire assoluta indifferenza per i “valori non negoziabili”, che le gerarchie ecclesiastiche brandiscono come un diktat ossessivo e convulso e che papa Ratzinger ripete come un mantra in ogni occasione. In un recente sondaggio Acli-Isos, appena il 16% dei cattolici li ritiene di un qualche valore.

La Chiesa è perfettamente consapevole di ciò e corre ai ripari coartando, col ricatto del voto cattolico, la nostra classe politica perché li imponga come legge dello Stato, in base alla sana laicità teocratica voluta dal Vaticano.

Così, mentre il nostro Paese è devastato da una massiccia disoccupazione giovanile e da mille problemi inerenti il lavoro e il welfare, e i nostri politici arzigogolano su come riformare la legge elettorale in modo che consenta loro di conservare il cadreghino e tutte le prebende di cui godono, il nostro caro papa, ignorando la crisi economica sempre più grave, si preoccupa soltanto di dettare, come dogma di fede, i principi cui deve rigorosamente uniformarsi la nostra casta politica per non incappare in scomuniche dall’alto in piena campagna elettorale: no all’aborto e alla contraccezione, no alla fecondazione assistita, no all’eutanasia e al testamento biologico, no alla possibilità di rifiutare l’accanimento terapeutico, come invece hanno fatto il cardinal Martini e il papa polacco (ma loro sono figli di un dio maggiore), no ai matrimoni civili e alle unioni di fatto, assolutamente no ai matrimoni gay e via teocratizzando.

A Castelgandolfo ricevendo i rappresentanti dell’Internazionale democristiana, organizzazione che riunisce oltre 100 partiti cattolici di tutto il mondo, guidata dallo zuavo pontificio Pierferdinando Casini, il papa l'altro ieri ha esternato, per l'ennesima volta, questi suoi sacri principi, rivolgendosi apparentemente urbi et orbi, ma soprattutto “urbi” cioè all'Italia, ormai ridotta a colonia vaticana.

Naturalmente i nostri politici, non solo quelli di destra e di centro, appecorati da sempre, ma anche quelli di sinistra in gran parte cattopiddini, dovranno, anche se col mal di pancia, allinearsi al diktat papale e portare l'Italia sempre più fuori dell'Europa e pronta ad apparentarsi con i Paesi più retrogradi e oscurantisti dell’Africa e del mondo musulmano.

Pierferdinando Casini


Decadenza economica (“L'invenzione del cristianesimo”) 217


Ovviamente la decadenza del nostro Paese, causata dalla Controriforma e dall'Indice, non ha riguardato soltanto la cultura, la scienza e la politica, ma anche la morale e l'economia. Vediamo come. Nel protestantesimo, la spinta culturale, derivata dalla libertà di accedere direttamente e personalmente alle verità della Bibbia, spinse ognuno ad imparare a leggere. Guai a chi non era in grado di farlo. Fu una enorme molla culturale perché l'ignoranza era considerata figlia del diavolo.

Ma al protestante non bastava saper leggere la Bibbia, gli occorreva anche poterla interpretare col proprio acume, confrontandosi, magari, con gli altri. Di qui lo stimolo alla ricerca personale e allo sviluppo del senso critico. Il protestante divenne quindi uno strumento attivo perché sapeva costruire la sua verità con lo studio personale, con la riflessione e col dibattito; quello cattolico, al contrario, rimasto totalmente passivo, perché tenuto sotto tutela, dovette accettare la verità interpretata da altri (il clero) senza mai avere l'opportunità di verificarla. Inoltre, il protestante sentiva come dovere morale la laboriosità, la disciplina, la frugalità, l’efficienza e la cultura. Nello stesso tempo rifiutava l'ascetismo cattolico, che disprezzava le cose buone e belle del mondo, ed esaltava la povertà e la rassegnazione ai soprusi e alle angherie dei prepotenti. Il protestante voleva vivere, agire, operare, lavorare e sacrificarsi per la famiglia e il successo, convinto che ricchezza e benessere fossero segni della Grazia.

Fu questa nuova morale a far nascere il capitalismo, secondo la celebre tesi di Max Weber (L’etica protestante e lo spirito del capitalismo). Inglesi, tedeschi, svizzeri e olandesi, spinti da questa morale aperta e positiva, riuscirono a dare un nuovo impulso al commercio, alla ricerca, alle relazioni politiche e sociali, sviluppando la borghesia e l'imprenditoria e creando le premesse allo sviluppo economico dei loro Paesi e del mondo intero. I Paesi cattolici, soprattutto l'Italia e la Spagna, dominati dal conservatorismo religioso e dalla nobiltà latifondista, rimasero culturalmente ed economicamente arretrati.

Fra il Seicento e il Settecento, quindi, mentre l'Europa protestante creava la strutture socio-economico-politiche dello Stato moderno, l'Italia, in piena decadenza, era intenta soprattutto ad accrescere il numero delle festività in onore di nuovi santi, nuovi culti alla Madonna, nuove rivelazioni miracolose, nuovi dogmi e nuovi riti, tutti intesi ad incrementare la già enorme superstizione popolare.

Max Weber


giovedì 27 settembre 2012

Peccato e redenzione. Distruzione del paganesimo. 107


Cominciamo da quando nel 313 ottenne la libertà di culto da Costantino. Finché la Chiesa fu perseguitata invocò incessantemente la tolleranza e la libertà religiosa. Non appena però ebbe l'appoggio degli Imperatori, divenne, in breve tempo, intollerante e persecutrice, arrivando al punto di annientare con la violenza tutti i suoi nemici interni e tutti i culti antichi pagani.

Già nel 325 costrinse Costantino a perseguitare i cristiani dissidenti, bollati come eretici (Nestorio, Ario e i Montanisti), e fece bruciare pubblicamente le loro opere. Quindi, si accanì contro i filosofi Nicagora, Ermogene e Sopatro, mandò al rogo gli scritti del neoplatonico Porfirio, autore dell'opera monumentale "Contro i cristiani", in 15 libri. Da allora, per più di mille anni, filosofare divenne pericoloso e comportò la condanna per eresia con l'esilio, la confisca dei beni e il rogo. La repressione raggiunse il culmine sotto Teodosio I, che nel 380 proclamò il cristianesimo religione di Stato, e poi con Teodosio II e Valentiniano III, i quali, aizzati dalla Chiesa, spinsero i cristiani al saccheggio dei templi pagani e alla loro conversione coatta, pena la condanna a morte e la confisca dei loro beni.

Sotto la guida del clero e di monaci fanatizzati, furono in breve distrutti innumerevoli templi pagani, che contenevano opere d'arte inestimabili. Alcuni di essi si salvarono trasformandosi in chiese. Nel 391, il vescovo Teofilo di Alessandria, dopo aver distrutto i templi della città, tra i quali quello importantissimo di Dioniso, fanaticamente convinto che la cultura pagana e laica fosse la negazione del cristianesimo, diede ordine di incendiare la famosa biblioteca di Alessandria, e così tutto il sapere del mondo antico andò in fumo. Questa biblioteca conteneva, infatti, tutti i classici antichi egiziani, greci e latini, nonché rarissimi libri provenienti dall’India e numerosi manoscritti alchemici. Questi atti vandalici vennero incoraggiati e giustificati dai Padri della Chiesa, come Crisostomo e Agostino.

Decadimento dello studio delle scienze (“L'invenzione del cristianesimo”) 216


 E che dire della cultura scientifica, come la fisica, la medicina, l'astronomia e persino la matematica, discipline ritenute dalla Chiesa in perenne contrasto con le Sacre Scritture? Le nostre università, censurate nei libri, spiate dagli inquisitori, dovettero barcamenarsi come potevano, costrette ad impartire un insegnamento cifrato, allusivo e dissimulato, e a ricorrere a tutti i sotterfugi per insegnare un po' di anatomia e di scienza. Insomma una catastrofe culturale di immani conseguenze negative che ci spiega perché ancor oggi l'Italia, a causa della repellenza verso la carta stampata che ci è stato inculcata dalla Chiesa, è il Paese in cui si legge meno che in qualsiasi altro Stato europeo.

Ecco spiegate anche tante altre arretratezze nostrane, come il fatto che l'Italia non si è mai trasformata in uno Stato laico e, ancor oggi,vengono negati ai suoi cittadini i più elementari diritti civili vigenti in tutti gli altri Stati, come il riconoscimento delle coppie di fatto, la libera procreazione assistita, il riconoscimento alle donne di decidere sulla propria maternità, la facoltà per ciascuno di noi di decidere sulla propria salute e sulla propria vita, e alle persone omosessuali di ottenere la parità di diritti, e vige il divieto più assoluto su tutto quanto contrasta l'ideologia cattolica.

Ecco perché i nostri politici, asserviti al Vaticano, vogliono imporci come legge di Stato la morale cattolica. Ecco, infine, perché perfino molti dei nostri (cosiddetti) atei, sono atei baciapile, atei devoti che vanno in fregola quando possono mettersi al servizio di cause oscurantiste proposte dalla Chiesa. 

mercoledì 26 settembre 2012

Il falso Jahvè.La scomparsa del quarantesimo libro della Bibbia. 159


Secondo Genesi 17,7-8, Dio aveva scelto Abramo come padre della sua nazione e gli aveva promesso che tutta la sua discendenza avrebbe fatto parte del popolo eletto. Ma più avanti, in Genesi 28,13-15, è Giacobbe, figlio di Isacco e nipote di Abramo, a diventare il padre della nazione scelta da Dio. Esaù, suo fratello, il vero erede disegnato dal padre, a causa della tresca orditagli dalla madre Rebecca viene diseredato a livello divino, con tutti i suoi discendenti.

Ciò in aperto contrasto con la promessa fatta da Dio ad Abramo che tutta la sua discendenza avrebbe partecipato all'elezione. E allora cosa c'entra Abramo come padre della nazione e la promessa fatta da Dio riferita a tutti i suoi discendenti? Non bastava far iniziare la genealogia da Giacobbe? Ma forse bisogna ammettere che Giosia, il re integralista che distrusse Bethel e tutti gli Alti Luoghi del vecchio Israele e che fece scrivere il Deuteronomio, oppure il sacerdote che si occupò della redazione di Genesi, abbiano inventato la storia del diseredamento di Esaù per ripudiare gli edomiti che custodivano Bethel e gli altri centri del culto come Teman.

Da Edom, infatti, discenderebbero gli edomiti. Secondo il Libro di Jashar, quando Giacobbe e i suoi si trasferiscono in Egitto, Edom e la sua famiglia rimase in Palestina sul monte Seir.

Re Giosia


Arretratezza intellettuale dell'Italia (“L'invenzione del cristianesimo”) 215


I letterati italiani come si comportarono di fronte a questo provvedimento? Si adeguarono totalmente ai dettami della Chiesa, con perfetto conformismo ipocrita, con fatalismo e rassegnazione, secondo lo spirito dell'astuzia nazionale, e si rinchiusero in accademie classicheggianti, totalmente avulse dalla realtà e dai problemi sociali del tempo, come l'Arcadia che quisquillava su temi sofisticati in una lingua arcaica e incomprensibile ai più.

Il decadimento culturale fu massiccio e si protrasse anche nei secoli successivi, e così, mentre all'estero, nel Settecento, grandi scrittori come Voltaire e Swift, usando un linguaggio semplice e tagliente, analizzavano i problemi socio-culturali del loro tempo e risvegliavano l’intelligenza civile del popolo, in Italia l'analfabetismo popolare, favorito ad oltranza dalla Chiesa, e l'acquattamento dei letterati, impedendo la nascita di vive scuole di pensiero, fecero piombare la nostra penisola nell'oscurantismo più profondo.

Nell'Ottocento poi, quando in tutta Europa la letteratura, la filosofia e le scienze conobbero un enorme sviluppo, e dovunque pullularono grandi scrittori le cui opere sono tuttora valide, nel nostro Paese ci siamo dovuti appagare di qualche narratore provinciale, totalmente sconosciuto fuori dai nostri confini.

Così, ad esempio, I Promessi Sposi, tuttora imposti alla scuola italiana su pressione cattolica, come un'insigne opera narrativa, non reggono il confronto coi romanzi dei grandi narratori francesi, inglesi e russi, di tutt'altra spazialità narrativa, e sono totalmente sconosciuti al di fuori d'Italia.

martedì 25 settembre 2012

A proposito delle veggenti madonnare


Entro il 2012 la commissione d’inchiesta internazionale presieduta dal cardinale Camillo Ruini, dovra pronunciarsi riguardo alle apparizioni di Medjugorje. Per capire che si tratta di una madonna-patacca come quella di Lourdes e di Fatima sarebbe sufficiente esaminare, anche solo superficialmente, i presunti messaggi madonnari caratterizzati da ovvietà banali, insulse e perfino ciniche, ripetute con esasperante monotonia.
Tanto per fare un esempio, nel febbraio scorso la pseudoveggente Mirjana ha rivelato l'ennesimo messaggio della Madonna. «È un messaggio un po’ triste» ha spiegato affranta, «perché siamo teste dure e non vogliamo capire cos’è importante in questo mondo. La nostra Santa Madre ci ha chiesto di pregare per i non credenti che ancora non hanno conosciuto l’amore di Dio. Tante brutte cose nel mondo arrivano dai non credenti: guerre, separazioni, suicidi, droga, aborti. Possiamo cambiarli con la nostra preghiera».
Basterebbero queste deliranti dichiarazioni per capire che nessuna entità spirituale può averle pronunciate e che si tratta quindi di una colossale bufala. Sono innumerevoli gli esempi che dimostrano che soltanto i baciapile, di qualsiasi fede, sono i veri responsabili della maggior parte delle intolleranze e dei crimini e affliggono oggi l'umanità. Per quanto riguarda la Chiesa, poi, dai roghi di ieri, ai preti pedofili di oggi, c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Ma state pur certi che per il cardinal Ruini, definito dal Corrado Augias «un politico sopraffino, che ha più a che vedere con lo spirito di Machiavelli che con quello del Vangelo», le fregnacce medjugorjane saranno considerate autentiche rivelazioni madonnare anche se sono in pieno contrasto col vangelo. Il nostro politico sopraffino, in abito talare, sa perfettamente che le apparizioni sono una bufala ma siccome il popolo bue le crede ciecamente e la Chiesa da esse ne trae grossi benefici in pietismo e business vanno approvate, magari con qualche distinguo.
A proposito di veggenti sentire l'ultima buffonata trasmessa dalla Rai. Nel recente film su papa Giovanni Paolo I viene narrato il fatto che un anno prima di essere nominato papa, Albino Luciani ebbe un incontro durato due ore con suor Lucia, ultima depositaria del segreto di Fatima, dal quale uscì sconvolto Perché? Secondo il film perché la suora gli avrebbe predetto l'elezione a sommo pontefice e la morte appena dopo l'elezione. Una baggianata dimostrata dal fatto che Luciani, eletto papa, non mostrò assolutamente il comportamento di una persona che sa di dover morire da un momento all’altro.


E allora? È invece molto più verosimile che Albino Luciani, persona pura di cuore, semplice, ma molto intelligente, parlando con la suora si fosse reso conto che Nostra Signora di Fatima era solo il frutto dell’immaginazione di tre pastorelli ignoranti del Vangelo. E, forse, a rivelarglielo fu la stessa suor Lucia che molti, molti anni prima, confessò a padre Gonçalves: “Ma vengo a dirle, reverendo padre, che ora più che mai mi viene il timore di essermi lasciata illudere dalla mia immaginazione” (Lettera del 5 giugno 1936). 

Miryana Dragicevic, veggente


Soffocato ogni anelito di libertà intellettuale (“L'invenzione del cristianesimo”) 214


Per il popolino, totalmente analfabeta, questa proibizione ebbe conseguenze molto scarse, per non dire nulle. Ma per le persone colte, eredi dell'Umanesimo, e per la borghesia che si andava affrancando, ebbe conseguenze catastrofiche. Siccome a giudicare l'ortodossia religiosa dei libri furono preposti ecclesiastici illeterati e ignoranti, ne conseguì che fu progressivamente vietata la quasi totale pubblicazione dell'editoria italiana, allora la più progredita d'Europa. 

La Controriforma, associata all'Indice, ottenebrò, quindi, nel volgere di alcuni decenni, tutte le conquiste del Rinascimento e soffocò ogni anelito di libertà intellettuale e morale, ogni curiosità scientifica, ogni ricerca appassionata delle idee, e perfino la gioia di vivere. Tutto si rinsecchì e diventò sterile (G.B.Guerri, Gli Italiani sotto la Chiesa, Mondadori, Milano, 1992).

L'effetto più immediato fu l'annichilimento dell'editoria italiana, allora floridissima. Le città più colpite furono: Venezia, allora il centro più elegante e allegro d’Europa, in cui si stampavano due terzi dei libri italiani; poi Firenze e Roma. I gesuiti, gli intellettuali della Chiesa guidati dal cardinale Bellarmino (fatto santo dal papa fascista Pio XI), scatenarono una vera e propria caccia ad ogni libero pensiero e ad ogni ricerca scientifica, a tutto quanto sapeva di nuovo. Si arrivò al punto di vietare perfino i libri dei massimo scrittori italiani come Dante e Machiavelli. 

Così, mentre in Italia, in conseguenza di questa crociata oscurantista, si bruciava Giordano Bruno, si incarcerava per trent'anni Campanella, si costringeva Galileo a negare la verità delle proprie scoperte, fuori d'Italia, e specialmente nel Nord Europa, dove la riforma protestante incitava il popolo alla libera interpretazione della Bibbia e favoriva la nascita dello spirito critico, ferveva un forte anelito culturale e nasceva la moderna filosofia.

Giordano Bruno Guerri


lunedì 24 settembre 2012

Il falso Jahvè.La scomparsa del quarantesimo libro della Bibbia. 158


Queste varie versioni del Libro di Jashar non hanno né capitoli né versetti, come originariamente erano i libri dell'Antico Testamento. Trattano della schiavitù in Egitto degli ebrei, del loro esodo e della conquista della Terra Promessa. Rispetto alla Bibbia, presentano varianti significative. Per esempio, la causa dell'uccisione dei tremila ebrei nel deserto non dipese dall'adorazione del vitello d'oro, come racconta Esodo, ma fu provocata da una sommossa. Dio, parlando tramite Jashar, non solo non perdona quella strage, ma rimprovera Mosè e condanna tutti gli israeliti per quella guerra fratricida.

Il successore di Mosè, sempre secondo questi testi, non fu Giosuè ma Jashar dal quale il libro prende il nome. Fu Jashar, che era nel contempo sacerdote e guerriero, a nominare Giosuè comandante in campo degli eserciti israeliti. Ma, soprattutto, fu Jashar su nomina di Mosè a rivestire la carica di sommo sacerdote di Bethel, il santuario a cielo aperto più importante di tutto Israele, e fu la sua tribù a ricevere l’incarico di custodirlo. Questo fatto potrebbe costituire il motivo per cui il Libro di Jashar è stato tolto dal canone dell'Antico Testamento, forse per ordine di Giosia, il re fondamentalista che distrusse Bethel e sterminò i devoti del santuario e ne profanò perfino le tombe.

Il libro afferma anche che Jashar e la sua tribù erano gli edomiti. Nella parte iniziale del testo vengono ricalcati episodi narrati in Genesi ma con sostanziali differenze. L'episodio del diseredamento di Esaù per un piatto di lenticchie e la sua sostituzione con Giacobbe al momento della benedizione di Isacco, con la complicità di Rebecca, davvero poco credibile per non dire inverosimile, non si trova in questo testo. Anzi, il nome di Esaù non compare mai e il fratello di Giacobbe è chiamato Edom, cosa del resto confermata anche in Genesi 36,8 :"Esaù prese dunque a dimorare nella regione montuosa di Seir. Esaù è Edom".

Esaù respinto da Giacobbe


L'oscurantismo culturale in Italia con l'”indice” e la controriforma (“L'invenzione del cristianesimo”) 213


Tutte le religioni, pretendendo di trasmettere una verità derivata direttamente da dio e quindi non soggetta a revisioni e critiche, sono nemiche di ogni libertà di pensiero che potrebbe originare idee e visioni del mondo in contrasto con esse. Ma di tutte, la massima nemica di ogni libertà, la propugnatrice del massimo oscurantismo culturale, politico e scientifico, è la Chiesa.

In questo capitolo prenderemo in esame tre argomenti che illustrano im modo lapalissiano l'oscurantismo da essa imposto al mondo occidentale, e soprattutto all'Italia, nei riguardi della cultura, della politica e della scienza. Cominciamo dalla cultura perlando dell'”Indice”.

Per la massa degli italiani il termine “Indice” risulterà del tutto incomprensibile. Di che indice si tratta, si chiederanno stupefatti! L'indice di che cosa? Invece, questa parola racchiude tutto l'oscurantismo culturale, politico e sociale che si è abbattuto sull'Italia (e in minor parte anche in Europa) dal 1559 fino al XX secolo, e che è alla base della nostra enorme arretratezza in molti campi, rispetto ai più importanti Paesi europei.

Si tratta dell'Indice dei libri proibiti (Index librorum prohibitorum) emanato dal Sant'Uffizio dell'Inquisizione sotto papa Paolo IV, e rimasto in vigore fino al 1996. Sappiamo che fin dalle sue origini la Chiesa fu totalmente ostile alla cultura, laicamente intesa, e perfino anche a quella cristiana, intesa come libero accesso ai testi sacri (vedi il Concilio di Tolosa del 1229 che proibì ai laici il possesso della Bibbia, e quello di Terragona del 1234 che ordinò il rogo per le Bibbie tradotte in volgare). L'unica cultura che la Chiesa riservava al credente riguardava la conoscenza, possibilmente mnemonica, del Catechismo Romano, vero manuale semplice e popolare delle cose fondamentali in cui credere, dei dieci comandamenti, del Credo, dell’Ave Maria e del Pater noster (in latino per capirli poco).

Le Sacre Scritture, e ogni analisi critica che le riguardasse, erano riservate agli ecclesiastici e a qualche laico, su dispensa papale. Quindi l'intera produzione letteraria, che non riguardasse questi elementi fondamentali della fede, era ritenuta inutile, anzi dannosa, per la Chiesa. Perciò papa Paolo IV Carafa pensò bene di emanare l'elenco di tutti i libri allora conosciuti, che fossero anche marginalmente in dissenso con la religione cattolica, per vietarne, nel modo più assoluto, il possesso e la lettura. Chi veniva pescato con un libro proibito rischiava la galera, il processo per eresia e magari il rogo.

domenica 23 settembre 2012

Peccato e redenzione. I crimini del cristianesimo. 106


Il cristianesimo, che secondo i Vangeli doveva trasmettere un messaggio di fratellanza e di pace tra gli uomini, si è invece trasformato, nel corso dei secoli, in una religione sanguinaria e oscurantista.

Lo storico tedesco Karlheinz Deschner (Storia criminale del cristianesimoVol. 1-10, Ariele, Milano 2000-2011) , contemporaneo di papa Ratzinger e quasi suo conterraneo, con la sua “Storia criminale del cristianesimo” sta denunciando al mondo, documentandoli fin nei minimi particolari, gran parte dei suoi crimini. Ha già riempito dieci volumi di circa 500 pagine ciascuno e non ha ancora finito. A leggerli, diventiamo consapevoli che la Chiesa è stata l'istituzione più criminale della storia dell'umanità.

Karlheinz Deschner


In nomine Domini 31


Giovanni XII non era nelle sue stanze.
"Quando non è qui", fece Cassio, "è senz'altro nella sua scuderia. Ama i cavalli più delle persone e li visita almeno tre volte al giorno".
"È vero che li nutre personalmente con fichi secchi e mandorle?, chiese Ascanio con ironia.
"Lo dice il popolino", rispose Cassio ridendo.
Le scuderie circondavano un ampio cortile che serviva come piazza d'armi e alloggiavano i cavalli delle guardie di Palazzo Laterano, addette alla protezione del papa, e i cavalli personali di Giovanni XII. Erano tenute in perfetto ordine e il maestro di scuderia aveva alle sue dipendenze più di cinquanta persone. Il papa esigeva che i suoi cavalli fossero accuditi con la massima cura perché cavalcare e cacciare erano le sue occupazioni preferite.
Quirino, maestro di scuderia, accolse Ascanio con gran deferenza ma anche con manifesta simpatia. Lo conosceva da vecchia data e per molti anni, al tempo di Alberico, gli aveva fornito il cavallo per le sue missioni.
"Sua santità ti sta aspettando", disse ad Ascanio. "Sembra di ottimo umore", aggiunse sottovoce, strizzando l'occhio. Infatti il giovane papa, che stava accarezzando con affetto il suo baio preferito, appena vide Ascanio corse ad abbracciarlo con calore.
"Ottime notizie, mio caro diacono", disse con fare esultante. "I miei informatori mi fanno sapere che l'imperatore ha letto la mia lettera e dopo aver ascoltato la perorazione del vescovo Otcherio l'ha fatta leggere anche alla sua augusta consorte Adelaide, che, non dimentichiamo, è stata un tempo cognata di mia madre Alda. Pare che la lettera abbia ottenuto un certo effetto sull'imperatore perché ha convocato in fretta il suo segretario e l'amanuense. Entro qualche giorno leggeremo la risposta e se, come sento dentro di me, sarà favorevole, aggiusteremo ogni cosa e tu diventerai, come un tempo, il mio unico e indiscusso consigliere. Ti farò naturalmente cardinale e questa volta non puoi rifiutare anche perché così diventerai il mio unico plenipotenziario. Ho saputo anche che Ottone aspetta rinforzi prima di attaccare Roma. Quindi abbiamo un po' di tempo a nostra disposizione. Ah dimenticavo", aggiunse con noncuranza, "ho fatto arrestare il nobile Macuto per alto tradimento".
Ascanio ascoltò in silenzio le parole del papa: pur non condividendo l'ottimismo del giovane, ben sapendo che l'imperatore era fin troppo esasperato dai tradimenti di Giovanni XII, cominciò a provare un po' di fiducia nel buon esito dell'impresa. Chiese invece spiegazioni sul tradimento del nobile Macuto, che gli risultava del tutto incomprensibile.
"Ho ricevuto poco fa il messaggio di Adalberto che aspettavo con ansia. In esso il figlio di Berengario II mi mette al corrente del doppio gioco di Macuto e mi rivela che è stato lui a far fallire la congiura che a gennaio avevo ordito contro Ottone per catturarlo o ucciderlo qui a Roma. Tu sai che allora mi ero rifugiato a Tivoli, per sfuggire all'imperatore, ma avevo lasciato a Roma, nascosto nelle paludi del Tevere, il capo delle mie milizie, il coraggioso Brunone. Quando costui mi informò tempestivamente che l'imperatore, ormai sicuro di controllare la situazione, aveva licenziato parte delle truppe perché non gravassero troppo sulla città e si era installato in Vaticano con una piccola drappello di imperiali, gli proposi di assalirlo nottetempo e di catturarlo vivo o morto. Se l'impresa fosse riuscita sarei rientrato a Roma come un trionfatore e Berengario II sarebbe diventato imperatore al posto di Ottone. Brunone non perse tempo. Radunò un manipolo di fedelissimi, circondò di soppiatto la residenza imperiale e la attaccò di notte fidando nella sorpresa. Ma Ottone era stato avvertito da Macuto il quale, essendo il capo del partito anti tedesco, era al corrente del piano, così la congiura fallì in un bagno di sangue. Lo scontro si ripeté il giorno dopo sul Ponte Sant'Angelo e si concluse col massacro di centinaia di romani e l'uccisione dell'eroico Brunone. Sono certo che l'impresa sarebbe riuscita se Macuto non ci avesse tradito".
"Confesso a Vostra Santità che la rivolta avvenuta in gennaio mi aveva molto meravigliato per la sua insensatezza", commentò Ascanio. "Ora mi rendo conto dei retroscena che l'avevano provocata".
"Ho dato disposizioni che sia preparato contro di lui l'atto d'accusa per alto tradimento, e che dopo il processo per direttissima, venga subito consegnato al boia. Devo disfarmi di quello scellerato traditore prima dell'arrivo di Ottone", concluse il papa. "Ma cambiamo argomento. Cos'hai appreso di nuovo dall'esame dei rotoli?", riprese manifestando un vivo interesse alla cosa. "Mi è spiaciuto molto mancare all'appuntamento. Ma domani ci sarò di certo."
Ascanio lo ragguagliò con dovizia di particolari e dai commenti sinceri ed entusiasti che ricevette scoprì che l'interessamento papale era legato, oltre al vivo desiderio di migliorare le sue scarse conoscenze religiose, soprattutto alla grande simpatia e ammirazione che il venerando monaco Simone gli ispirava.
Al momento del commiato, Ascanio chiese al papa perché aveva deciso di celebrare, la domenica successiva, un pontificale in San Pietro. Non c'era alcuna particolare ricorrenza che lo giustificasse. Di fronte all'evidente imbarazzo del papa, il diacono intervenne dicendo: "Forse Vostra Santità con questa solenne cerimonia vuole impetrare l'aiuto divino per la buona riuscita delle conciliazione con l'imperatore?"
"Esattamente", rispose il papa, che finalmente aveva trovato una giustificazione plausibile per questa celebrazione non prevista. E fatto chiamare Cassio gli ordinò di inviare araldi per tutta Roma che invitassero la popolazione a pregare e a partecipare compatta all'imminente pontificale inteso a impetrare l'intervento divino per una pace definitiva tra la Chiesa e l'Impero.
Mentre conversavano amabilmente, giunsero nelle stanze del palazzo e lì trovarono la giovane Eudossia, sorella del papa. Proveniva da palazzo Teofilatto e si precipitò subito ad abbracciare e a baciare con vivo trasporto il fratello che la accolse commosso e deliziato. Quando s'avvide di Ascanio, che era stato per alcuni anni anche un suo precettore, s'illuminò di gioia e lo volle abbracciare e baciare sulle gote. Era sempre stata molto affettuosa con tutti e somigliava come una goccia d'acqua alla madre Alda, figlia di re Ugo. Eudossia si sedette quasi in grembo al fratello che non smetteva di accarezzarla e di baciarla. Le loro manifestazioni di affetto erano sempre piuttosto eccessive e morbose e suscitavano nei presenti un certo imbarazzo. Molti erano convinti che tra i due fratelli ci fosse un rapporto incestuoso, ma Ascanio lo escludeva categoricamente. Però Liutprando nella lettera di accuse che aveva inviato al papa a nome dell'imperatore lo aveva imputato anche d'incesto.
Sentendosi di troppo durante quell'incontro affettuoso tra i due fratelli, Ascanio chiese licenza di ritirarsi nel suo orto e mentre s'allontanava sentì il papa che invitava la sorella a pernottare in Laterano durante quella notte.


sabato 22 settembre 2012

Il falso Jahvè.La scomparsa del quarantesimo libro della Bibbia. 157


Nel XIX secolo cominciarono a circolare dei libri medioevali, scritti in ebraico, tutti denominati "Il libro di Jashar" ma un po' diversi tra loro per forma e contenuto. Secondo Edgar J.Goodspeed, professore emerito dell'Università di Chicago, autore di "Modern Apocrypha, Famous "Biblical" Hoaxes (The Beacon Press, Boston, 1956) essi riguardavano:
1. Un trattato ebraico sull'etica, attribuito a Rabbi Tham, morto nel 1171, pubblicato a Venezia nel 1544 e ripubblicato a Vienna nel 1811, menzionato nell' Encyclopedia Judaica (Jerusalem: Macmillan, 1971, vol. 14, pag. 1099).
2. Una sinopsi dei primi sette libri del Vecchio Testamento pubblicata a Londra nel 1751. Nella prefazione si dice che il testo era stato tradotto in inglese dall'abbate di Canterbury Flaccus Albinus Alcuinus (650 circa d.C.), che l'aveva acquistato in Persia in occasione di un pellegrinaggio in Terra Santa. È ritenuta da Edgar Goodspeed e da altri studiosi assolutamente falsa, ed è conosciuta anche come Pseudo-Jasar.
  1. Un terzo Libro di Jasar derivato da un documento ebraico cui viene attribuita una certa attendibilità. Secondo fonti ebraiche questo testo era stato rinvenuto da un ufficiale romano di origine spagnola e di nome Sidrus, nel 70 d.C. durante la conquista di Gerusalemme in una biblioteca nascosta di quella città. Da lui portato a Siviglia, nel XII secolo fu donato all'Università Ebraica di Cordova. Pubblicato a Venezia nel 1625 in ebraico, venne poi tradotto in inglese da un erudito ebreo chiamato Samuel di Liverpool e pubblicato a New York nel 1840. Questo libro ha incontrato subito il favore di alcune sette cristiane, in particolare di quella dei Mormoni, perché integrava e riordinava la Bibbia fino all'epoca dei Giudici, aggiungendo particolari inediti.

Le mistificazioni della realtà scientifica da parte della Chiesa. (“L'invenzione del cristianesimo”) 212


Così la Chiesa, che fin dai tempi di Paolo ha fatto della menzogna la sua dottrina, continua ogni giorno a mistificare la realtà scientifica per i propri scopi. Recentemente (Corriere della Sera del 12 novembre 2008 e del 24 gennaio 2009), due autorevoli esponenti vaticani: il cardinale Javier Lozano Barragan e Monsignor Rino Fisichella, che si autoproclamano guide morali, hanno negato l’evidenza scientifica del lavoro in corso di migliaia di ricercatori, affermando che le cellule staminali adulte, e quelle soltanto, fanno miracoli, e quelle embrionali, invece, non servono a nulla.

Esattamente il contrario di quanto affermano compatti tutti gli scienziati del mondo (“Science, Dogmas and the State”, Nature, 456, pp. 444-445, 27 Nov. 2008). Perché questa spudorata disinformazione, spacciata per realtà scientifica? Per due scopi eticamente riprovevoli. Il primo: per impedire l'utilizzo degli embrioni congelati, che sono un dono preziosissimo per ricerche di utilità universale, cosa assolutamente osteggiata dalla Chiesa.

Il secondo: per giustificare i lauti fondi pubblici destinati in Italia alle ricerche sulle cellule staminali adulte, volute fermamente dalla Chiesa. Penso che ogni commento al riguardo sia superfluo.


Mons. Rino Fisichella


venerdì 21 settembre 2012

"Habemus Papam" (Gabrielli editori) del "prete rivoluzionario" Don Paolo Farinella.


"Habemus Papam" (Gabrielli editori) è il nuovo scritto del "prete rivoluzionario" Don Paolo Farinella. Si tratta di un romanzo storico-teologico che evoca con forza un utopico papato fondato sui principi evangelici di una Chiesa in contrasto con le satrapie vaticane colluse con poteri forti, finanza e logiche oscurantiste. Dopo aver messo a nudo il malgoverno della destra italiana collusa con la Chiesa durante il periodo berlusconiano il libro racconta l'elezione a sorpresa di uno sconosciuto ecclesiastico a papa col nome di Francesco I (nessun papa ha mai voluto indossare il nome del poverello d'Assisi). Questo nuovo papa, suscitando l'orrore della parte più corrotta del mondo cattolico, abolisce il Vaticano, detronizza la gerarchia ecclesiastica e destina tutte le ricchezze della Chiesa, a cominciare dai tesori dei sacri palazzi fino alla più piccola parrocchia sperduta nella più smarrita campagna, ai poveri del mondo, affermando che finché vi sarà sulla Terra un solo bambino che muore di fame, la Chiesa non ha il diritto di spezzare il pane dell’Eucaristia. Ecco uno stralcio della prima parte del libro.

"Arrivò il 2000 e con esso venne un uomo ingiusto, falso e finto che si nutriva di menzogna e di corruzione; egli ammaliò molti e molti lo seguirono come “un messia” perché ricco senza misura.
Fece promesse mirabolanti: “Mai metterò le mani nelle tasche degli italiani, meno tasse per tutti, creerò un milione, anzi un milione e mezzo di posti di lavoro [melius est abundare quam deficere: abbondiamo visto che non costa nulla promettere], se mi voterete sarete tutti felici, vi farò tutti ricchi” e altre stupidaggini consimili. Il popolo, nonostante il secondo millennio di civiltà, credette ancora agli asini volanti e dimentico del precedente del fascismo e di Mussolini cadde nella trappola del ricco che aiuta il povero e gli operai. Illusi!
Il popolo non volle sapere che la ricchezza di quest’uomo fu peccaminosa perché ottenuta con il ricatto, con la corruzione, la prostituzione, la frode, il riciclaggio, accordi malavitosi e patti di mutuo sostegno con la gerarchia della Chiesa cattolica che si vendette al suo servizio, lasciandosi incatenare servilmente, rinnegando Vangelo, Dio e la sua dignità. Il prezzo clericale fu il silenzio su ogni misfatto.
Il suo nome fu Milvio Merlusconi, degenere e corrotto fin nel midollo delle ossa nella vita privata come in quella pubblica. Corruttore di tutto ciò che toccava, prostituì se stesso e le istituzioni che indegnamente rappresentava travolgendole nella sentina maleodorante di cui questo individuo era impregnato.
Corruppe minorenni che usò come merce di piacere, e come Caligola nominò senatore il suo cavallo, egli fece nominare ministre e deputate, donne compiacenti, notoriamente prostitute, e uomini servili della sua corte di satrapo vizioso.
Tutto questo avvenne sotto gli occhi ciechi e la compiacenza della gerarchia ecclesiastica che si arrampicò sugli specchi per richiamare senza condannare, per parlare senza dire nulla”.


La repressione religiosa ostacola la salute pubblica (“L'invenzione del cristianesimo”) 211


Vediamo ora come la repressione della sessualità, voluta dalla religione, sia anche una minaccia che incombe sulla salute pubblica mondiale. Una recente e importante scoperta medica consente oggi a milioni di donne di evitare il cancro al collo dell'utero mediante la somministrazione di un vaccino che uccide il papillomavirus, responsabile della malattia, che si tramette sessualmente. Una meravigliosa scoperta che libera la donna da un pericolo mortale.

Ebbene, la somministrazione del vacino viene ostacolata dai fondamentalisti religiosi di molti Stati perché potrebbe indurre le donne ad una maggiore libertà sessuale. Quindi, meglio una donna morta che libera. Ancora una volta è contro le donne che si esercita la più feroce attività criminale delle religioni totalitarie e totalizzanti.

Non occorre spendere parole per spiegare come l'Aids sia oggi una delle malattie più devastanti del pianeta. Fortunatamente sono state trovate, di recente, efficaci cure che consentono di contenere l'evolversi della malattia. Ma per impedirne la diffusione serve soprattutto la prevenzione che può essere aiutata enormemente dall'uso dei profilattici. Secondo il cardinal Alfonso Lopez Trujillo, presidente vaticano del Pontificio consiglio per la famiglia, però, e per molte altre figure ecclesiastiche di rango elevato (vescovi dell'America latina e dell'Africa) i profilattici trasmettono l’Aids perché, secondo loro, vengono fabbricati con molti fori microscopici, attraverso i quali può passare il virus.


Una criminale menzogna, avvallata anche da papa Benedetto XVI nella sua prima visita in Africa il 17 marzo 2009, scatenando le ire dei governi di Francia, Germania, Spagna e dell'Unione Europea, nonché della prestigiosa rivista scientifica londinese Lancet che lo ha accusato, senza mezzi termini, di aver "pubblicamente distorto le prove scientifiche” per mascherare la criminale decisione della Chiesa di vietare l'uso dei profilattici, considerandoli peccaminosi strumenti anticoncezionali. Solo il governo italiano, totalmente appecorato al Vaticano, ha difeso le devastanti affermazioni papali, assieme all'opposizione, chiusasi ipocritamente in un assordante silenzio

Card. Alfonso Lopez Trujillo


giovedì 20 settembre 2012

Peccato e redenzione. L'ostruzionismo alla scienza. 105


Se un religioso si toglie i paraocchi e si apre all'evidenza scientifica, viene subito messo a tacere con ogni mezzo. Così è successo, ad esempio, al teologo evangelico Bruce K. Waltke (Reformed Theological Seminary, Oviedo – Florida) di perdere la propria cattedra, nonostante la sua notorietà, a causa di alcune dichiarazioni a favore della teoria dell’evoluzione delle specie, in cui prevedeva una grave crisi per la Chiesa evangelica se non compiva alcuni passi in avanti verso la scienza.

Le parole del teologo: «se i dati in favore dell’evoluzione sono incontrovertibili, negare la realtà ci renderà anomali, uno strano gruppo che non è in grado di interagire con il mondo», hanno suscitato grande indignazione da parte della Chiesa evangelica statunitense perché, per milioni di americani, magari con tanto di laurea in tasca, visioni non “ortodosse” su l’origine dell’uomo, diverse da quelle narrate dalla Bibbia, sono assolutamente inaccettabili.

Per costoro, che costituiscono la massa del popolo bue, si deve continuare a credere, stupidamente, ai miti formulati dai nostri antenati cavernicoli e ignorare tutte le conquiste continue e inarrestabili della scienza. È la scienza la vera nemica delle favole religiose ma avendo le religioni contro, essa fatica enormemente ad affermarsi perché i fondamentalisti religiosi di fronte ad una nuova scoperta trovano mille pretesti per abbarbicarsi al vecchio mito. Alcuni creazionisti di fronte alla scientificità del darwinismo hanno elaborato, in alternativa, una nuova teoria pseudoscientifica per conciliare creazionismo ed evoluzionismo.

Va sotto il nome di Intelligent Design (Progetto intelligente) conosciuto come ID. L'ID, però, viene recisamente negato da tutti gli scienziati e valgono come esempio le considerazioni di Jerry Coyne dell'Università di Chicago, il quale, davanti alle testimonianze fossili e della biologia molecolare che dimostrano che circa il 98% di tutte le specie apparse sulla Terra hanno finito con l’estinguersi, si chiede: "Perché un progettista intelligente creerebbe milioni di specie per farle estinguere, rimpiazzandole con altre e ripetendo il processo varie volte? ... Perché il progettista ha dato delle ali piccole e non funzionali ai kivi? O occhi inutili agli animali che vivono nelle grotte? O un transitorio mantello di peli al feto umano?.."

E si potrebbe obiettare anche che il "progettista intelligente" sarebbe perfino compatibile con ipotesi non teiste, come per esempio l'introduzione della vita sulla Terra da parte degli alieni, o in base alla teoria della panspermia. Ma la madre delle domande è: chi avrebbe progettato il progettista? Qualsiasi tentativo di rispondere a questa domanda ricadrebbe nel creazionismo religioso.

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)