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lunedì 31 maggio 2010

“Contro i cristiani” di Porfirio

Porfirio (233-304) fu forse il più implacabile polemista anticristiano. Nella sua opera “Contro i cristiani” in 15 libri, con puntigliosa acutezza dialettica e profonda dottrina, accusò gli evangelisti, da lui definiti falsi e bugiardi, di aver mitizzato la vita di Gesù.

Subito dopo Costantino la sua opera fu messa al bando e nel V secolo, sotto Teodosio II, anche gli ultimi esemplari di essa furono messi al rogo per volere della Chiesa, assieme alle molte opere cristiane che polemizzavano col filosofo. Erano troppo pericolose perché contenevano lunghe citazioni di Porfirio, considerate un micidiale veleno Si persero così le tracce dei suoi 15 libri (ma forse in qualche segreta del Vaticano ne è celata qualche copia).

Nel 1916, il teologo tedesco Adolf von Harnack spulciando con certosina pazienza i testi dei Padri della Chiesa che avevano confutato le tesi porfiriane (in particolare Eusebio di Cesarea, Macario di Magnesia, Girolamo e Agostino) riuscì ad individuare i frammenti superstiti, e nei decenni successivi furono scoperti ulteriori frammenti in altri autori e in nuovi papiri. Sono tutti molto interessanti e ci fanno comprendere la forza polemica di questo autore.

Ad esempio nel frammento 88, prendendo lo spunto dalla prima Lettera di Paolo ai Corinzi, Porfirio si chiede allibito: com'è possibile che con un po' d'acqua versata in testa e la recita di una formuletta magica (parodia del battesimo della Chiesa) un cristiano possa eliminare all'istante le proprie colpe e i peccati più infami come: «fornicazione, adulterio, ubriachezza, furto, pederastia, veneficio e infinite cose basse e disgustose» e ridiventare candido come una colomba?

Chiunque con questa filosofia viene incitato a commettere ogni sorta di nefandezze, sapendo che otterrà attraverso il battesimo il perdono dei suoi crimini, concluse scandalizzato. Per lui, quindi, il cristianesimo si configurava come una religione che spinge all'empietà.

Perché ho voluto ricordare questo vigoroso polemista anticristiano? Perché Giuseppe Muscolino, dottorando di ricerca in Filosofia tardo-antica e medioevale presso l’Università di Salerno ha recentemente pubblicato il libro “ Contro i cristiani” Bompiani, Milano 2009, che raccoglie tutti i frammenti finora trovati di Porfirio, col testo greco a fronte.

Nasce la gerarchia ecclesiastica (“L'invenzione del cristianesimo”) 116

Nel corso del IV secolo le comunità cristiane diventarono più numerose e più ampie e s’accrebbe di pari passo la necessità di una più articolata gerarchia ecclesiastica. La carica di vescovo diventò sempre più importante e progressivamente fu sottratta al suffragium plebis, l’antico diritto di voto dei laici.

Il vescovo venne nominato dall'alto o cooptato da altri vescovi e al posto dei diritti elettorali ai laici fu concesso quello dell'assenso a cose avvenute. Non fu più concesso ai laici di chiamare gli ecclesiastici di più alto grado col nome di “Fratelli” ma con quello di “Signori” e il vescovo col titolo di “Santo Padre”.

Nel V secolo alla presenza del vescovo furono imposti il baciamano e la prosternazione e dal VII fu introdotti l'uso dell'incensazione, come si faceva in precedenza davanti all'imperatore romano.

Nelle primitive comunità cristiane chiunque, anche uno schiavo, poteva diventare vescovo. Successivamente, sotto Papa Leone I, fu vietato a schiavi, liberti e popolani di accedere alle cariche ecclesiastiche anche inferiori.

Abbiamo visto che le primitive comunità cristiane erano autonome e indipendenti. Con il consolidarsi del potere dei vescovi si stabilì tra di loro dei legami che divennero sempre più stretti e che diedero origine ad un sistema clericale minuziosamente regolato e burocratizzato.

Era nata la Chiesa. Inventore del concetto di Chiesa fu Tertulliano. Fu lui a travasare nell'istituzione da lui concepita l’intero edificio giuridico romano. Mezzo secolo dopo, Cipriano dichiarò la Chiesa unico strumento di salvezza. Lapidaria la sua frase, ancor oggi tanto cara a papa Ratzinger: «Fuori della Chiesa non c’è salvezza” (Cipriano, De unitate ecclesiae 6; epistole 55,24; 73,21).

domenica 30 maggio 2010

"Inferno cristiano, fuoco; inferno pagano: fuoco; inferno maomettano:
fuoco; inferno indù : fiamme. A credere alla religioni dio è un rosticciere".
Victor Hugo

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 20^ Puntata

A far precipitare le cose fu un fatto nuovo che accadde un anno dopo l'incidente. Un sabato gli abitanti di Cana si radunarono, come di consueto, nella sinagoga per la preghiera e la lettura delle Scritture. I posti a sedere erano tutti occupati e gli ultimi arrivati dovevano rassegnarsi a rimanere in piedi. C'erano anche dei forestieri di passaggio, specie mercanti, che volevano santificare il sabato.

Dopo una breve introduzione del rabbino, intesa a sollecitare offerte per l'aiuto ai bisognosi del villaggio, si alzò a chiedere la parola un ricco proprietario del luogo di nome Gionata. Sedeva in prima fila, perché gli era riservato un seggio d'onore quale premio della sua alta pietà e dottrina, ma anche come privilegio della sua ricchezza. Era molto ferrato nella Scrittura perché passava gran parte del suo tempo a studiare i sacri testi e frequentava importanti dottori della Legge. Apparteneva alla schiera dei farisei, che si ritenevano, a quel tempo, i soli del popolo ebraico ad interpretare e osservare fedelmente la Legge di Mosè.

La dottrina di cui si pavoneggiava, la ricchezza cospicua che possedeva e che riteneva un giusto premio alla sua virtù, lo rendevano arrogante e odioso. Tutti in cuor loro lo detestavano, soprattutto quando porgeva al rabbino, con ostentata magnanimità e alla presenza di tutti, le sue elargizioni per i poveri; ma tutti lo riverivano con palese servilismo perché ne temevano le rampogne aspre e feroci e perché dipendevano da lui per il lavoro.

Quel giorno dunque Gionata chiese di parlare e molti, che temevano di aver violato anche inconsapevolmente la Legge, in cuor loro cominciarono a tremare. L'hazzan, il maestro della sinagoga, gli porse il rotolo perché leggesse il brano da commentare. Ma Gionata, con un gesto stizzito della mano lo allontanò, come a significare che non n'aveva bisogno. E, infatti, cominciò a recitare a memoria quei brani della Scrittura che imponevano la santificazione del sabato. Parlava con gli occhi chiusi, assorto, beandosi dell'insieme di norme che andava sciorinando.

Quand'ebbe finito, aprì gli occhi, e con voce rabbiosa disse: "Questa che avete ascoltato è la precisa legge di Mosè. Essa fornisce ad ogni ebreo le istruzioni precise su ciò che deve e non deve fare in questo santo giorno. Ma tra noi c'è chi calpesta la nostra santa legge e viola il riposo del sabato. Questa mattina, sul far dell'alba, mentre nella penombra della mia camera pregavo il Signore, affacciandomi alla finestra ha visto una donna lavare dei panni e stenderli ad asciugare al sole. Credeva, a quell'ora mattutina, che nessuno l'avrebbe vista ma sicuramente ignorava che un angelo del cielo mi aveva spinto alla finestra per scoprire la sua infamia. Domani provvederò a denunciarla alla polizia del Tempio perché provveda a farIe pagare una multa".

Tacque, come in preda ad una profonda amarezza e nella sala non si sentiva volare una mosca. Poi, volgendosi verso il reparto riservato alle donne, puntò l'indice della mano destra su una giovane che, a quel gesto intimidatorio, parve quasi annientarsi nella sedia, aguzzò gli occhi per metterne meglio a fuoco la figura e disse con ferocia: "Vedova Marta, è così che si rispetta la Legge del Signore?"

La povera donna, piangendo sommessa per la vergogna, si nascose il viso tra le mani senza che nessuno dei presenti osasse dire una parola in sua difesa. Anche il rabbino sembrava soggiogato dall'ira del fariseo. Trascorsero così alcuni secondi durante i quali il silenzio, colmo di tensione, si poteva quasi tagliare col coltello.

Ma ecco che all'improvviso Davide, vincendo la resistenza che gli faceva i parenti vicini, si alzò in piedi e chiese di parlare. Aveva il viso sereno e dolce e non pareva per niente intimidito dall'aspetto torvo e arrogante di Gionata. Era, infatti, estremamente sicuro di sé perché il vegliardo gli era appena apparso nella mente, come durante il coma, e gli aveva ordinato di rispondere.

Il fariseo, che lo conosceva appena di vista, fu colto di sorpresa per quell'inattesa richiesta ed ebbe un attimo d'incertezza. Davide ne approfittò per iniziare subito a parlare.

"Mosè, il profeta Ezra e i sacerdoti del Primo Tempio ci hanno trasmesso la Legge sia scritta che orale", cominciò con gran sicurezza e sorpreso, lui stesso, di come gli fluivano sciolte le parole, "e queste due leggi vanno senz'altro considerate i pilastri della nostra fede ebraica. Ma le parole della Legge vanno interpretate col cuore. Lo dice anche Samuele quando recita: Il Signore non ha lo stesso sguardo dell'uomo; l'uomo giudica dalle apparenze, ma il Signore giudica dal cuore. La vedova Marta si è preoccupata soltanto di avere, durante il giorno, i panni asciutti per la sua figlioletta che è ancora in fasce. Ha agito per amore e per necessità e non intendeva minimamente offendere il Signore. Anzi ritengo che il Signore, che io considero un padre affettuoso e non un poliziotto severo, come purtroppo lo ritengono molti di noi, abbia perfettamente capito e apprezzato il suo gesto e lo abbia ritenuto una degna santificazione del sabato. Perciò non dovrebbe essere biasimata e ancor meno denunciata e punita ma, al contrario, lodata per le sue affettuose cure per la figlioletta. D'altra parte, chi di noi ha il diritto di giudicare un nostro fratello? Chi di noi sa leggere nel suo cuore? E, soprattutto, chi di noi è senza colpa?"

Tacque e si sedette tranquillo. Un brusio quasi impercettibile si avvertiva in tutta la sala, ma nessuno, anche questa volta, osò parlare. Allora il fariseo, fattosi quasi paonazzo dall'ira, si girò verso Davide e chiese con un sorriso beffardo: "Ma tu, chi sei, un dottore della Legge?" E, puntandogli l'indice proseguì: "Come osi criticare chi come me, ha sempre studiato e praticato, col massimo scrupolo, tutti i precetti della nostra fede? Come osi difendere questa donna, essere impuro e quasi senz'anima, destinata dal creatore soltanto come riproduttrice, che ha violato così spudoratamente la santificazione del sabato? La Legge è la Legge e va rispettata con o senza il cuore".

A questo punto il brusio si fece più forte e non sembrava proprio d'approvazione. Ma Gionata, incurante di tutto, continuò implacabile la sua requisitoria.
"La Legge è la Legge e va rispettata comunque", ripeté con voce .stentorea. "Vale per i grandi come per i neonati. Solo chi rispetta rigorosamente i precetti della nostra santa religione ha diritto di ricevere i doni del Signore. Chi invece la disubbidisce è costretto giustamente", e qui tacque per qualche istante per sottolineare col silenzio quel giustamente "a vivere nello squallore e nella miseria come questa vedova che, se non ricevesse l'aiuto che la gente pia e generosa come me elargisce alla sinagoga, sarebbe costretta a morire di fame".

"Che il Signore abbia pietà della tua arroganza, Gionata", controbatté con forza Davide, nuovamente alzatosi in piedi. "Questa donna che tu disprezzi, è una creatura di Dio, esattamente come lo sei tu e tutti noi. E in quanto a considerarla un essere impuro, pensi che il creatore abbia voluto perpetuare la vita nel peccato? E in tal caso, chi è più impuro: la donna o l'uomo, o entrambi allo stesso modo?"

"Taci, miserabile giovinastro", gridò il fariseo con voce strozzata dall'ira. "Come osi ribattere ancora? Non vedi che nessuno ti approva? Che nessuno si alza a difenderti? E chi potrebbe difendere uno come te che fa discorsi blasfemi ed empi ?"
E si guardò intorno con aria di sfida.

Ancora una volta nessuno osò alzarsi a contraddirlo, anche se tutti in cuor loro avrebbero dato qualsiasi cosa per poterlo fare, ma sentivano che mancava loro il coraggio e la capacità e ciò li faceva sentire meschini e vili.
L'assemblea si sciolse poco dopo, nel più assoluto silenzio. Tutti uscirono a tasta bassa, evitando ciascuno di incontrare lo sguardo dell'altro per non leggervi la vergogna e l'amarezza che provava dentro di sé.

sabato 29 maggio 2010

La Gelmini all'ora di religione facoltativa (ma praticamente obbligatoria) aggiunge pure un'ora di Bibbia.

La nostra cattolicissima (si fa per dire, perché essendosi da poco sposata civilmente è diventata per la Chiesa una pubblica concubina) ministra dell'istruzione, dopo aver ottenuto dal cattolicissimo Consiglio di Stato il quasi obbligo per gli studenti di scegliere l'ora di religione cattolica onde ottenere i crediti scolastici, ha voluto raddoppiare la sua servile disponibilità verso Santa Romana Chiesa proponendo di aggiungere anche un'ora di Bibbia per tutti. Manca la preghiera a inizio lezioni e poi tutta la scuola italiana sarà la bella copia cattolica delle madrasse islamiche.

La ministra ha infatti sottoscritto un protocollo d’intesa con una “associazione laica di cultura biblica” denominata Biblia, per favorire la programmazione, da parte delle scuole, di “iniziative di formazione e aggiornamento, a livello nazionale, sui temi biblici, in un’ottica di formazione interculturale”.

Una cosa inaudita. Mancano alla nostra scuola i contributi minimi per finanziare l'ora alternativa alla religione, prevista dalla legge e mai istituita; vengono tagliati di continuo fondi per le discipline curriculari e per il sostegno all’handicap (circa 132 mila docenti e otto miliardi di euro in meno per i prossimi tre anni) e ciò nonostante all’insegnamento facoltativo della religione cattolica, che ci costa quasi un miliardo di euro, ne viene aggiunto uno nuovo, obbligatorio per tutti, e non certo gratuito.

Ma questo non è l'aspetto più importante. Il vero problema è un altro. La Bibbia è un libro che non dovrebbe mai essere messo nelle mani di un giovane, perché altamente diseducativo e immorale.

In essa, infatti, sono approvati e ordinati i delitti e le perversioni più efferati: lo sterminio di intere popolazioni (uomini, donne, bambini), ree di essere incirconcise o nemiche di Israele; la distruzione degli altari e delle statue delle altre religioni; le più efferate crudeltà contro i nemici vinti; lo stupro, l'infanticidio, il feticidio, l'incesto, la legittimità della schiavitù, la condanna a morte, la guerra civile e religiosa, la sottomissione della donna, la morale della maledizione, la lapidazione e molti altri delitti.

Non è quindi per niente un libro religioso ma un codice immorale, completo di istruzioni per il genocidio, la riduzione in schiavitù degli incirconcisi e il dominio del mondo.

Se poi la guadiamo sotto il profilo letterario e poetico, la Bibbia si presenta come un'opera di basso livello culturale in cui abbondano infantilismi, superstizioni, poesie rozzamente umane ed erotiche e cronache aride e inverosimili. Solo raramente brilla nei Salmi di qualche lampo di schietta sensualità orientale. Paragonata ad altri testi sacri antichi, come i Veda, o ai poemi omerici, non regge il confronto.

Il potere monarchico dei Vescovi (“L'invenzione del cristianesimo”) 115

In un tempo relativamente breve, i vescovi subordinarono i presbiteri e poterono disporre, ad libitum, di tutte le entrate e le donazioni della comunità, senza dover render conto a nessuno del loro operato, se non al buon Dio. Il Sinodo di Antiochia (nel 341), tentò, inutilmente, di mettere sotto controllo il comportamento amministrativo dei vescovi.

Essi continuarono a servirsi dei capitali ecclesiastici autonomamente, soprattutto per consolidare la loro posizione personale. Per accrescere le loro entrate si dedicarono in particolar modo alla conversione dei ricchi, con la conseguente rivalutazione della ricchezza e dei ceti superiori. L'affluire di sempre maggiori ricchezze nelle mani dei vescovi determinò, come ci fa sapere Origene, gravi fenomeni di decadenza morale e religiosa.

Vescovi, presbiteri e diaconi furono spesso accusarti di avarizia, avidità di potere, ambizione arrogante e simonia. La Chiesa si era trasformata in una spelonca di lucratori senza scrupoli e si era rapidamente mondanizzata. La situazione peggiorò quando con l'esautorarsi del prestigio e dell'importanza dei Profeti e dei Maestri, i vescovi aggiunsero alle funzioni economiche anche quelle pastorali ed eucaristiche.

Alla fine del II secolo essi avevano tutto il potere nelle loro mani: economico, giuridico e pastorale (celebrare l'eucaristia, ammettere nuovi fedeli, somministrare il battesimo e così via); inoltre erano inamovibili fino alla morte e governavano la loro comunità come monarchi assoluti. Erano eletti dal popolo e fino al 483 anche i vescovi di Roma vennero eletti dai fedeli romani.

Una carica così importante suscitava sempre enormi e smodati appetiti per cui alla morte di un vescovo, l'elezione del successore spesso avveniva tra risse furibonde, come ci racconta Gregorio di Nazianzio, Padre della Chiesa. Nel 366 quando i due candidati Damaso e Ursino si contesero il trono episcopale della Città Eterna, i partigiani delle due fazioni si massacrarono crudelmente all'interno delle chiese, disseminandole di centotrentasette cadaveri.

Ci furono anche seggi episcopali ereditari. Policrates di Efeso fu l’ottavo vescovo nella sua famiglia (Eusebio di Cesarea, op. cit. 5,24). Infatti allora i vescovi, come i presbiteri, erano sposati.

venerdì 28 maggio 2010

La manovra colpirà i soliti noti.

La stangata, cioè la manovra lacrime e sangue, è in arrivo, ma non risolverà un bel niente perché non inciderà sugli abnormi sprechi del nostro Stato colabrodo. Si limiterà a tagliare una bella fetta dei nostri, sempre più miseri, servizi sociali e inasprirà le tasse che gli enti locali saranno costretti ad imporci.

Era un'occasione d'oro per rimettere finalmente ordine nelle sgangherate finanze dello Stato: cancellare le province (come previsto dal programma di governo) che ci costano 17 miliardi l'anno; accorpare migliaia di piccoli comuni che incrementano una burocrazia pletorica e inutile; dimezzare le spese della casta, diminuendo il numero di ministri e sottosegretari, ridimensionando gli stipendi sibaritici dei parlamentari e tagliando i 6 miliardi di spesa per la auto blu; dare finalmente un giro di vite all'enorme evasione fiscale, e, infine, porre un argine al fiume miliardario di soldi che confluisce nelle casse di Santa Romana Chiesa sia sotto forma di finanziamenti diretti (otto per mille e stanziamenti a diversi titoli da parte di Stato, Regioni, Province e Comuni), che sotto forma di privilegi fiscali di cui l'esenzione dall'ICI.

Di tutto questo nemmeno l'ombra. I sacrifici li faranno i soliti noti, quelli che percepiscono uno stipendio o una pensione e che possono quindi essere spremuti fino in fondo. Gli altri se ne faranno un baffo. I recentissimi scandali sulla “cricca degli appalti” hanno messo in evidenza lo sterminato patrimonio immobiliare posseduto dalla Vaticano SpA a Roma.

In realtà la Chiesa è la massima potenza economica d'Italia se teniamo conto che tutte le parrocchie possiedono un gran numero di appartamenti che, affittati a prezzi di mercato (mentre i comuni i loro appartamenti li affittano a prezzi sociali) fruttano cospicue entrate.

Molti edifici di proprietà ecclesiastica, adibiti a lucrose attività commerciali (alberghi, cinema, teatri, campi di calcio, piscine, scuole private, ecc), col trucco di inserire in loro una cappella, un altarino o anche una semplice foto di santo o madonna con lumino acceso, vengono trasformati, ipso facto, in luogo "non esclusivamente destinato al lucro", e quindi non tassabile. Tutti lo sanno ma la piovra d'oltre Tevere non si può toccare perché foraggera di voti.

I primi capi carismatici delle comunità cristiane: i Profeti e i Maestri (“L'invenzione del cristianesimo”) 114

Chi guidava le prime comunità cristiane non veniva imposto dall'alto o eletto dai fedeli ma derivava la sua autorità per il carisma spirituale che sapeva emanare. Era chiamato Profeta ed era considerato in grado di avere visioni e di comunicarle alla comunità. Paolo era uno di questi e tutti i suoi seguaci credevano ciecamente ai suoi rapimenti. Il cristianesimo più antico fu dunque carismatico e profetico.

Assieme al Profeta c'era anche un altro personaggio importante nella comunità, chiamato Maestro, il cui compito consisteva nell'istruire i fedeli su Dio. Accanto a queste due guide spirituali c'erano altre persone, incaricate di funzioni prevalentemente economico-amministrative e sociali: raccolta delle offerte, assistenza dei bisognosi, allora molto numerosi, servizio alle mense e così via.

Godevano di un prestigio notevolmente inferiore rispetto ai Profeti e ai Maestri ma erano indispensabili. Ricorrendo alla terminologia pagana, erano chiamati diaconi (gli inservienti più comuni), presbiteri (quelli di rango più importante) e vescovi (i controllori).

A mano a mano che l'influenza degli spirituali (Profeti e Maestri), andò scemando in seguito al procrastinarsi della parusia, crebbe per contro, nel II secolo, l'influenza dei vescovi e dei presbiteri, i quali, essendo i dispensatori di denaro e di altri beni, acquisirono sempre più importanza e prestigio.

giovedì 27 maggio 2010

Il grande astronomo eretico del XVI secolo ha ricevuto finalmente una degna sepoltura.

Niccolò Copernico, l'astronomo polacco che nel XVI secolo, sfidando la Chiesa sul dogma della centralità della Terra - e quindi dell'Uomo - aprì la strada all'astronomia moderna, è stato sepolto il 22 maggio scorso tra grandi onori nella cattedrale di Frombork, a nord della Polonia, dove per secoli le sue spoglie hanno giaciuto nell'anonimato.

Il nucleo centrale della sua teoria, l'essere cioè il Sole al centro delle orbite degli altri pianeti, e non la Terra, fu da lui enucleato nel libro De revolutionibus orbium coelestium (Delle rivoluzioni dei corpi celesti) uscito pochi giorni dopo la sua morte, avvenuta nel 1543.

Questa teoria che riprendeva quella greca di Aristarco di Samo dell'eliocentrismo, opposta al geocentrismo, che voleva invece la Terra al centro del sistema, impressionò, al suo tempo, grandi scienziati come Galileo, Keplero e Giordano Bruno, che la svilupparono ulteriormente, ma fu aspramente condannata dalla Chiesa oscurantista che nel 1616, sotto papa Paolo V, la giudicò eretica.

Copernico, che aveva a lungo studiato in Italia (Bologna Ferrara e Padova) non ha subito, però, le persecuzioni che colpirono due suoi importanti seguaci: Galileo Galilei e Giordano Bruno Il primo, che dimostrò la validità scientifica delle intuizioni di Copernico osservando le fasi di Venere, finì sotto la tortura dell'Inquisizione, mentre il secondo, che ipotizzò l'infinità dell'universo, la molteplicità dei mondi e il moto della Terra attorno al Sole, fu messo al rogo, mezzo secolo dopo, nel 1600.

La morte che colse Copernico poco prima della pubblicazione della sua opera, lo salvò dalle grinfie dell'Inquisizione che, altrimenti, non gli avrebbe perdonato una così grave eresia. Per secoli le spoglie di questo eretico studioso dei cieli hanno giaciuto nell'anonimato, e ciò forse le ha salvate da possibili rappresaglie ecclesiastiche.

Ora, finalmente, sono uscite dall'oblio della storia per ricevere una sepoltura dignitosa. Ciò per la volontà di alcuni scienziati che hanno individuato le sue spoglie confrontando il Dna di ossa scoperte nella cattedrale con frammenti di capelli trovati nei libri dello scienziato.

Nel corso della cerimonia religiosa, che ha accompagnato la traslazione, l'arcivescovo Jozef Zycinski ha deplorato gli "eccessi di zelo dei difensori della Chiesa" che hanno determinato la condanna dell'opera dell'astronomo. Meglio tardi che mai.

La rapida diffusione del Cristianesimo (“L'invenzione del cristianesimo”) 113

Dopo la fine della Chiesa di Gerusalemme, la diffusione del cristianesimo pagano-cristiano fondato da Paolo fu rapida e capillare in tutte le contrade dell'impero romano a causa di molteplici circostanze favorevoli. Anzitutto, l’unità politica della monarchia universale di Roma che ovunque offriva pace, sicurezza e la garanzia della legge.

Poi, un ottimo sistema di comunicazioni, con strade eccellenti dall’Eufrate alla Britannia e buoni collegamenti marittimi. Infine, una serie di altri importanti fattori: la diffusione del greco, divenuto lingua internazionale, la tolleranza religiosa accettata universalmente e la multirazzialità che favoriva i miscugli etnici.

Determinante fu anche il sincretismo religioso che fondeva armoniosamente i differenti culti orientali verso una superiore divinità universale. Così l'egiziano Serapide si fuse con Zeus, Helios, Asclepio e altri dèi; la dea Iside con Demetra, Artemide, Athena, e Afrodite.

In fine, a favorire il cristianesimo, fu la sua forte impronta sociale in quanto si rivolgeva alle classi più derelitte, ai ceti più bassi, soprattutto a schiavi e liberti, proclamando tutti gli uomini fratelli e predicava un ethos imperniato sull'amore per il prossimo.

Le prime comunità cristiano-ellenistiche che si svilupparono dapprima in Oriente (Siria e Turchia attuali) e poi nel restante impero romano, erano libere, autonome e indipendenti l'una dall'altra. Giudicando la fine del mondo ormai prossima vivevano appartate dalla società applicando un rigoroso comunismo, basato sulla proprietà comune dei mezzi di produzione e di consumo.

Tertulliano nel suo Apologo, raccontando la vita dei cristiani del suo tempo. osserva: "ogni cosa è in comune tra noi, tranne le donne; perché la comunanza da noi si ferma dove inizia presso gli altri.”

mercoledì 26 maggio 2010

Il battesimo ai neonati: la più spudorata violazione della libertà di religione

Il battesimo è il sacramento che il cristiano riceve quando è ancora in fasce, quindi in aperta violazione della libertà di religione. Non è un sacramento di origine biblica perché nell'Antico Testamento non è mai nominato. Gli ebrei non si battezzavano, si circoncidevano.

Non è nemmeno di origine cristiana. E allora da dove viene? La sua origine è prettamente pagana perché era usato come rito iniziatico nelle antiche religioni soteriche. Le cerimonie battesimali, prima della nascita del cristianesimo, erano tutte uguali nell’antichità anche se recitate in nome di divinità diverse: in Egitto per la dea Iside, in Frigia per Attis, a Babilonia per Marduk, in Grecia per Dionisio e in Persia per Mitra.

Mentre l’iniziato veniva immerso nell’acqua lustrale, il sacerdote recitava: «Tu sei rinato e da questo momento farai parte del mondo degli eletti a cui sono aperte le porte dell’eternità». Anche se i Vangeli raccontano il battesimo di Gesù per mano di Giovanni Battista, Gesù non battezzo mai nessuno, nemmeno i suoi apostoli e mai nei Vangeli si parla di battesimo.

E allora come mai Gesù fu battezzato? Perché egli era un esseno e gli esseni usavano questo rito per annettere i nuovi adepti nella loro setta. Fu Paolo di Tarso, il San Paolo della Chiesa, a inserirlo nel suo cristianesimo personale rivolto ai pagani in sostituzione della circoncisione aborrita dai gentili. Da principio non era molto importante nemmeno per Paolo.

Soltanto più tardi, quando la Chiesa scoprì il peccato originale, ignorato da Gesù e dai cristiani di Gerusalemme, esso divenne obbligatorio per tutti e proclamato il sacramento fondamentale. Infatti svolge una triplice funzione: toglie la tara ereditata dal Peccato Originale, cancella tutte le colpe del passato, se somministrato in età adulta, e infine, imprime il marchio indelebile di appartenenza alla Chiesa. Vi pare poco?

All'inizio veniva somministrato in età adulta e dopo una lunga e severa preparazione. Ma quando Tertulliano e Agostino, dottori della Chiesa, riesumarono la favola del peccato originale che trasformava l’intera umanità in una «massa dannata», i neonati morti senza il battesimo, sarebbero stati privati dell'accesso al paradiso.

Per rimediare a questo fu imposta l’esigenza di amministrare questo sacramento subito dopo la nascita. Esigenza mantenuta anche quando la Chiesa, riconoscendo la mostruosità dell'inferno per i neonati non battezzati inventò per loro il limbo, rimasto in vigore fino ai nostri giorni. Oggi, però, anch'esso è stato abolito da papa Ratzinger che ne ha ammesso la palese assurdità. Ogni tanto anche nella Chiesa affiora qualche briciola di resipiscenza. Anche ai neonati che muoiono senza il battesimo hanno diritto, quindi, ad un pezzo di paradiso. Magari nel sottoscala.

Questo sacramento (un po' d'acqua versata sulla testa e la recita della formuletta di rito), se somministrato in punto di morte funzione come un superdetersivo che cancella all'istante tutte le colpe, anche le più atroci, commesse lungo un'intera vita. Non è una barzelletta, come potete pensare. La Chiesa ne è più che convinta. L'imperatore

Costantino, quello che concesse la libertà di culto ai cristiani, volle ricevere il battesimo solo in punto di morte appunto per questo. Costantino, infatti, di colpe ne aveva commesse tante, anzi tantissime. Tra l’altro aveva fatto uccidere la moglie, un figlio ed altri numerosi parenti.

Ma in punto di morte, con un po' d'acqua versata sulla testa e la recita di una formuletta, eccolo, da perfido peccatore, trasformarsi in una candida colomba, pronta a volare in cielo! A quanto pare la demenzialità umana non ha limiti.

Seconda guerra giudaica e fine d'Israele (“L'invenzione del cristianesimo”) 112

L'ultima importante incarnazione del Messia nazionale d'Israele fu quella di Bar Kochba che nel 135 d.C. determinò, con la sua insurrezione, la seconda e definitiva distruzione di Gerusalemme e della Palestina.

L'imperatore Adriano, di fronte a quell'ennesima rivolta, pensò bene di risolvere il problema alla radice. Ordinò di cancellare a Gerusalemme e nella Palestina ogni traccia che si riferisse all'ebraismo e al cristianesimo. Quindi fece spianare il Golgota, sconvolse radicalmente ogni aspetto della vecchia città santa e sulle rovine del Tempio fece erigere, come suprema profanazione, un tempio pagano con le statue di Giove Capitolino e di altre divinità.

Ciò determinò la cancellazione di tutti i monumenti religiosi ebraici e cristiani rimasti dopo la guerra del 70. Quindi tutti i riferimenti attuali ai luoghi santi (ad esempio il santo sepolcro individuato da Elena, madre di Costantino, nel IV secolo) sono inattendibili sotto ogni punto di vista (alla luce anche delle successive stratificazioni apportate dai musulmani nel lungo periodo della loro dominazione). Furono i pellegrini e i crociati a inventarli nel Medioevo, assieme all'ubicazione della città di Nazareth.

Non pago degli stravolgimenti radicali operati a Gerusalemme e in Palestina, Adriano proibì agli ebrei, che si erano salvati nella fuga, di rientrare, pena la morte, nei loro territori e nella nuova Gerusalemme, ribattezzata Aelia Capitolina, e da allora iniziò la vera diaspora ebraica che durò fino alla nascita dello Stato d'Israele nel 1948.

I resti della nazione ebraica, scampati alla strage, furono costretti, di fronte ad un avvenimento così catastrofico, a riesaminare la loro storia. Allora divenne a tutti chiaro che il messianismo era stato una stolta, assurda e delirante chimera, dalla quale bisognava subito e definitivamente prendere le distanze, perché la sconfitta suonava come un giudizio inappellabile di Dio.

Le Apocalissi passarono subito di moda e Roma cessò di essere la grande Meretrice, la grande Babilonia assetata del sangue dei martiri e l'Impero non fu più considerato il regno del maligno e delle potenze sataniche ma l'espressione della volontà divina, cui tutti, anche i cristiani, dovevano sottostare.

martedì 25 maggio 2010

I diritti civili avanzano in Europa e regrediscono in Italia

Solo alcuni giorni fa Papa Benedetto XVI aveva ricordato, proprio in Portogallo, il valore del matrimonio tra uomo e donna, sottendendo che doveva essere proibito tra individui dello stesso sesso, ma lunedì 17 maggio il presidente della repubblica portoghese Anibal Cavaco Silva ha annunciato di avere firmato la legge che legalizza i matrimoni gay.

Uno smacco potente per la Chiesa, ricevuto proprio in uno dei Paesi più cattolicissimi (scusate la sgrammaticatura) d'Europa (ma non ridotto a protettorato vaticano come l'Italia) e all'indomani della iniqua ingiunzione papale. Gli altri Paesi europei dove alle coppie omosessuali è consentito il matrimonio sono Belgio, Olanda, Svezia, Norvegia e Spagna.

L'Italia resta sideralmente lontana da tanto. Anzi sta regredendo sempre più in basso. Sentite le dichiarazioni di monsignor Giuseppe Agostino, Arcivescovo Emerito di Cosenza, a commento dell'iniziativa dei comuni italiani di ricevere una delegazione di omosessuali in occasione della giornata della lotta contro l'omofobia: “La ritengo una stramberia, finalizzata solo ad ottenere voti e consensi. Nel Municipio non possono essere ospitati ladri, omicidi e via discorrendo”.

Paragonare gli omosessuali a ladri, omicidi e via discorrendo, suona indegno anche nella bocca del più squallido degli intolleranti. Probabilmente questo monsignore (e i suoi colleghi del Vaticano), non ha mai sentito parlare di carità cristiana o di spirito evangelico. Ma un'altra notizia molto importante è giunta in questi giorni da un Paese europeo.

Il 5 maggio in Svezia si è verificato il primo caso di eutanasia dopo il via libera deciso nei giorni scorsi dall'autorità sanitaria nazionale. Una donna di 32 anni, totalmente paralizzata, e' morta in seguito alla disattivazione dell'apparecchio respiratorio che la teneva in vita. La donna, il cui nome non e' stato rivelato, aveva scritto una lettera per chiedere che la macchina alla quale viveva attaccata da quando aveva sei anni, fosse disattivata.

L'eutanasia, anche se passiva, cioè intesa come sospensione delle tecniche di mantenimento in vita, è fortementa avversata da tutte le religioni, soprattutto dalla Chiesa Cattolica, che la paragona, assurdamente, ad una forma di assassinio.

Ora, finalmente, si comincia a dissipare l'oscurantismo che da quasi due millenni ha ottenebrato il mondo occidentale a questo riguardo e si intravvede l'arrivo di questa sublime forma di libertà. In Europa, oltre la Svezia, sono il Belgio e l'Olanda all'avanguardia nella concessione dell'eutanasia. Ma anche nel Regno Unito l'idea sta conquistando sempre più consensi in tutti gli strati della popolazione.

Prima guerra giudaica e fine dei Cristiano-giudei (“L'invenzione del cristianesimo”) 111

La Chiesa di Gerusalemme, dopo un lungo periodo di tranquillità, durante la quale aveva goduto dell'appoggio di molti farisei e soprattutto del popolo che la stimava per la sua alta pietà e per il suo continuo prodigarsi a favore dei poveri, ricevette nel 63 un durissimo colpo con la lapidazione di Giacomo, fratello del Signore, suo capo incontrastato fin dalla morte di Gesù, nonché nemico implacabile di Paolo.

La sua morte sembrò a tutti un autentico omicidio su commissione.
Mentre, come faceva più volte al giorno, si recava al Tempio per pregare, Giacomo fu aggredito per la via, gettato dalle mura e lapidato. Il sommo sacerdote Anania ne aveva ordinato l'uccisione, tra l'indignazione popolare, poiché Giacomo aveva pubblicamente osannato al fratello crocifisso come al figlio di David. Quindi la sua fine fu ignominiosa e crudele come quella del congiunto.

S. Brandon, analizzando le cause che determinarono la lapidazione di Giacomo fratello di Gesù, giunge alla conclusione che queste andavano ricercate nell'affiliazione del basso clero coi cristiano-giudei, e quindi col contagio da esso subito dallo zelotismo che alimentava le attese messianiche riguardo a Gesù (la parusia). Difatti fu proprio il basso clero a far scoppiare nel 66 d.C. la ribellione contro Roma, rifiutando di offrire nel Tempio sacrifici all'Imperatore.

La lapidazione di Giacomo fu quindi voluta dall'aristocrazia sacerdotale per mantenere lo status quo, minacciato dai cristiano-giudei.
Secondo Giuseppe Flavio in quel periodo la situazione degli ebrei della Palestina peggiorava di giorno in giorno.

Il paese era pieno di bande di zeloti, di ribelli e di sicari che creavano subbugli e infiammavano le moltitudini alla rivolta. Re Agrippa II e i romani non riuscivano più a controllare la situazione e c'era nell'aria sentore di catastrofe. Nel 66, infatti, in seguito ad un'ennesima ribellione e al massacro della guarnigione romana, scoppiò la Guerra Giudaica, che si concluse nel 70 con la distruzione di Gerusalemme e lo sterminio di gran parte del popolo ebraico.

Dopo l'assassinio di Giacomo a capo della Chiesa di Gerusalemme fu eletto un cugino di Gesù, Simone figlio di Cleofa. Secondo Eusebio di Cesarea questo Simone, per intervento divino, nel 70 riuscì ad abbandonare Gerusalemme poco prima della caduta della città, e a rifugiarsi a Pella in Perea. In seguito, rientrò coi pochi cristiano-giudei superstiti.

Si riformò una piccola comunità cristiana che sopravvisse, in mezzo a infiniti stenti, fino al 135, quando, nella seconda e definitiva distruzione di Gerusalemme da parte dell'imperatore Adriano, anch’essa dovette fuggire dalla città.

Sotto il nome di nazirei e di ebioniti, i pochi cristiano-giudei salvatisi con la fuga continuarono a sopravvivere in piccoli gruppi sparsi in Palestina, Siria e Asia, considerati eretici dalla chiesa trionfante di Paolo, come ci attestano i Padri della Chiesa.

Essi continuarono ad usare solo il Vangelo originale degli Ebrei, in lingua ebraica, e rimasero osservanti scrupolosi della Legge, rifiutando tutte le invenzioni teologiche di Paolo. Tra di loro c'erano i discendenti di Gesù. Credevano ancora che Gesù sarebbe ritornato come Messia e Re per instaurare sulla Terra un regno millenario di pace, giustizia e prosperità.

lunedì 24 maggio 2010

Costruito il primo organismo artificiale: il Mycoplasma laboratorium.

Craig Venter, il controverso scienziato americano che da vent'anni lavora smontando e rimontando i "mattoni" del Dna, è riuscito a creare la prima cellula artificiale, controllata da un Dna sintetico e in grado di dividersi e moltiplicarsi proprio come qualsiasi altra cellula vivente. Si tratta di un traguardo fondamentale dell'ingegneria genetica, non solo per i possibili risvolti applicativi, ma anche perché segna la tappa iniziale dell'era post-genomica.

Di fatto Venter ha creato qualcosa che prima non c'era, ha inserito un genoma artificiale costruito con una macchina in laboratorio in un batterio svuotato del suo Dna e ha costruito una nuova forma di vita che funziona e si riproduce. La cellula così creata, infatti, prima non esisteva.
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Da questa prima singola cellula artificiale si sono sviluppate colonie di cellule di un blu intenso, la tinta scelta da Venter, che aveva arricchito il Dna con un gene per la sintesi di un pigmento di quel colore. Questa svolta epocale nella ricerca potrebbe avere delle ricadute enormi in molti campi e apportare grandi vantaggi in futuro al servizio dell'umanità.

Se oggi è stato inserito solo un gene capace di colorare le cellule di blu, domani si potrebbero inserire frammenti di Dna che permettono al batterio di mangiare il petrolio in mare, di catturare anidride carbonica dall'aria, riducendo l'effetto serra, di rendere più efficiente la produzione di biocarburanti, ma soprattutto di produrre vaccini e medicinali. E questo sarebbe solo l'inizio. Tutto ciò non avrà risvolti immediati ma in un futuro abbastanza prossimo.

Naturalmente, di fronte ad un evento così eclatante si sono sviluppati subito timori e quesiti di natura materiale ed etica che susciteranno numerosi e accesi dibattiti. La Chiesa ha già messo le mani avanti.

L'Osservatore Romano titola: "Un ottimo motore, ma non è la vita". Come a dire che Craig Venter non si è sostituito a dio, non ha creato il batterio dal nulla, e che la creazione di qualsiasi cosa è comunque un copy-right che appartiene solo a dio. Naturalmente al mitico vasaio biblico che ha impastato la statuina di Adamo.

Paolo, mistificatore o genio religioso? (“L'invenzione del cristianesimo”) 110

Nelle pagine precedenti abbiamo dimostrato che fu Paolo il vero e unico inventore del cristianesimo quale noi oggi conosciamo. È indubbio che senza il suo geniale intervento il cristianesimo giudeo sarebbe rimasto una piccola setta fondamentalista, ancorata all'aspettativa apocalittica del ritorno di Gesù dal cielo, destinata, già con la guerra giudaica del 70, a svanire nel nulla, per cui noi oggi ignoreremo la sua esistenza e quella del suo fondatore.

Irrompendo nel cristianesimo giudaico con la sua duplice risoluzione di reinterpretare la tradizione religiosa ebraica da un lato e di aprirsi coraggiosamente verso le aspirazioni religiose del mondo pagano dall'altro, Paolo trasformò il Messia da fallito liberatore politico-nazionale d'Israele a salvatore dell'intera umanità.

Fondendo in un sincretismo geniale la religiosità ebraica con quella salvifica dei gentili, interpretò quel vago sentimento escatologico che era diffuso, trasversalmente, in tutto l'Impero, come in un immaginario collettivo.

Questo sentimento aspirava alla trasformazione radicale del mondo sotto il livello politico, sociale e spirituale, e si rifaceva ad un Dio unico e giusto, che amasse i suoi figli senza distinzione di casta; che s'incarnasse tra gli uomini per un puro gesto d'amore, allo scopo di consentire a ciascuno di loro la salvezza; che unisse il genere umano sotto il segno della fratellanza; che restituisse dignità umana a quanti, vittime di una società schiavista, avevano dimenticato di possederne una, e che esaltasse gli umili e i mansueti.

L'aver colto questa aspirazione fu il merito supremo di Paolo, e, al di là delle sue innumerevoli mistificazioni, che hanno dato origine all'incarnazione divina di Gesù e alle sue mitologiche presunte rivelazioni, fanno di lui uno dei più grandi geni religiosi dell'umanità, al cui confronto il Gesù della storia scompare e il Cristo, quale noi oggi conosciamo dai Vangeli, è soltanto una sua creatura, il frutto del suo geniale assemblaggio teologico.

domenica 23 maggio 2010

L'uomo sarebbe soltanto un errore di Dio? Ma non sarà forse Dio che è
soltanto un errore dell'uomo?
Friedrich Nietzsche

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 19^ Puntata

Davide si riprese rapidamente e dopo pochi giorni era già tornato al lavoro. Ma qualcosa in lui era di nuovo cambiato. Il ricordo del vegliardo lo seguiva a lungo notte e giorno e solo col passare del tempo cominciò lentamente ad affievolirsi. Ma di tanto in tanto riemergeva prepotente.

Allora riviveva con intensa emozione la saggezza e il potere che quel vecchio straordinario aveva emanato in sua presenza. A poco a poco si convinse che ad apparirgli era stato Elia, il profeta più amato e invocato da tutto il popolo ebreo. Ma che cosa gli aveva detto mentre parlava con le labbra mute? Senz'altro qualcosa che riguardava il suo futuro e che egli avrebbe scoperto al momento giusto.

Certo, ora due cose gli erano chiare: che aveva una missione da compiere su questa Terra e che la morte era soltanto un momento di passaggio. Un passaggio per niente pauroso, anzi pieno di serenità e di beatitudine.

Si guardò bene dal rivelare a chicchessia quello che aveva veduto durante la sua morte apparente. Non sarebbe stato creduto e lo avrebbero passato per matto. Nemmeno a Lia osò confessarlo. Era un segreto tutto suo che non doveva rivelare a nessuno. Si scoprì diverso da prima: s'accorse, con stupore, di entrare facilmente in sintonia con le persone che aveva di fronte e di coglierne i pensieri e i sentimenti più profondi e segreti.

Il suo carattere dolce non gli aveva mai creato dei nemici. Ma con alcuni aveva tenuto un comportamento troppo riservato e quasi schivo, specie con certi coetanei che egli giudicava grossolani e volgari. Se ne rese conto e decise di cambiare. Cercò la ragazza che aveva scoperto essere innamorata di lui e che aveva molto sofferto per il suo incidente. Con circospezione e molto tatto, per non accendere in lei vane lusinghe, le manifestò simpatia e attenzione.

Riflettendo sulla sua singolare esperienza aveva avuto la straordinaria intuizione che niente sulla Terra accade per caso e che tutto è preordinato ad uno scopo. Il suo incidente, infatti, era avvenuto per insegnargli cose importanti. Si fece più attento a questo riguardo. Il fatto, ad esempio, che lui fosse figlio di uno straniero, per di più odiato dal suo popolo, doveva avere un significato.

Ma lui non sapeva ancora coglierlo. Col tempo forse ci sarebbe riuscito. Anche la continua ostilità del fratello Joses nei suoi confronti doveva avere un significato. Era certo che lo avrebbe presto scoperto. Intanto continuava ad usare verso di lui la massima dolcezza. Sembrava che Joses, dopo l'incidente, gli fosse diventato ancora più ostile.

Le sue straordinarie abilità nel lavoro avevano fatto sì che lui, per forza di cose, diventasse il capo della bottega. I clienti, specie quelli che esigevano lavori particolari, volevano trattare solo con lui perché lo ritenevano, a ragione, il più esperto e creativo. Ciò comportava che Joses, nonostante la giovanissima età, avesse ormai in mano tutta la situazione e che tutti dovessero sottostare a lui. Per Davide non era un problema.

Riconosceva in pieno la superiorità del fratello e lo ubbidiva senza batter ciglio. Joses, però, era molto esigente e non sopportava che il fratello maggiore si assorbisse, sempre più spesso, nei suoi pensieri, rallentando il ritmo del lavoro. E, dopo l'incidente, ciò accadeva più frequentemente di prima.

D'altra parte Joses era anche molto severo con Giacomo e perfino col padre. Anche se Davide, a differenza degli altri, non reagiva ai rimbrotti che riceveva da lui, una certa tensione era sempre nell'aria.

sabato 22 maggio 2010

La Chiesa cattolica costa al nostro Paese molto più della nostra casta politica, la più costosa d'Europa.

L'Italia in Europa assomma i massimi primati negativi: nel deficit pubblico, nella criminalità organizzata, nell'arretratezza scolastica, nella corruzione pubblica ormai giunta a cifre stratosferiche (60 miliardi), nell'evasione fiscale, nella burocrazia pletorica, nella giustizia lumaca e via discorrendo.

Non c'è un campo in cui non abbiamo un primato negativo. Perfino la nostra casta politica, che ultimamente si è ridotta a lavorare in Parlamento poche ore alla settimana, gode il primato di essere strapagata rispetto alle altre caste europee. Un parlamentare italiano è pagato 20 volte (avete letto bene) di più di un parlamentare polacco, il doppio di quello francese e il quadruplo di quello spagnolo.

Senza contare gli infiniti privilegi, prebende extra ed esenzioni varie di cui gode. Per esempio non deve pagarsi neanche il parrucchiere o il pranzo perché trova tutto gratis in Parlamento. E quando viene trombato, una pensione da nababbi. Insomma la nostra casta è una voragine. Ma, ahimè, non è la sola voragine italiana. Perché c'è un'altra casta, che col nostro Stato non avrebbe niente a che vedere, che ci costa ancor più dei nostri politici.

È Santa Romana Chiesa. Ce lo spiega Curzio Maltese che nel suo libro “La questua”, dimostra che per i cittadini italiani i costi della Chiesa cattolica sono ancora piu’ alti di quelli dei politici.

Attraverso mille rivoli che vanno dai finanziamenti diretti di Stato, Regioni, Province e Comuni fino alle agevolazioni fiscali (che esonerano da ogni tassa 60 mila enti ecclesiastici che posseggono circa 90 mila immobili, tra i quali alberghi, cinema, negozi, librerie, ristoranti e così via) versiamo un fiume di denaro pubblico a questa istituzione parassitaria che possiede immense proprietà in Italia e nel mondo e controlla, attraverso lo Ior (la Banca Vaticana) gran parte della finanza del pianeta.

Nell'agosto 2007 la commissione dell’Ue ha incominciato a sollevare perplessità sulle agevolazioni fiscali alla Chiesa cattolica concesse dall'Italia, ma tutto è stato subito insabbiato.

Solo a Roma la Chiesa possiede un immenso patrimonio. Tutto il centro storico della città — al di là delle sedi extraterritoriali — conta vaste proprietà immobiliari del Vaticano che fanno capo sia alla Congregazione di Propaganda Fide sia all’Apsa, Solo Propaganda Fide, con palazzi di gran pregio che insistono nel quadrilatero più ambito del cuore di Roma, possiede un patrimonio valutato (al netto delle recenti rivalutazioni del mercato) intorno ai 9 miliardi di euro.

Qualcuno potrebbe obiettare che la Chiesa con la Caritas si occupa dei poveri e di tante famiglie cadute in miseria. Non con i suoi soldi però. Quel poco che dà in beneficenza è tutto pagato dallo Stato italiano il quale, in tal modo, si comporta da grande benefattore anonimo, perché tutto il lustro della beneficenza va alla Chiesa che, di suo, non caccia un soldo. Tutte le strutture cosiddette “caritatevoli” della Chiesa sono, per essa, un’ulteriore fonte di speculazione economica perché dietro ogni pasto consegnato ad un povero ci sono molti euro carpiti allo Stato.

L’Italia ha una pressione fiscale più elevata di tre punti percentuali rispetto all’insieme degli altri paesi dell’euro. Ma mentre gli Stati, che all’inizio del decennio avevano una pressione fiscale superiore a quella italiana, come la Germania, hanno provveduto a ridurla sensibilmente, l'Italia continua a crescerla. Oltre agli sprechi, come le inutili province che ci costano 17 miliardi l'anno, e l'enorme evasione fiscale, deve riempire anche le due voragini che abbiamo descritto.

Il papato fu istituito nel V secolo (“L'invenzione del cristianesimo”) 109

La carica episcopale monarchica si impose a Roma soltanto verso la metà del II secolo e per molto tempo tutti i vescovi furono considerati alla pari e nessuno di loro godette di uno stato privilegiato rispetto agli altri.

Per Cipriano, Padre della Chiesa, non esisteva un vescovo dei vescovi, poiché nessuno poteva costringere all’obbedienza con autorità tirannica i propri confratelli. Solo nel III secolo, ad imitazione dell’amministrazione imperiale romana, i vescovi dei capoluoghi delle province acquisirono il controllo dell'intera loro regione e furono chiamati metropoliti.

I metropoliti erano quattro: quello di Alessandria che controllava l'Egitto, quello di Antiochia che guidava l'episcopato siriaco, quello di Cartagine che sovrintendeva all'episcopato dell'Africa del nord, e, infine, quello romano che vigilava sulla Chiesa italiana ma non sul resto dell’Occidente. I vescovi di Roma nei primi secoli non si interessarono mai della presunta introduzione del Primato di Pietro.

Solo nel V secolo un decreto di Papa Gelasio I, inteso a stabilire l'autenticità dei 27 testi del Nuovo Testamento, decretò anche l'istituzione del primato papale su tutti i vescovi della cristianità, basandosi sul passo di Matteo: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa.... Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli" (Matteo 16,18-19).

Ma questo è un altro clamoroso falso, come tanti altri passi, aggiunto al Vangelo di Matteo dopo il III  secolo, quando Tertulliano elaborò il concetto di Chiesa,  travasando in questa istituzione  l’intero edificio giuridico romano. Al tempo di Matteo, ovviamente, nessuno era a conoscenza di questa istituzione non ancora inventata.

Quindi l'istituzione del papato non deriva da questo passo del Vangelo di Matteo, unico dei Sinottici a riportarlo, quantunque anche Marco e Luca narrino la medesima scena (Marco 8:27-30 e Luca 9:18) . Se fosse vero che Gesù intendeva fare di Pietro "il primo papa", ci sarebbe almeno qualche allusione negli Atti degli Apostoli, nelle Lettere di Paolo, o nel resto del Nuovo Testamento.

Invece in questi testi non risulta nemmeno una sola volta  che Pietro abbia esercitato nella Chiesa primitiva una funzione di comando. Anzi, quando si riunisce il primo Concilio a Gerusalemme, questo viene presieduto da Giacomo, uno dei fratelli di Gesù, e non da Pietro, che pure era presente. Solo con Gelasio I si può, quindi, ipotizzare l'istituzione del papato.

Il termine papa (padre), inizialmente titolo onorifico di tutti i vescovi per parecchi secoli, solo con l’inizio del secondo millennio diventò prerogativa esclusiva del vescovo di Roma.

venerdì 21 maggio 2010

L'ora di educazione civica al posto dell'ora di religione

Il Concordato del 1929, poi rinnovato nel 1984, concedendo alla Chiesa alcuni privilegi chiedeva in cambio la rinuncia ai suoi propositi egemonici e la sua neutralità in campo politico.

Ma questo non è mai avvenuto, anzi, la Chiesa oltre a non aver mai rispettato i patti stipulati con lo Stato italiano, ha continuato ad intervenire nella politica italiana con volontà di legiferare, giovandosi della complicità bipartisan di una buona parte delle nostre forze politiche.

D'altra parte la Chiesa non ha rinunciato spontaneamente al potere temporale, lo ha sempre rimpianto dopo la famosa breccia di Porta Pia. Non dimentichiamo che lo Stato Pontificio sotto Pio IX era lo Stato più illiberale, oppressivo e arretrato d'Europa, sinonimo del Medioevo più oscuro. È altresì noto che tutti i papi hanno osteggiato ogni forma di democrazia e tutte le forme di libertà che hanno avuto le loro radici nell'Illuminismo.

È perciò evidente che per far rispettare il concordato alla Chiesa, e ancor meglio per farlo abrogare, bisogna sviluppare nella popolazione una coscienza laicia che, attraverso i meccanismi della democrazia, premi i propri rappresentanti in base al loro senso dello Stato e non in base al loro appecoramento al Vaticano.

Per ottenere questo scopo bisogna inserire nella nostra scuola, ponendola come il fiore all'occhiello, l'educazione civica, cioè lo studio rigoroso della Costituzione Italiana.Quanti ministri attuali e quanti sindaci emanano norme e hanno comportamenti che sono in aperto contrasto con la nostra Costituzione?

Non passa giorno che la stampa non denunci stravaganze e intolleranze dei nostri amministratori chiaramente dovute alla loro crassa ignoranza dei diritti e dei doveri dei cittadini.

Invece dell'ora di religione che insegna come verità, delle favole assurde, vere circonvenzioni di minori, l'ora di cultura civica può educare il cittadino al senso dello Stato, al rispetto di tutte le libertà, al proseguimento del Bene comune in termini razionali e pragmatici.

Pietro non fu mai a Roma (“L'invenzione del cristianesimo”) 108

Un gran numero di storici e di teologi ha negato, quindi, tout court, la presenza di Pietro a Roma. Uno di essi, il teologo K. Heussi, già nel 1936, dopo accurate analisi dei testi antichi, l'aveva esclusa categoricamente. (K.Heussi, Die roimische Petrustradition. in Theol. Literaturzeitung, 1959, nr. 5, 359 sgg.).

Più recentemente lo storico Michael Grant (M. Grant, Saint Peter, Penguin Books, London, 1994) ha messo in evidenza che ci sono otto incontrovertibili motivi che negano sia la presenza romana di Pietro, sia il suo presunto status di vescovo della città. Uno di questi è che se Pietro si fosse trovato a Roma all'arrivo di Paolo (o che fosse ancora vivo il ricordo di una sua precedente venuta), Luca ne avrebbe sicuramente data menzione nell'ultimo capitolo degli Atti, come aveva menzionato gli altri incontri tra i due a Gerusalemme e ad Antiochia.

Anche il presunto ritrovamento del sepolcro di San Pietro, inteso come prova archeologica della sua sepoltura, è stato più volte annunciato e altrettante volte smentito, perché di esso non è stata trovata una traccia sicura. Quindi, la presenza a Roma e la cattedra pontificia di Pietro costituiscono uno dei falsi più vistosi della Chiesa, finalizzato a suffragare il dogma dell’episcopato universale del vescovo di Roma. Pietro quindi non fu né il primo vescovo di una presunta successione apostolica né, tanto meno, il primo papa.

La Chiesa adduce a prova del martirio di Pietro e Paolo la persecuzione subita dai cristiani nell'anno 64 da parte di Nerone in seguito all'incendio di Roma. Ma di questo martirio non c'è traccia in nessun documento storico e nemmeno ecclesiastico del primo secolo.

Secondo l'abate cattolico francese Louis Duchesne, autore di una monumentale e rigorosa storia della Chiesa (L.Duchesne, Histoire ancienne de l'Eglise, Paris, Fontemoing, 1911) e di un Liber Pontificalis, ricavati dagli archivi del Vaticano, che ricostruiscono con grande rigore storico la genealogia dei pontefici, i primi nove vescovi di Roma, compreso lo stesso Pietro, erano da togliere perché mai esistiti (L.Duchesne, Liber Pontificalis, t. I-Il, Parigi 1886-1892. Riedizione con un terzo tomo di C. Vogel, Parigi 1955-1957).

giovedì 20 maggio 2010

L'arretratezza spirituale della Chiesa Cattolica.

La religione cattolica è la negazione della vera spiritualità. Ad essa interessa soltanto alimentare un morboso pietismo ipocrita basato su cerimonie pompose e sulla venerazione obbrobriosa di macabre reliquie, vere e autentiche mistificazioni per allocchi.

Lo deduciamo dallo spettacolo inverecondo che in questi giorni vede due milioni di ingenui pellegrini venerare la sindone di Torino, uno dei falsi più spregevoli, autenticato come tale non solo da tutti gli esperti del mondo ma anche da qualche ecclesiastico onesto. Ciò che sta avvenendo a Torino, getta una luce sinistra sulla nostra Chiesa che, ben consapevole di approfittare dell'ingenuità dei fedeli, persiste nell'ingannarli furbescamente per vendere falsa spiritualità e ottenere cospicui interessi economici.

Perché la Chiesa ha voluto dimenticare che fu il cardinal Ballestrero, arcivescovo di Torino, a riconoscere che l’esame al carbonio 14 segnava la parola fine ad ogni disputa sulla veridicità della Sindone e doveva essere accettato da tutti i credenti? Perché si ostina a non riconoscere che la fede non dovrebbe aver bisogno di reliquie, come ammise la Riforma, che stigmatizzava il carattere feticistico e superstizioso di questo tipo di «devozioni popolari?»

Perché continua ad alimentare pellegrinaggi necrofili come quello inverecondo accaduto tempo fa a Portorotondo, dove l'esposizione del cadavere di Padre Pio (un mistificatore secondo papa Giovanni XXIII), imbalsamato e col volto perfettamente ricostruito con una maschera di cera (che il popolino scambiava per vero, gridando al miracolo), ha suscitato forme anacronistiche di delirio superstizioso e di morbosità patologica che hanno messo in ridicolo il nostro Paese di fronte all''Europa, ma che ha comportato per il santuario e la città, visitati da oltre un milione di persone in poco tempo, un business colossale?

Come mai l'opinione pubblica italiana accetta senza scandalo che papa e vescovi approfittino così spudoratamente delle ingenuità dei fedeli sottoponendo alla loro venerazione una falso lenzuolo dipinto, della cui falsità hanno l'assoluta certezza? Non è questo comportamento la negazione di ogni pur minima serietà e dignità da parte di questa religione?

Se poi oltre all'inganno aggiungiamo la beffa, escogitata dal vescovo di Torino, di utilizzare la sua autorità per concedere alle donne che, nei giorni dell'ostensione della sindone, confessano a un prete di aver abortito, l' automatica cancellazione della scomunica, aggiungiamo un nuovo tassello all'aberrazione in cui è caduta la Chiesa.

Approfittare dell'occasione dell'ostensione di un falso per arrogarsi il diritto di condonare una scomunica data arbitrariamente su un tema così delicato che provoca enormi sofferenze alle donne che lo vivono, è la negazione più assoluta di ogni vera e autentica spiritualità e la dimostrazione che il cattolicesimo è ormai si è ridotto ad una colossale menzogna.

Il falso della seconda Lettera di Pietro (“L'invenzione del cristianesimo”) 107

Coloro che sostengono che tra i due apostoli c'era un accordo amorevole potrebbero invocare, a loro sostegno, la Seconda Lettera di Pietro nelle quale l'apostolo nomina Paolo come un carissimo fratello (2 Pietro 3,15-16).

Ebbene, questa lettera è universalmente ritenuta un falso, e la stessa CEI, nella versione della Bibbia del 1989, la riconosce come tale, definendola un artificio letterario. Il suo autore l'avrebbe composta un secolo dopo la morte dell’apostolo e avrebbe preso in prestito il nome di Pietro per conferire allo scritto una più elevata dignità.

Concludendo: non troviamo un documento, databile al primo secolo, che attesti il legame tra i due apostoli; solo la tradizione inattendibile, perché inventata, come tante altre, dai Padri della Chiesa, lo ha sostenuto con ostinazione.

Altra cosa incredibile: né Paolo, che scrisse da Roma le sue ultime lettere citando i nomi di molti dei suoi collaboratori, né gli Atti degli Apostoli, che arrivano fini al 62, accennano mai alla presenza a Roma di Pietro. Anche gli scritti cristiani fino alla metà del II secolo ignorano la questione.

Infatti, il viaggio di san Pietro a Roma e la sua disputa con Simon Mago, la sua crocifissione ed altri episodi a lui riferiti, sono narrati esclusivamente in libri dichiarati apocrifi dalla Chiesa stessa, come gli Acta Petri.

mercoledì 19 maggio 2010

La Commissione della Camera ha approvato il testo del testamento biologico che si configura come una Legge sulla Tortura Obbligatoria di fine vita.

Il diritto di morire con dignità ponendo fine alle forti sofferenze originate da patologie incurabili e irreversibili, è la prerogativa più sacra della persona umana. Questo diritto consente a ciascun di noi di scegliere di morire, in modo naturale, quando non vi è più alcuna speranza di miglioramento e di guarigione, o si trova in un coma irreversibile, determinato dalla morte cerebrale.

In parole povere consente di abbreviare l'attesa della morte evitando le terapie intensive, spesso dolorose e umilianti (il cosiddetto accanimento terapeutico), che al massimo possono prolungare la vita di qualche breve periodo. Quindi niente alimentazione forzata, respirazione artificiale e somministrazione di farmaci ormai inutili e lasciare che la natura faccia il suo corso senza interferenze, solo somministrando sedativi per alleviare il dolore.

Naturalmente questo diritto presuppone il consenso esplicito o implicito dell'interessato. Non può essere imposto a nessuno e il cattolico non è assolutamente obbligato a chiederlo. In passato è stato accettato anche dalla Chiesa, in particolare da papa Paolo VI, ma prontamente rinnegata, oggi, dall'integralista Ratzinger per il quale la sofferenza nel massimo degrado è un obbligo per tutti, cattolici e non.

La nostra Costituzione lo prevede, laddove recita: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (cioè in caso di malattia contagiosa per evitare epidemie). La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Chiaro? Chiarissimo.

Ma i nostri politici anziché garantirci questo diritto costituzionale, e soprattutto umano, di cui godono tutti gli altri cittadini europei non sottoposti a protettorato vaticano, stanno approvando una legge che è un'autentica Tortura Obbligatoria di fine vita, nella quale non sarà rispettata in nessun caso la volontà espressa dai cittadini su idratazione e alimentazione forzata, così come vogliono i gerarchi vaticani, eredi diretti dei torturatori della Santa Inquisizione.

Se il ddl uscito dalla Commissione Affari sociali della Camera, approvato il 12 maggio da Lega, Pdl e Udc con l'opposizione di Pd e Idv, dovesse diventare legge, infatti, non rispetterebbe la volontà del paziente per cui non sarebbe possibile sospendere idratazione e alimentazione artificiali in un caso come quello di Eluana Englaro, la giovane rimasta in coma vegetativo persistente per 17 anni prima che le venisse sospesa la terapia forzata.

Esso, di fatto, impone l’accanimento terapeutico per legge, va contro la libertà di scelta degli individui e va contro la Costituzione che sancisce invece tale diritto. Unica nostra speranza: ricorrere alla Corte Costituzionale o indire un referendum per abrogarlo.

Pietro e Paolo (“L'invenzione del cristianesimo”) 106

Né gli evangelisti, né Paolo, né tanto meno gli apocrifi parlano favorevolmente di Pietro. Nella prima parte degli Atti si tratta diffusamente di lui, ma in modo leggendario per cui la sua persona storica ci risulta completamente sconosciuta, come del resto anche quella di molti altri apostoli.

Forse Pietro guidò inizialmente la nuova setta della Via (1 Cor. 15,7; Atti, 1,14)), ma quando Giacomo, fratello di Gesù, giunse dalla Galilea per unirsi agli altri apostoli che attendevano il ritorno del Risorto, costui ne divenne il capo incontrastato e Pietro passò in secondo piano. Infatti di Pietro non si accenna più negli Atti a partire dalla metà del libro, mentre si continua a parlare di Giacomo che fino al 63 fu il capo incontrastato della Chiesa di Gerusalemme.

La tradizione cattolica, che poggia le sue basi soprattutto sulla Patristica, ci ha fatto credere che tra Pietro e Paolo ci siano stati sempre dei i rapporti assidui e di stretta collaborazione. Ma leggendo le Lettere e gli Atti, gli unici documenti che possono testimoniare la verità, ciò non risulta affatto. Gli incontri (o meglio gli scontri) tra Paolo e gli apostoli a Gerusalemme sono stati rarissimi, non più di quattro, come abbiamo narrato in precedenza, e sempre caratterizzati da ambiguità e da diffidenze reciproche.

Con Pietro, comunque, c'era stato un altro incontro ad Antiochia. Ma quello di Antiochia fu un vero e proprio scontro durante il quale Paolo accusò Pietro e Barnaba di ipocrisia e segnò l'inizio di un contrasto che si rivelò subito duro e insanabile e che fece perdere a Pietro la faccia in quanto fu costretto a sottostare alle disposizioni impartite da Giacomo (il vero primo degli apostoli).

Come si vede, incontri brevissimi, quasi sempre burrascosi per non dire drammatici. Nell'ultimo incontro, durante il quale Paolo rischiò il linciaggio, Pietro non viene mai nominato, forse perché già morto. Gli Atti tentano di occultare questo enorme e inconciliabile conflitto tra i due apostoli e la Patristica poi li ha falsamente accomunati nel martirio a Roma sotto Nerone. La Chiesa, infine, li ha santificati nello stesso giorno, avvallando la tesi che i due hanno sempre agito in perfetta armonia.

martedì 18 maggio 2010

La sentenza del Tar del Lazio di escludere gli insegnanti di religione dagli scrutini, annullata dal Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato, la suprema magistratura amministrativa, ha accolto il ricorso del Ministero dell’Istruzione contro la sentenza del Tar del Lazio che, in base al principio costituzionale di laicità al quale deve attenersi ogni scuola pubblica, aveva stabilito l’incongruenza ai professori di religione di contribuire alla determinazione del credito scolastico.

Con questa decisione il Consiglio di Stato ha fatto strame di una sentenza che aveva accolto il ricorso delle organizzazioni laiche, atee e di tutte le confessioni religiose riconosciute dallo Stato italiano. L’ordinanza Fioroni (Pd) è stata quindi riconfermata, riportando di fatto il nostro Paese ad una situazione pre-revisione concordataria (1984), quando la religione cattolica era obbligatoria perché di Stato.

Viene così sancita una ingiusta e grave sperequazione tra gli studenti italiani per il fatto che gli studenti che frequentano il corso di religione si troveranno con una marcia in più, un credito in più, un contributo in più che faccia «media» con le altre materie. E gli altri? Gli altri dovranno dolersi di non aver scelto l’ora di religione. Con un escamotage la sentenza del Consiglio di Stato applica gli stessi parametri ai corsi «alternativi».

Ma tutti sanno che quei corsi sono assenti nella grande maggioranza delle scuole. Lo Stato, che stanzia centinaia di milioni per pagare gli insegnati di religione cattolica, immessi senza concorso e designati dai vescovi, non riesce a trovare il becco di un quattrino per garantire l'ora alternativa, prevista dalla legge, a quegli studenti che rifiutano l'insegnamento religioso.

Cosa, questa, messa perfino in evidenza dalla motivazione del Consiglio di Stato che recita: “La mancata attivazione dell’insegnamento alternativo può incidere sulla libertà religiosa dello studente o della famiglia: la scelta di seguire l’ora di religione potrebbe essere pesantemente condizionata dall’assenza di alternative formative, perché tale assenza va, sia pur indirettamente ad incidere su un altro valore costituzionale, che è il diritto all’istruzione sancito dall’art. 34 della Costituzione”.

Quindi, la non attivazione di fondi per l’ora alternativa costituisce una vera e propria lesione di due principi costituzionali: la libertà religiosa e il diritto all’istruzione. La responsabilità di tutto ciò, ovviamente, è esclusivamente a carico del governo.

L'insegnamento della religione nella scuola pubblica mette in evidenza una incongruenza mastodontica, tipica del nostro Paese, declassato a protettorato vaticano: lo Stato non trova i soldi per finanziare l’ora alternativa alla religione, ma trova quasi un miliardo per pagare gli insegnanti di religione e un altro miliardo, con l’otto per mille, per finanziare la Chiesa.

Fine misteriosa di Paolo (“L'invenzione del cristianesimo”) 105

Durante il suo soggiorno nella capitale dell'Impero per essere processato da Nerone, egli divenne perfettamente consapevole di aver giocato la carta vincente. Infatti, a Gerusalemme la situazione stava rapidamente precipitando. Giacomo, fratello del Signore, il suo nemico più accanito, veniva nel frattempo vilmente lapidato per ordine del sommo sacerdote Anania, nonostante godesse della stima dei farisei, come testimonia Giuseppe Flavio.

Continui focolai di rivolta scoppiavano dovunque e l'intera Palestina, in preda ad un messianismo frenetico e delirante, veniva travolta dalla guerra giudaica che si sarebbe conclusa con la fine di Israele e la distruzione di Gerusalemme. Non sappiamo se Paolo ebbe modo di conoscere, in tutto o in parte, questi avvenimenti, che senz'altro aveva previsto, perché dopo due anni di permanenza a Roma, in attesa del processo, di lui si perse ogni traccia. La tradizione vuole che durante la presunta persecuzione di Nerone del 64 sia stato martirizzato. Ma è l'ipotesi meno attendibile.

Nel "Frammento Muratoriano", conservato nella Biblioteca Ambrosiana, si dice che Paolo, prosciolto dalle accuse, se ne andò in Spagna come aveva preventivato di fare nella Lettera ai Romani (Romani 15,24). Questa tesi fu condivisa da Clemente Romano che nel 96, data molto vicina ai fatti, affermò che l'apostolo giunse all'estremo limite dell'occidente, allora ritenuto la Spagna. Conferme di questo viaggio si troverebbero anche in Acta Petri e Acta Pauli e, più tardi, in Atanasio, Giovanni Crisostomo e Gerolamo.

Il martirio a Roma, per decapitazione, fu menzionato nel 200 da Tertulliano, senza una documentazione adeguata. Eusebio di Cesarea, Padre della Chiesa e contemporaneo di Costantino, nel suo Chronacon lo fa morire nel 67, poco prima dell'uccisione di Nerone.

Alcuni studiosi ipotizzano, invece, che sia vissuto più a lungo e che dopo aver visitato la Spagna, Creta e la Macedonia sia morto di vecchiaia a Nicopoli in Epiro, dove aveva preventivato di ritirarsi fin da quando era a Roma, ed abbia avuto modo di organizzare la Chiesa da lui fondata dotandola di una solida gerarchia.

La cosa più stupefacente è che gli Atti, che sembrano stati scritti in funzione di Paolo, s'interrompano bruscamente nel 62, quasi a significare che tra Paolo e il suo biografo ci sia stata una rottura brusca e irreparabile.

lunedì 17 maggio 2010

Secondo papa Ratzinger il “terzo segreto di Fatima” aveva preannunciato lo scandalo dei preti pedofili

Il papa in Portogallo, durante il pellegrinaggio a Fatima, ha riconosciuto, con profondo dolore, che la grande persecuzione cui è sottoposta in questo periodo la Chiesa viene “dall’interno, dai peccati che ci sono dentro la Chiesa stessa, e non dai nemici fuori".

Con ciò riconoscendo l'enorme gravità delle colpe, «realmente terrificanti», commesse dai molti sacerdoti pedofili, e sconfessando, quindi, in pieno l'eufemistico “chiacchiericcio” del cardinal Sodano e dei molti ecclesiastici italiani che lo condividevano. Altro che “chiacchiericcio” e persecuzione dei nemici della Chiesa! Il marcio è tutto riconducibile ad essa, secondo Ratzinger.

Fin qui le parole del papa sono perfettamente condivisibili, anche se tardive. Quello che suscita stupore, per non dire ironia, è l'ulteriore affermazione di Benedetto XVI nella quale rivela che le attuali «sofferenze» della Chiesa, in conseguenza degli abusi su minori commessi da sacerdoti, fanno parte di quelle annunciate nel terzo segreto di Fatima.

I segreti di Fatima, di Medjugorje e di altre Madonne-patacca, nonché i contenuti di fede di questa apparizioni, sono sempre stati di una banalità e ovvietà sconcertanti e ritenuti di nessunissima rilevanza. Per quanto riguarda in particolare il “terzo segreto”, svelato in più modi, si sono inventate e lasciate credere molte e cervellotiche ipotesi su di esso, alcune delle quali deliranti perché ipotizzavano una specie di eccidio ecclesiastico.

Nessuna di queste però accennava alla pedofilia pretesca. Quindi, suona stranissimo l'accostamento tra il terzo segreto e la pedofilia, fatto dal papa. Una domanda pertanto si pone qualora questo accostamento fosse possibile: perché il papa nei 16 anni durante i quali, come Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, vide arrivare da tutto il mondo cattolico sul suo tavolo migliaia di denunce contro i preti pedofili, essendo a conoscenza del contenuto del terzo segreto, non corse subito ai ripari, anziché insabbiare ogni cosa?

Tutto ciò a me suona strano. Per cui non vorrei che la tirata in ballo del terzo segreto altro non sia che una diabolica trovata per fuorviare l’attenzione dei fedeli e dell’opinione pubblica, sminuendo le enormi responsabilità del Vaticano.

Paolo si proclama cittadino romano e viene trasferito a Roma (“L'invenzione del cristianesimo”) 104

Rinchiuso nella Torre Antonia, Paolo fu avvisato da un nipote (figlio della sorella) che quaranta giudei avevano giurato di ucciderlo. Il tribuno, preoccupato perché Paolo era cittadino romano, decise di trasferirlo a Cesarea, sotto una scorta di centinaia di soldati.

A Cesarea, Paolo rimase due anni, in una specie di blanda prigionia, sotto i procuratori Felice e Festo. Il processo fu celebrato poco dopo l'arrivo di quest'ultimo e alla presenza del re Agrippa II e della sorella Berenice. L'avvocato Tertullo, che patrocinava il sommo sacerdote contro Paolo, accusò l'apostolo di essere il capo di un gruppo di agitatori.

"Abbiamo scoperto che quest'uomo è una peste, fomenta continue rivolte tra tutti i giudei che sono nel mondo" (Atti 24,5). La fama di Paolo, fomentatore di disordini, era quindi conosciuta da tutti. Comunque Paolo si difese con maestria dichiarando che era stato incriminato dal sinedrio soltanto a motivo della sua chiamata da parte di Gesù risorto.

Si guardò bene, però, dal riferire che aveva gettato la Legge alle ortiche per i cristiani gentili e perfino per gli ebrei che si convertivano alla nuova dottrina. Festo, non ravvisando colpe a suo carico, gli propose la scarcerazione e il trasferimento a Gerusalemme.

Ma Paolo, ben sapendo che in quella città lo avrebbero immediatamente ucciso, in qualità di cittadino romano si appellò a Cesare, cioè all’imperatore, da Paolo definito "autorità istituita da Dio, cui tutti dovevano obbedienza” (Romani 13,1-2). E così ebbe salva la vita e fu trasferito a Roma, come desiderava.

domenica 16 maggio 2010

"Io do importanza alla vita di un altro quanto ne posso dare a un fagiolo. Gli uomini hanno un'anima del tutto uguale a quella delle bestie. Il vangelo insegna più menzogne che verità; il parto di una Vergine è assurdo; l'incarnazione del figlio di Dio è ridicola; il dogma della transustanziazione è una pazzia. Le quantità di denaro che la favola di Cristo ha apportato ai preti è incalcolabile". (Papa Bonifacio VIII).
(Da "Cronica" di Jean Villani (1276 - 1348 ).

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 18^ Puntata

Non erano passati più di tre mesi dall'incontro fortuito coi legionari romani, quando, una mattina, Davide fu incaricato da Isacco di trasportare una porta massiccia in una casa del villaggio. Dopo averla caricata sul carro con l'aiuto di Joses, si era messo a fianco dell'asino, e, procedendo lentamente, si era avviato per la strada.

Il padre lo avrebbero raggiunto poco dopo per scaricarla e montarla.
Alcuni fanciulli giocavano tranquilli in mezzo alla via e non avevano fatto caso al sopraggiungere del carro. Davide stava per invitarli a mettersi di lato quando il più grandicello di loro, che teneva in mano una fionda, giratosi di scatto, lanciò inavvertitamente un sasso nella sua direzione e colpì in pieno il muso dell'animale.

Il quale, spaventato da quel colpo improvviso, s'impennò, e con una brusca mossa per retrocedere, rovesciò il carro e fece cadere la grossa porta. Nel vano tentativo di afferrarla prima che cadesse, Davide ne fu travolto e cadde stramazzato al suolo, completamente privo di sensi.

In quel preciso istante, mentre il suo corpo giaceva inerte, senza manifestare alcun segno di vita, gli accadde una cosa meravigliosa e incredibile al tempo stesso. Sentì il suo spirito staccarsi dal corpo e fluttuare a qualche metro d'altezza. Non si sentì spaventato per quell'improvviso cambiamento di situazione, anzi si trovò immerso in una gran beatitudine.

S'accorse, con sua immensa meraviglia, che poteva vedere ogni cosa, fin nei minimi particolari, sentire ogni più piccola parola e, cosa ancor più incredibile, leggere i pensieri e i sentimenti della gente sottostante. Aveva la sensazione che la sua conoscenza si fosse improvvisamente allargata e potenziata a dismisura.

Per prima cosa vide che i ragazzini, dopo un momento di sbalordimento, erano stati sopraffatti dal terrore per quello che avevano involontariamente combinato e fuggivano terrorizzati. Poi guardò con stupore il suo corpo inerte, privo d'ogni segno di vita. Non provò nessuna sensazione di paura o di dolore, come si trattasse del corpo di un estraneo. Anzi trovò che quel giovane, steso a terra con le braccia aperte come in croce, gli appariva un po' goffo, quasi buffo.

Vide accorrere gente spaventata a far crocchio intorno a lui. Nessuno osava toccarlo perché tutti lo credevano morto. Colse nei pensieri di una ragazza, che lo stava osservando smarrita, un grande amore segreto per lui e una profonda disperazione per la sua presunta morte. Vide Isacco, subito accorso, cercare angosciato di rianimarlo chiamandolo con voce strozzata e scuotendolo delicatamente. Vide, infine, il padre, aiutato da alcuni dei presenti, caricarlo delicatamente sul carro e portarlo verso casa.

Vedeva tutto, sentiva tutto e leggeva nella mente di tutti ma non provava nessun interesse per il suo corpo, non sentiva nessun dolore fisico quando lo toccavano e lo scuotevano. Era sempre immerso nella sua serena beatitudine.

Ad un tratto si sentì come risucchiare da un vortice e si trovò all'interno di un tunnel, in fondo al quale s'intravedeva una luce che si faceva sempre più intensa, a mano a mano che si avvicinava all'uscita. Contemporaneamente si sentì avvolto da una musica dolcissima che lo rese ancora più felice e beato. Alla fine sbucò in uno spazio immenso, soffuso di una luce sfolgorante.

Subito avvertì l'imminente arrivo di una presenza. Ed ecco, come fuoriuscita da una nube luminosa, apparirgli la figura austera e dolcissima di un vegliardo. Era vestito di una pelle d'agnello candida come la neve, aveva barba e capelli canuti e folti e lo sguardo dolce e buono di un padre affettuoso. Gli si avvicinò sorridente e gli rivolse la parola.

"Figliolo caro", disse lentamente, quasi scandendo le parole, "ancora non è giunto per te il tempo del trapasso, ancora non hai portato a termine quello per cui sei stato mandato sulla Terra. Quest'esperienza ti è stata data affinché tu vinca la paura della morte. Ora tu hai appreso che la morte è solo un passaggio verso altre dimensioni, che la vita è senza fine, che noi non moriamo mai perché mai siamo realmente nati".

Il vegliardo continuò a parlare ma Davide, con sua sorpresa, s'accorse di non riuscire più ad udire le sue parole, nonostante lui continuasse a muovere le labbra. Solo alla fine, quando il gran vecchio lo salutò con un cenno delle mani e disparve stemperandosi nella nube in cui era. arrivato, egli comprese il motivo di quello strano fenomeno: gli era stato predetto il futuro ma lui lo avrebbe scoperto solo al momento opportuno.

Appena il vegliardo scomparve Davide si svegliò nel suo letto e subito avvertì un terribile dolore al capo. Aprì gli occhi e, a fatica, si mise a sedere. Era notte fonda e tutti in casa dormivano nel silenzio più assoluto. Ma c'era una figura semi addormentata, seduta accanto a lui, che lo vegliava e che subito si accorse del suo risveglio.

Era Lia. Scuotendosi dal suo torpore, si alzò all'istante e gridando commossa: "Sia benedetto il Signore, Dio d'Israele, che ha accolto le preghiere della sua umile serva", corse immediatamente ad abbracciarlo, piangendo di gioia. Tutta la famiglia si svegliò all'istante e la felicità di tutti fu grande.

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Se gli argomenti trattati sono di vostro interesse, passate parola; e, se site studenti, proponeteli al vostro insegnante di religione. In tal caso fatemi sapere le risposte che avete ottenuto. Grazie.

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)