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venerdì 16 dicembre 2011

Legge 194, Rodotà: “Aboliamo l’ obiezione”.

Stefano Rodotà, professore emerito di Diritto civile all’Università La Sapienza di Roma ed ex presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, intervistato da Cinzia Sciuto, giornalista di Repubblica, in riferimento alla legge 194 ha dichiarato, senza mezzi termini: «Oggi, a più di trent’anni dall’approvazione della legge sull’interruzione di gravidanza, la possibilità dell’obiezione di coscienza dei medici andrebbe semplicemente abolita».

E ha spiegato: «Quando la legge è stata approvata la clausola dell’obiezione di coscienza era ragionevole e giustificata: i medici avevano iniziato la loro carriera quando l’aborto era addirittura un reato ed era comprensibile che alcuni di loro opponessero ragioni di coscienza. La legge 194 ha saggiamente raggiunto un difficile equilibrio tra il diritto dei medici a non agire contro la propria coscienza e quello della donna a interrompere la gravidanza. Oggi però chi decide di fare il ginecologo sa che l’interruzione di gravidanza è un diritto sancito dalla legge, che rientra nei suoi obblighi professionali e non è più ragionevole prevedere una clausola per sottrarvisi».

Purtroppo, accade sempre più di frequente che il diritto delle donne all’interruzione di gravidanza, nonostante sancito dalla legge, è spesso disatteso e ostacolato in mille modi dietro il paravento dell'obiezione di coscienza. Molti sanitari delle strutture pubbliche lo ostentano per far carriera specie nelle regioni come la Lombardia a governo chiaramente clericale (per poi, magari, praticarlo nelle cliniche private).

Ormai sono appena 150 i medici italiani disposti ad applicare la legge. Ma Rodotà parla chiaro: «Oggi gli ospedali non possono trincerarsi dietro la scusa di non avere medici disponibili a effettuare le interruzioni di gravidanza perché questo è un servizio che deve obbligatoriamente essere fornito, come previsto dall’articolo 9 della legge 194, e le strutture che non lo garantiscono possono essere considerate responsabili sotto il profilo civile e penale».

E nel caso che si debba ricorrere e a non obiettori ‘a gettone’, come già fanno alcuni ospedali, risponde categorico:
«Ritengo di no, per due ragioni: innanzitutto perché per gli aborti terapeutici è necessario avere personale strutturato e in secondo luogo perché non devono crearsi medici di serie A che fanno tutto il resto e medici di serie B che fanno solo aborti, con il rischio di una dequalificazione professionale. Gli ospedali possono, e devono, invece fare dei bandi per l’assunzione di personale strutturato non obiettore».

Oggi molte donne che hanno deciso di interrompere la gravidanza vivono la loro scelta in condizioni di malessere e di angoscia perché non sanno se, quando e in che condizioni riusciranno a interromperla, con evidente violazione del loro diritto alla salute, che è un diritto fondamentale della persona non subordinabile ad esigenze burocratiche o a mancanza di personale.

Naturalmente di tutto ciò dobbiamo ringraziare papa Ratzinger che non smette di incitare medici e farmacisti ad opporsi alle leggi dello Stato democratico che sono in contrasto col suo oscurantismo medievale.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)