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lunedì 8 febbraio 2010
Il “meccanismo di censura” per nascondere che gli apostoli erano zeloti (“L'invenzione del cristianesimo”) 23
È il cosiddetto "meccanismo di censura" che consiste nel tradurre alcuni termini dei testi originari, scritti in greco, in modo totalmente falso e fuorviante da alterare la verità storica. Per aggirarlo, per capire cioè le vere identità dei discepoli della cerchia di Gesù, ritenuti combattenti, partigiani, per non dire terroristi, bisogna prima far riferimento ai testi evangelici nelle versioni più antiche (Novum Testamentum Graece et Latine) e, in un secondo tempo, analizzare questi nomi nella lingua aramaica nella quale i soprannomi partigiani risultano evidenti.
Vediamo alcuni esempi. L'apostolo Simone risulta avere nei Vangeli tre appellativi: Bariona, Cananites e Kefas. Vediamo qual è il loro significato, cominciando dal primo “bariona”. Secondo la versione attuale dei Vangeli, Pietro viene chiamato da Gesù: "Simone, figlio di Giona" (Matteo 16,17) facendo erroneamente riferimento al testo greco "Simon bar Iona").
Ma questa traduzione è un falso. Bar, infatti, è sì un termine aramaico che significa: "figlio di" ma nel testo greco questa espressione dovrebbe essere tradotta: "o uios tou"più il nome del padre. Nel nostro caso: "o uios tou Iona" Infatti, in tutti gli altri casi in cui nei Vangeli si nomina la paternità di qualcuno, non si usa mai la desinenza ebraica “bar”, ma sempre la formula greca “ o uios tou”…,”figlio di…”
Come mai allora nel caso di Pietro si usa il termine aramaico e non greco? La spiegazione è semplice: nel testo greco antico si legge:"Simon bariona" (e non quindi “Simon bar Jona”),dove Bariona è un unico vocabolo che in aramaico, al tempo di Gesù, significava "fuorilegge, terrorista, partigiano alla macchia", cioè zelota o sicario. Quindi non "figlio di Giona" come traduce falsamente la Chiesa.
Sempre Simone, soprannominato da Luca senza mezzi termini, lo Zelota (Luca 6,15), viene chiamato da Marco " cananaios"(Marco 3,18) e da Matteo "cananites " (Matteo 10,4), termini tradotti nei Vangeli attuali con l'aggettivo "cananeo", cioè proveniente da Cana. Niente di più falso. Il termine aramaico "qanana" da cui deriva quello greco cananaios, equivale a "zelota, fuorilegge, terrorista", esattamente come bariona.
Infine, il termine Kefas o Cefa, significa in aramaico “Roccioso” e allude alla durezza combattiva e al carattere violento attribuiti a Pietro, sia dai documenti apocrifi (Vangelo di Maria di Magdala), sia dagli stessi Vangeli canonici, che riportano il fatto che al momento dell'arresto di Gesù, l'apostolo con un colpo di spada tagliò netto l'orecchio di Malco, servo di Caifa (Giovanni 18,10).
Quindi questi tre termini indicano inequivocabilmente che Pietro non era il pacifista descritto dalla tradizione ma uno spietato combattente per la causa messianica.
Altro esempio. Taddeo nel Vangelo di Matteo, versione antica già citata (54,17), è definito a chiare lettere " Ioudas zelotes". Da questo Vangelo ricaviamo che il vero nome dell'apostolo in questione era Giuda (da non confondere con l'Iscariota) e Taddeo era, in aramaico, il suo soprannome di battaglia che significava "coraggioso"; cioè, in parole semplici: partigiano coraggioso.
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Informazioni personali
- leo zen
- Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)
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