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sabato 27 febbraio 2010

L'eutanasia (la dolce morte) è un diritto inalienabile della persona umana.

"La vita è soggetto di diritto e non di arbitrio" ha dichiarato il cardinale Tarcisio Bertone al convegno di Rete Italia tenutosi a Rimini il 19 febbraio scorso. Naturalmente il cardinale faceva riferimento al diritto divino, che considera la vita un dono di dio di cui l'uomo non può disporre a suo piacimento.

Ciò, evidentemente, in contrasto sia con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, sia con la Costituzione di tutti gli attuali Stati democratici (compresa l'Italia) che invece riconoscono, come diritto inalienabile ad ogni persona, di decidere della propria salute, della propria vita e della propria morte, prescindendo da utopici e indimostrati principi divini e basandosi esclusivamente sulla natura prettamente umana che risiede in ciascuno di noi.

Così, nel caso di malattia terminale, che oltre a comportare inaudite sofferenze può determinare anche un devastante e umiliante degrado fisico e psichico, tale da distruggere la dignità umana, la libertà di scegliere la morte resta la prerogativa più sacra e irrinunciabile di ogni uomo libero e sovrano di se stesso.

Tutti i vacui richiami al divieto divino, tutti i tentativi di dichiarare “arbitrio” la nostra intrinseca libertà, sono insensate, crudeli e ipocrite coercizioni che ci vengono imposte dall'aberrazione morale di menti malate e ottenebrate che credono nei miti religiosi e si compiacciono delle nostre sofferenze.

La sofferenza fisica, psichica e affettiva (perché il degrado ci trasforma in un'altra persona e può compromettere gli affetti familiari), quando è inutile e senza via d'uscita può essere superata soltanto dall'eutanasia, che in tal caso diventa la migliore alleata dell'uomo. Non è la morte che fa paura ma una vita degradata o vegetativa che si trascina nel tempo senza speranza.

L'eutanasia, se liberamente scelta, è perciò l'unico rimedio che consente di por fine alla mostra esistenza, quando diventa troppo insopportabile per essere vissuta, e anche di conservare la nostra dignità e il rispetto di noi stessi.

2 commenti:

  1. È strano che gli atei si scaglino contro i credenti di tutte le religioni, ma soprattutto contro i cristiani cattolici, invece di dimostrare semplicemente che Dio (nome proprio) "non esiste". Quando tale dimostrazione sarà disponibile, penso che diventerò ateo anch'io.
    Quanto poi alla vita, caro sig. Leo, lei può dire che è "sua" come lo dice il ladro nel pollaio agguantando la gallina...
    Non basta eliminare la trascendenza per diventare padroni di ciò che si è ricevuto in dono.
    A meno che lei, invece che in Dio, creda nella... cicogna!

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  2. Al Signor Anonimo che mi chiede di dimostrare la non esistenza di dio (per un ateo nome astratto, quindi scritto in minuscolo) rispondo che non è possibile dimostrare l'inesistenza di quello quello che non esiste. Spetta quindi al credente dimostrare l'esistenza di dio. Ma finora nessuno è riuscito a farlo. Per concludere con una battuta di Corrado Guzzanti:Puoi chiamare Dio in mille modi: Dio, Allah, Buddha, Geova, Yahvè,Ernesto? tanto non ti risponde!

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)