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domenica 14 febbraio 2010

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 5^ Puntata

A Gerusalemme un giovane forte e robusto, completamente nudo, saliva la collina del Golgota, portando sulle spalle una grossa trave, lunga circa quattro cubiti. Lo scortavano due legionari mentre un centurione e un veterano seguivano il corteo in disparte.

"Finalmente vedrò questo miserabile assassino penzolare dalla croce" disse il giovane centurione con aria cupa. "Ma per vendicare il nostro amico Massimo vorrei vederne almeno un centinaio appesi come lui".

"Se le informazioni, che mi sono arrivate all'orecchio da parte di certe spie sono vere" rispose il veterano, "fra poco ci sarà una rivolta, sempre sobillata dagli zeloti, e allora non basteranno cento di queste travi per appenderli tutti".
"Ancora una ribellione?" chiese, stupito, il centurione.

"Sai bene che per gli zeloti Roma è il nemico numero uno per cui nessun ebreo deve accettare come signore l'Imperatore romano, ma deve battersi fino all'ultimo sangue e con ogni mezzo per la liberazione d'Israele. Per raggiungere questo fine non tengono in minimo conto la loro morte né quella di parenti e di amici. Sono dei fanatici spietati"
.
"Dopo tutto, però, li priviamo della libertà".
"Che cavolo dici! Di che libertà vai parlando. Di odiarsi e scannarsi tra di loro, come hanno fatto per secoli. Giudei contro galilei, samaritani contro tutti. E perché? Perché pur avendo, come dicono, lo stesso Dio, gli uni lo adorano nel Tempio di Gerusalemme, gli altri sul Monte Garizim. E si considerano per questo tutti reciprocamente e assolutamente sacrileghi. Per non parlare della loro mania per i profeti, dei loro riti cavillosi, della loro avversione per tutto quanto non è ebreo. Se per sbaglio uno di loro ci tocca fisicamente, la Legge gli impone di andar subito a purificarsi come se avesse toccato un lebbroso".

"Però, la sai lunga su questa gente!"
"Permetterai! Son quasi dieci anni che vivo in mezzo a loro e se, almeno a Gerusalemme, cominciano ad avere strade larghe e lastricate, case ben costruite, fontane pubbliche, terme per lavarsi, piazze dove respirare, al posto di viottoli con le fognature all'aperto e di tane per topi, il merito è proprio di noi romani che odiano tanto. Per non parlare dell'ordine che regna dovunque".

Intanto erano arrivati sulla cima del Golgota sul quale si ergevano due croci e un palo che era in attesa della traversa scaricata al suolo dallo zelota. Su una croce pendevano i resti di un cadavere dilaniato dagli avvoltoi. Il cranio, privo d'occhi, faceva accapponare la pelle. Sull'altra, un altro crocifisso stava morendo per asfissia, dopo che alcuni soldati, per accelerarne la morte, gli avevano rotte le tibie.

Un legionario della scorta presentò al boia il giudizio che condannava Simone, figlio di Taddeo, zelota assassino, alla morte per crocifissione. Mentre il boia leggeva la sentenza, il condannato, ancora ansimante per il notevole sforzo fatto a portare la pesante traversa, si voltò di scatto verso il centurione e con un'espressione di sfida gli disse: "Decio Fabio Larione, sei un lurido vigliacco: hai abusato di una giovane ebrea indifesa".

Colto di sorpresa, il centurione rimase senza parole. Ma si riprese subito.
"Miserabile, come sai il mio nome?" urlò in preda a vivissima collera.
"Noi zeloti sappiamo tutto di voi" rispose prontamente Simone con un sorriso sprezzante. "Abbiamo le nostre spie, in mezzo a voi, che ci riferiscono tutto".
"Ti sei guardato intorno? Hai visto come finirai? Domani verrò a spezzarti le tibie, così rantolerai come quello alla tua destra. E poi gli avvoltoi faranno il resto" gridò come fuori di sé il centurione.

"Sei matto!" lo interruppe il veterano. "Così lo farai morire subito! Perché vuoi fargli questo favore. Forte e robusto com'è, resisterà almeno qualche giorno e intanto soffrirà le pene dell'inferno. Lascia che gli avvoltoi comincino a mangiarselo ancor vivo".

Appena il boia, issatosi su una scala, ebbe fissata con una grossa fune la traversa al palo, i due suoi assistenti afferrarono il condannato e gli infilarono alle braccia due nodi scorsoi, stringendoglieli alle ascelle. Quindi gettarono le corde sopra la traversa e lo issarono ad un metro da terra. Il boia allora spostò la scala sul braccio sinistro della croce, afferrò con decisione la mano del condannato, e, estratto un grosso chiodo e un martello dal suo grembiulone, con un colpo deciso la fissò sopra il polso alla traversa.

Mentre un fiotto di sangue zampillava dalla ferita, lo zelota, nonostante i suoi sforzi per trattenersi, emise un gemito rauco e contorse il viso in una smorfia di dolore. Con altrettanta rapidità, il boia spostò la scala e fissò alla traversa anche la mano destra.

Tutta la spavalderia era ora scomparsa dal giovane condannato, costretto, nonostante i suoi sforzi, ad emettere quasi in continuazione gemiti convulsi. Ma le cose peggiorarono subito dopo, quando il boia diede l'ordine ai suoi assistenti di allentare le corde. Il corpo del giovane si abbassò di colpo e rimase appeso soltanto per le mani inchiodate ai polsi. Allora il viso si trasformò in una maschera di sofferenza.

Per il povero zelota lo strazio non era ancora finito. Il boia, infatti, prese i piedi della vittima, li fece posare uno di fianco all'altro sopra un ceppo inclinato, già predisposto sul palo, e li fissò, inchiodandoli brutalmente col martello.

La cerimonia era finita. Larione e il suo amico veterano stettero un po' ad osservare lo zelota che pendeva dalla croce, col sangue che colava ancora copioso dalle ferite. Quello spettacolo di desolazione aveva tolto loro la soddisfazione della vendetta. Cupi e silenziosi ripresero la via del ritorno. Ma al centurione l'accusa della zelota bruciava più che mai. E il ricordo di Giuditta lo riempì di tenerezza e di rimorso.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)