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giovedì 11 febbraio 2010

La “Buona Novella”(“L'invenzione del cristianesimo”) 26

Il tema ricorrente della predicazione di Gesù, la cosiddetta Buona Novella, era dunque la fervida attesa dell'imminente regno di Dio per opera del Messia davidico, aiutato dalle schiere celesti inviate da Jahvé. Il giorno del suo arrivo sarebbe arrivato improvviso e inaspettato.

Secondo questa utopia, la fine del vecchio ordine avrebbe comportato apocalittici sconvolgimenti, ma dopo un periodo di transizione i superstiti avrebbero conosciuto una nuova era di pace, di giustizia, di uguaglianza e fratellanza universale. Il regno del Male sarebbe terminato per sempre e la Gerusalemme Celeste, che Giovanni, l'autore dell'Apocalisse, vedrà discendere dal cielo e possedere la gloria di Dio, sarebbe divenuta imperitura.

Chiarisce Calimani: “Il regno di Dio, nel suo significato originale ebraico, era immaginato come una comunità costituita su questa terra, guidata da Dio o dal suo inviato, l’Unto del Signore, cioè il Mashìach, il Messia, un discendente di David” (R.Calimani, Gesù Ebreo, Rusconi, Milano, 1990). Quindi un regno concreto, terrestre e politico, ancorché teocratico e misticamente sacralizzato. Un regno in cui sarebbe stata bandita l’arroganza della ricchezza e avrebbe trionfato l’uguaglianza, la giustizia sociale e l’amore fraterno.

Questo messaggio di Gesù, come lo deduciamo dai Vangeli, non contemplava affatto la nascita di una nuova religione ma rimaneva fedele all'antica fede ebraica, ed era diretto soltanto alle pecore smarrite della casa di Israele. “Non andate tra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani. Andate piuttosto alle pecore perdute della casa di Israele” (Matteo 10,5-6). Infatti l'ideale messianico, di carattere inequivocabilmente etnico-religioso oltre che politico, non ammetteva che nella causa potessero essere coinvolti anche i non ebrei.

Per realizzare questa utopia il primo passo sarebbe stata la liberazione dal dominio romano e la punizione dei collaborazionisti, come postulavano fermamente e fanaticamente gli zeloti e tutti i messianisti in genere. Solo dopo si poteva iniziare il lungo cammino verso la santità cui doveva partecipare tutto il popolo. Un popolo di santi, in uno Stato santo.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)