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mercoledì 15 dicembre 2010

Il comandamento scippato

L'otto dicembre con il consueto omaggio di una corona di fiori al manufatto bronzeo raffigurante una figura femminile (la Madonna immacolata), il papa ha inaugurato a Roma, Piazza di Spagna, il Festival dell'idolatria 2010-2011 che proseguirà fino al dicembre dell'anno prossimo con la venerazione della più variegata congerie di idoli in metallo, legno, plastica, terracotta, stoffa, pietra e cartapesta.

Ricordate il Decalogo che dio consegnò a Mosè sul monte Sinai? Non è esattamente quello che avete imparato al catechismo.

Quello di Mosè recitava al secondo comandamento: Non ti farai nessuna scultura, né immagine delle cose che splendono su nel cielo, o sono sulla terra, o nelle acque sotto la terra.

Ma il Concilio di Trento (1545 al 1563) ha fatto sparire quel comandamento riempiendo il buco con il raddoppio del 9°, aggiungendo al divieto di desiderare la roba d’altri anche quello di desiderare la donna altrui. La grande maggioranza dei cattolici (anche osservanti e praticanti) è completamente all'oscuro di questo piccolo dettaglio.

Il comandamento scippato, invece, è ancora rispettato, non solo dagli ebrei e dagli islamici (che hanno sempre osservato il decalogo originario), ma anche dai protestanti (che hanno provveduto a correggere il decalogo cattolico).

La Chiesa Cattolica, che fin dalle origini ha copiato templi, riti e paramenti dei pagani, non poteva deludere i suoi fedeli, affascinati da statue e immagini degli antichi dei, e perciò provvide a sostituirli con una moltitudine di Madonne, santi, ignudi bambin Gesù, e, soprattutto, Cristi cadaverici segnati da ferite profonde e sanguinolenti.

Solo il mondo cattolico è caratterizzato questa frenetica forma di idolatria severamente vietata dal vecchio padreterno. Ci consola il fatto che nell'orgia di statue e immagini varie suscitate dal sacro, spesso i nostri artisti han trovato l'ispirazione per raggiungere vette altissime per cui gran parte del nostro patrimonio artistico, che molti ci invidiano, lo dobbiamo proprio allo scippamento del secondo comandamento biblico.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)