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giovedì 2 dicembre 2010

Il tragico suicidio di Mario Monicelli

Per evitare la Tortura Obbligatoria di Fine Vita, voluta da un clero cattolico sadico e dai suoi chierichetti politici, il grande laico Mario Monicelli a 95 anni si è suicidato, buttandosi dal quinto piano dell’ospedale San Giovanni di Roma.

Il celebre regista, sofferente e senza speranza di una vita decente e con la certezza assoluta di dover subire le più inaudite torture previste dall'accanimento terapeutico imposto in Italia per ordine del Vaticano e vedersi il corpo seviziato da cannule, sonde, tubicini, e altri infernali aggeggi allo scopo di protrarre senza fine la sua agonia, non ha esitato a compiere un gesto estremo e violento per chiudere al più presto la partita.

Solo questo è possibile in Italia dove non si può ricorrere all'eutanasia, cioè ad una morte indolore e dignitosa, consentita nei Paesi dove esiste la libertà di decidere con autodeterminazione laica, del nostro corpo, della nostra salute e della nostra vita. Solo a questo deve ricorrere per por fine alla sua desolazione chi, come Monicelli, riteneva che “La vita non è sempre degna di essere vissuta; se smette di essere vera e dignitosa non ne vale la pena”.

Una chiara sfida, la sua, ai fanatici del movimento cosiddetto “pro-vita” che in questi giorni si scalmanano scompostamente per imporre, per legge, a tutti i malati terminali il più spietato accanimento terapeutico in nome di un dio crudelissimo e sanguinario, inventato da Mosè e imposto agli israeliti come totem tribale.

C’è una asimmetria assoluta tra la richiesta dei fautori dell'eutanasia e le pretese dei cosiddetti “pro-vita”.

I primi chiedono che ai malati terminali sia garantita la libertà di scelta sulla propria vita, senza sognarsi di imporla e neppure di suggerirla agli altri compagni di sventura.

I secondi, all’opposto, pretendono di costringere tutti, con la forza del braccio secolare della legge, a condividere la propria. Se la decisione di ciascuno sulla propria vita fosse garantita, come dovrebbe essere in qualsiasi Paese che si dichiari civile e che sbandieri il principio della eguale dignità fra le persone, non sarebbero mai esistiti in Italia un “caso Welby” e un “caso Englaro”.

Ma, purtroppo, da noi, vige la saharia cattolica che vieta le libertà civili, umane e democratiche.

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)