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lunedì 1 febbraio 2010

Gesù era un esseno? (“L'invenzione del cristianesimo”) 18

Molti studiosi sono concordi nel riconoscere Gesù come un esseno e hanno preso atto che le coincidenze tra lui e gli esseni sono manifeste e numerose.

Entrambi predicavano la penitenza, la povertà, l’umiltà e l’amore per il prossimo, ed erano in aspro conflitto con la società ufficiale e perseguitati dai sacerdoti di Gerusalemme. Però gli esseni non conoscevano l’amore per i nemici, anzi coltivavano odio nei loro confronti e in questo parrebbero diversi da Gesù e i primi cristiani. Ma non è così.

Quando nei Vangeli si dice di amare i nemici e di porgere l'altra guancia ci si riferisce ai nemici personali, cioè a quelli che vivono nell'ambito della comunità, non mai ai nemici esterni, a quelli cioè del popolo d'Israele, come gli oppressori romani, e tanto meno ai nemici di Jahvè, i pagani in genere. Tutti costoro dovevano essere odiati e sterminati senza pietà, come aveva ordinato Mosè.

Nessun giudeo, per quanto mansueto, avrebbe accetto questo tipo di perdono, e invece di porgere l'altra guancia ad un oppressore romano gli avrebbe vibrato una pugnalata nella schiena, come facevano gli zeloti ai quali, come vedremo, appartenevano Gesù e i suoi apostoli. Il rigoroso pacifismo di Gesù, inteso in senso universale, fu aggiunto a posteriori ai Sinottici, quando la Chiesa ellenizzata soppiantò quella messianica dei giudei e si aprì ai gentili.

La setta degli esseni viveva a Qumran sulle rive del Mar Morto, in uno dei luoghi più inospitali della Palestina e aveva come punto ideologico fondamentale l'aspettativa ansiosa, quasi febbrile, dell'imminente liberazione d'Israele dalla sottomissione religiosa e politica al potere straniero e pagano e la restaurazione del Regno di Dio, cioè del Regno terreno di Jahvè.

Ma oltre alla restaurazione politica, gli esseni perseguivano anche quella religiosa che implicava una applicazione attenta e rigorosa della Bibbia, una considerazione assoluta verso le classi più povere e diseredate d'Israele e la punizione di tutti quegli israeliti (sadducei, scribi e i farisei) che si erano resi colpevoli di empietà e di connivenza coi nemici (romani).

La loro utopia era l'instaurazione di una nuova comunità imperniata sulla perfetta uguaglianza sociale, la povertà intesa come scelta di vita, l'esaltazione degli umili e degli oppressi (vedi Giuseppe Flavio e Filone Alessandrino). Infatti, gli esseni avevano adottato la comunità dei beni e praticavano una vita ascetica, improntata al lavoro e allo studio e vissuta in lieta povertà.

Ma essi non si limitavano solo a pregare e a studiare la Bibbia. Da quanto apprendiamo dal Rotolo della Guerra, si preparavano ad uno scontro militare apocalittico e risolutivo. Tenendo conto che Qumran distava appena una trentina di chilometri, in linea d'aria, da Gerusalemme, e che molti personaggi influenti della città e della Palestina coltivavano segretamente gli ideali messianici javisti, si può ipotizzare che quella specie di santuario, come viene oggi chiamato ogni rifugio insospettato di terroristi, fosse un luogo d'incontro dei vari gruppi che complottavano contro i romani e aspettavano l'avvento del regno di Dio, per opera di un Messia, insignito del potere divino.

Al tempo di Gesù, infatti, l'attesa messianica e la tensione escatologica avevano raggiunto l'apice massimo, e zeloti e sicari erano diventati una continua minaccia per i romani e gli ebrei collaborazionisti e causa di frequenti focolai di rivolta, come ci documenta Giuseppe Flavio.

Alcuni studiosi come C. Roth, G. R. Driver e R. Eisenman, che analizzarono a fondo il fenomeno esseno, sono unanimi nell'ammettere che il sito di Qumran, nel periodo fra la morte di Erode e la guerra coi romani del 70, si era trasformato in un santuario zelota. Per S. Brandon (Gesù e gli zeloti, Rizzoli, Milano, 1983).era diventato addirittura il quartier generale di quel movimento, e là i suoi membri vivevano in forma semimonastica e clandestina. Per Giuseppe Flavio (Storia dei Giudei, 10, 5) Qumran era un covo di veri e propri terroristi che fomentavano rivolte a ritmo continuo.

Infatti, di tutte le regioni conquistate da Roma, la Palestina è stata quella che ha procurato all'Impero le maggiori ribellioni e ha subito le più feroci rappresaglie. Sono state necessarie, come vedremo in seguito, due aspre guerre, culminate con la distruzione totale di Gerusalemme e di gran parte della Palestina, e la diaspora (cioè la dispersione degli ebrei nelle varie parti dell'Impero) perché Roma potesse risolvere radicalmente la questione giudea, una volta per tutte.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)