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domenica 16 gennaio 2011

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 51

Si trovò in una stanza ampia, avvolta da una fitta coltre d'incenso e, in gran parte, immersa nella più completa oscurità. A causa del buio, non riuscì subito a scorgere gran che, ma ebbe nitida l'impressione di essere entrato in un piccolo tempio. Infatti, appena abituata la vista, scorse, nella parete di fondo, una statua in pietra verde raffigurante, a grandezza naturale, un uomo accovacciato sulle gambe incrociate.

Aveva il cranio rasato e gli occhi a mandorla e pareva sorridere impercettibilmente. Gli ricordava stranamente uno dei personaggi misteriosi che avevano fatto parte della carovana. Molte piccole lampade, sparse sul pavimento, baluginavano fiocamente, creando riflessi inconsueti. Si avvicinò incuriosito. Che Dio strano, pensò tra sé.

"E tu chi sei?" disse una voce femminile che proveniva da un lato della sala.
Colto di sorpresa, Davide si volse spaventato da dove proveniva quella voce. Intravide, a fatica, una figura seduta. A poco a poco riuscì a metterla a fuoco. Era una donna vestita di una semplice tunica, seduta per terra nella stessa posizione della statua, cioè, a gambe incrociate. Nonostante indossasse un abito dimesso, intuì che si trattava di un personaggio importante. Non riuscì però a coglierne con chiarezza i lineamenti del volto.

"Mi chiamo Davide", rispose sottovoce. "Non sono un ladro, anche se sono entrato nella casa furtivamente. Cerco una persona."
Ma non poté aggiungere altre parole perché si sentì afferrare da due possenti braccia e trascinare con forza fuori della stanza. Non oppose resistenza.
"Come sei riuscito ad entrare, miserabile accattone!" disse con visibile irritazione una delle due guardie, quando furono nel salone. "Appena sarai al cospetto del nostro capo, rimpiangerai di essere nato".

"Un momento" disse la medesima voce femminile che proveniva dal tempietto. Le guardie si fermarono ossequiose in attesa di ordini. Subito usci una giovane donna la cui bellezza pareva esaltata dal modesto vestiario che indossava. Si pose davanti al prigioniero per osservarlo.
"Ma io ti conosco" fece dopo qualche istante. "Dove mai ti ho visto?" disse tra sé.
"Mia nobile signora" rispose Davide rinfrancato, "ti ho venduto il profumo cretese a Scitopoli".

La signora scoppiò in una risata. "Ora ricordo" disse divertita. "In quell'occasione sei stato un po' sfrontato ma n'è valsa la pena; mi hai venduto un ottimo prodotto. Non è, per caso, che ti sei introdotto qui per vendermene dell'altro?" continuò ironica. " Ah, no, dimenticavo; hai detto che cercavi qualcuno. Sappi mio giovane amico che io so chi è quel qualcuno, o meglio, quella qualcuna che tu cerchi".
E senza lasciargli il tempo di rispondere ordinò alle guardie di lasciarlo libero perché sapeva chi era e chi cercava.

Le guardie mollarono la stretta e si ritirarono in disparte. Allora la giovane signora proseguì: "Mi sembri sorpreso per quanto ti ho detto. Ebbene, ti spiegherò ogni cosa. Tu cerchi Nefer, la mia ancella preferita ed anche la mia migliore amica e confidente. Vedi: quando sono venuta in Galilea al seguito di mio padre, lei voleva accompagnarmi per tentare di rivedere un suo vecchio amico di nome Davide col quale aveva trascorso gli anni più belli della sua infanzia. Appena, poco fa, hai detto il tuo nome, ho compreso tutto. Certo, non immaginavo di averti già incontrato".

"Sono molto felice che tu sia venuto a ritrovare Nefer" proseguì con un dolce sorriso sulle labbra "ma non puoi certo presentarti a lei in questo stato. Sai, è una persona importante adesso. Pensa che mio padre voleva fame la sua favorita, tanto è bella, dolce e saggia. Ma io mi sono opposta. O la sposi o la lasci a me, gli ho posto come alternativa. Il ruolo di favorita la sminuirebbe troppo. Non è detto, però, che non la sposi! Comunque, non immagini quanto sarà felice di rivederti.

"Mi ha parlato spessissimo di te. Mi ha detto perfino, ed io non stento a crederlo, che è per merito tuo se è sopravvissuta alla sua tristissima infanzia".
Davide silenzioso e commosso ascoltava le parole gentili della donna senza riuscire, proprio lui che aveva sempre un eloquio facile e sicuro, a trovarne di sue degne di una risposta.

Alla fine però si rinfrancò e disse con un fare un po' troppo ossequioso: "Mia nobile signora, che il Dio, davanti al quale eri raccolta in preghiera, ti colmi d'ogni benedizione per la tua bontà e grandezza d'animo. Ma sappi che non intendo abusare della tua ospitalità e che, non appena avrò rivisto e, se lo permetti, riabbracciato, la mia vecchia amica, non ti recherò più alcun disturbo e me n'andrò".

"Falla finita con l'espressione affettata: la mia nobile signora" rispose pronta l'egiziana. "Chiamami semplicemente Kabila. In quanto al Dio davanti al quale, tu dici, stavo pregando, precisiamo che non è affatto un Dio, ma un semplice mortale come tutti noi. E poi non stavo pregando ma semplicemente meditando. Tutte cose che tu, per il momento, non puoi capire ma che, se lo riterrai opportuno, ti spiegherò volentieri quando me ne darai l'occasione.

E, infine, non fare inutili pietismi tirando in ballo il disturbo che mi potresti arrecare con la tua visita perché, ti ho fatto ben capire fin da subito, io sono molto felice quando posso rendere felice la mia cara Nefer. Ma non perdiamo altro tempo prezioso. Fra poco arriverà la tua vecchia amica e non intendo farti trovare da lei conciato in questo modo".

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)