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domenica 23 gennaio 2011

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 52

E, senza attendere un'ulteriore risposta da parte sua, mandò una guardia a chiamare la sua vecchia nutrice perché provvedesse immediatamente a dare al nuovo ospite un aspetto decoroso. Costei lo condusse nelle terme della casa, costituite da molte stanze lussuose e provviste di vasche, piscine, spogliatoi, enormi armadi pieni di oli profumati e di essenze e letti per i massaggi.

Uno stuolo di inservienti, d'ambo i sessi, si precipitò a prendersi cura di lui. Fu subito spogliato, immerso in una vasca d'acqua calda, lavato ben bene, risciacquato e rilavato con acqua profumata, quindi depilato e massaggiato con unguenti profumati di essenze.

Due giovani nubiane si presero quindi cura dei suoi pedi e delle sue mani lavorando di forbici e di pietra pomice. Quindi un barbiere provvide a ridurre al minimo, secondo il costume egiziano, la barba e i capelli. Infine gli si presentò una specie di grasso eunuco che reggeva in mano un cofanetto con dentro bistro, belletti, ciprie, creme, lacche ed altre diavolerie per il trucco del viso e delle mani.

Alla vista di quegli oggetti, per lui quasi ripugnanti, Davide ebbe un moto istintivo di rifiuto che fece trasalire il povero eunuco.

Il quale, con gran pazienza, cercò, inutilmente, però, di convincerlo a farsi manipolare il viso. Da ultimo desistette, essendosi anche lui convinto che il viso del giovane che aveva davanti era così naturalmente espressivo da non abbisognare d'altro. Allora gli fu fatta indossare una splendida tunica dai bordi azzurri e gli fecero calzare morbidissimi sandali di capretto.

Quando alla fine fu portato davanti ad un grande specchio, Davide stentò a riconoscersi. Insomma, in meno di un'ora era stato trasformato radicalmente, tanto che se Giuda lo avesse visto per la strada non lo avrebbe riconosciuto affatto e chiunque lo avesse incontrato, avrebbe supposto di trovarsi di fronte ad un alto dignitario di corte.

"Splendido!'' esclamò Kabila appena se lo vide davanti.
Era seduta in un divanetto tappezzato di seta azzurra nel saloncino del suo appartamento privato: "Ora sì che posso far venire la mia dolce Nefer" continuò soddisfatta.

"Bada che non sospetta minimamente di niente e perciò brucio dal desiderio di veder la sua reazione quando ti si troverà di fronte a te. Io mi nasconderò qui dietro" fece con occhi maliziosi, "per assistere inosservata al vostro incontro. Guai a te se mi tradisci, facendole notare la mia presenza!"

E stava per sedersi in un angolo nascosto della stanza, quando si fermò, come se avesse dimenticato qualcosa, e tornò da lui per infilargli un anello di brillanti all'anulare sinistro.

Davide ebbe un moto istintivo di rifiuto. Non aveva mai portato quella roba e non sentiva nessuna attrazione per essa. Ma Kabila gli fece capire che si trattava di un prestito per la circostanza. Quindi si sedette nell'angolo e mandò a chiamare Nefer.
Passarono alcuni minuti che per Davide, ma anche per Kabila, parvero molto lunghi.

Finalmente la guardia, che era all'esterno, aprì la porta e introdusse la giovane. Davide subito, stentò a riconoscerla, tanto era cresciuta in statura e in bellezza, ma i suoi occhi... quelli li riconobbe immediatamente. Si erano fatti ancora più dolci ed espressivi e davano al suo volto un aspetto di raffinata nobiltà e d'ineffabile spiritualità.

Era, naturalmente, elegantissima e aveva un trucco appena accennato che faceva risaltare ancor di più lo splendore della sua bellezza, l'espressività del suo sguardo e la sua capigliatura d'ebano.

Diede a Davide uno sguardo superficiale perché era ansiosa di trovare la sua padrona. Rimase delusa non scorgendola e allora si rivolse a quello sconosciuto per chiedergli qualcosa. Ma, appena ebbe diretto lo sguardo su di lui, si bloccò, come fosse rimasta fulminata da un'apparizione improvvisa, sbiancò in viso e, alzando il dito disse balbettando dall'emozione: "Ma tu sei Davide, il mio dolce fratellino".

E, scoppiando in un pianto di gioia, corse ad abbracciarlo. Le loro lacrime si mescolarono in quella loro immensa felicità. L'abbraccio durò a lungo, scosso dai singulti di Nefer e di Davide che, con la mano, le accarezzava i capelli. Quindi si sciolsero e si fissarono negli occhi.

"Come hai fatto a trovarmi ?" chiese lei, asciugandosi con le mani le lacrime.
"Sono tornato nel nostro cortile e la vecchia Ruth mi ha detto che eri qui. Sono entrato di nascosto in questa casa e quasi subito le guardie mi hanno sorpreso ma Kabila mi ha salvato", rispose lui quasi d'un fiato.

"Kabila ?" esclamò Nefer sorpresa. "Ora capisco!"
E, girato lo sguardo attorno alla stanza, vide finalmente la sua padrona e corse ad abbracciarla.

Kabila era molto commossa per l'incontro cui aveva assistito e per la felicità che leggeva negli occhi dei suoi amici. Ma era anche molto curiosa di sapere come Davide aveva fatto a violare l'impenetrabilità della sua casa.

Ormai era ora di pranzo e allora propose di sedersi in giardino per il pranzo e di farsi raccontare da lui, tra una portata e l'altra, gli ultimi avvenimenti che lo riguardavano.

Egli raccontò, fin nei dettagli, le astuzie che aveva usato per intrufolarsi nella villa e per sviare le attenzioni delle guardie, suscitando nelle due donne una grande ilarità. Si era subito stabilita tra i tre una straordinaria intimità. Davide e Nefer avevano la sensazione che i molti anni di separazione non fossero mai trascorsi e che la loro vita si fosse sempre svolta una accanto all'altra. Ma la cosa più stupefacente era che anche Kabila aveva la stessa sensazione e che sentisse di aver conosciuto Davide da sempre.

Egli raccontò poi come aveva trascorso la vita a Cana e si soffermò sull'episodio che lo aveva costretto, in un certo qual modo, a lasciare la sua famiglia, suscitando grande interesse e viva approvazione.

Non parlò delle frequenti apparizioni del vegliardo, o del daimon come lo aveva chiamato Mordekai, e del fatto che lo sentiva spesso vicino a sé, come uno spirito guida, né di quanto era venuto a scoprire a proposito della sua nascita. Considerava questi argomenti troppo intimi e riservati.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)