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domenica 6 febbraio 2011

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 54

Rimasti soli, Kabila spiegò a Davide che la statua attorno alla quale avevano meditato non era quella di un Dio ma di un saggio dell'oriente chiamato Buddha. Forse era lui l'Illuminato cui si riferiva Ciù Quo.

Davide a sentire il nome Buddha si ricordò immediatamente di Callisto, il filosofo greco che aveva viaggiato con lui nella carovana e che importunava tutti con la sua logorrea. Era stato lui a fargli conoscere per la prima volta quel nome come quello di un nuovo Dio.

Essendo rimasto molto affascinato da quanto aveva imparato dal maestro orientale, Davide espresse il desiderio di ripetere l'esercizio della meditazione per almeno qualche giorno. Poi avrebbe ripreso il suo vagabondare con Giuda fino a quando non avesse esaurito le sue esperienze, come aveva consigliato Ciù Quo. Non disse però che anche la voce del vegliardo, il suo daimon, gli aveva fatto capire la stessa cosa.

Si convenne che avrebbe alloggiato per alcuni giorni nel palazzo, ospite di Kabila. Ma c'era il problema di Giuda. Davide non se la sentiva di lasciarlo solo in una città sconosciuta e caotica della quale, per di più, ignorava totalmente la lingua.
Kabila non aveva alcun problema ad ospitare anche lui nella sua immensa casa. Così fu subito preparato un cocchio, guidato da un gigantesco nubiano, che portasse Davide nella taverna a prelevare il suo amico.

Quando Giuda, che era appena rientrato dal quartiere ebraico e cominciava a sentirsi inquieto per il mancato rientro di Davide, se lo vide arrivare su un cocchio lussuoso e vestito come un nobile egiziano, per poco non svenne dalla sorpresa. Appena si riebbe, volle subito sentire quello che gli era capitato.

Quasi quasi non voleva credere al suo racconto ma il ricco abbigliamento e il cocchio non ammettevano dubbi. Ascoltò con sorpresa la proposta di essere ospitato, anche lui, nella villa di Kabila ma la scartò subito. L'idea di vivere, sia pure per pochi giorni, in un ambiente così lussuoso, lo intimidiva fino all'angoscia.

E poi aveva anche lui una bella sorpresa. Nel quartiere ebraico aveva fatto ottimi affari, soprattutto col profumo d'Antiochia, e aveva conosciuto una vedova giudea che lo aveva ospitato per il pranzo e si era dichiarata disponibile anche per la cena e la notte, avendolo trovato molto attraente.

Le piacevano i tipi grassi, ricciuti e villosi come lui perché li riteneva sessualmente molto virili. Si sarebbe trasferito armi e bagagli da lei nel quartiere ebraico, dove non aveva problemi di lingua, fino il giorno della partenza. Davide, a malincuore, dovette accettare la sua decisione ma promise che tutte le sere sarebbe venuto a trovarlo.

Rientrato in villa cenò con Nefer e Kabila in un'atmosfera di dolce intimità. Si trovavano in un giardino meraviglioso, fresco e profumato, circondato da un silenzio riposante, rotto soltanto dallo zampillio di centinaia di fontanelle.

Conversarono fino ai tarda sera, ognuno raccontando episodi del passato e cercando di scoprire i legami misteriosi che li univano. Si faceva sempre più forte in loro l'impressione di essere da sempre vecchi amici e di aver avuto, in un lontanissimo passato, straordinarie avventure in comune.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)