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domenica 20 febbraio 2011

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 56

Dopo il tramonto, Davide chiese di far visita al suo amico nel quartiere ebraico della città. Fu prontamente esaudito. Arrivò sul cocchio lussuoso guidato dal nubiano e suscitò gran meraviglia in tutto il quartiere. Non fu difficile trovare Giuda perché era già diventato popolare presso le donne della zona a causa del suo prodigioso profumo d'Antiochia. Peccato, dicevano amareggiate, che ormai era già del tutto esaurito.

La vedova Naomi, presso la quale si era sistemato Giuda, all'inizio si mostrò piuttosto imbarazzata ad ospitare nella sua casa un personaggio così importante e non sapeva come comportarsi. Ma Davide, coi suoi modi gentili e affettuosi, la mise subito a suo agio. Dopo aver abbracciato Giuda, che trasudava gioia da tutti i pori della pelle, abbracciò anche lei e si sedette con loro accettando un po' di vino e della frutta.

Si divertì un mondo a farsi raccontare dall'amico lo strepitoso successo del profumo d'Antiochia e dell'accorrere di donne da tutti i quartieri vicini, disposte a spendere qualsiasi cifra per averlo. Lo consideravano alla stregua di un potente afrodisiaco e più di una andava raccontando che, con quel prodigioso profumo, aveva riconquistato i favori del marito distratto.

Passarono assieme un paio d'ore allegre e serene e Davide trovò che la vedova Naomi era una donna meravigliosa, piena di buon senso e di spirito, e che, anche se non bella, era molto affascinante e simpatica. Sarebbe stato un partito ideale per Giuda. Era vedova da qualche anno e soffriva molto della sua solitudine perché non aveva figli. Il marito le aveva lasciato un'eredità più che discreta e, grazie alla sua gestione oculata, poteva vivere con agiatezza.

Aveva avuto più di una proposta di matrimonio ma, accorta com'era, aveva subodorato da parte dei pretendenti più interesse per il suo denaro che per la sua persona. In Giuda aveva trovato l'uomo dei suoi ideali: fisico prestante e vigoroso, molto villoso e virile, animo appassionato e sincero e, cosa altrettanto importante, uomo abile e scaltro negli affari.

Ma Giuda difficilmente avrebbe accettato di stabilirsi definitivamente in Egitto. Il suo sogno era un poderetto fiorito e una casetta sul lago di Tiberiade. Comunque, non c'erano decisioni immediate da prendere e intanto egli stava trascorrendo giornate meravigliose.

L'indomani Davide espresse il desiderio di visitare la biblioteca della città, considerata la più importante del mondo per la quantità e la qualità delle opere che racchiudeva, e il suo desiderio suscitò l'interesse e la curiosità anche di Kabila e di Nefer che, cosa veramente incredibile, ancora non aveva avuto l'occasione di conoscerla.

Fu invitato anche Ciù Quo che espresse subito vivissima riconoscenza per quest'invito e fece capire che il motivo principale per cui aveva accettato di trasferirsi ad Alessandria era proprio quello di poter accedere a quell'importante tempio della sapienza.

La presenza di Kabila sarebbe stata indispensabile, a causa dell'enorme influenza che esercitava la sua famiglia, per poter entrare in tutti i più angusti recessi dell'edificio e poter consultare qualsiasi opera, anche la più preziosa e rara.
Seduti su di un cocchio dall'aspetto regale, e seguiti dalla scorta armata, i quattro giunsero davanti all'imponente edificio che racchiudeva tutta la sapienza del mondo.

Accolti con gran deferenza dal maestro della biblioteca, che appariva molto lusingato di far gli onori di casa alla figlia del grande sceicco, amico intimo del faraone, furono introdotti in tutte le sale del maestoso edificio, annesso al palazzo reale, e invitati a consultare liberamente, fra le centinaia di migliaia, le opere di loro gradimento.

Davide e Ciù Quo rimasero impressionati dal perfetto sistema di classificazione dei rotoli che consentiva un rapido e sicuro accesso all'opera desiderata. C'erano molti studiosi nelle sale, intenti a consultare quell'immenso materiale conoscitivo e a trascriverne parte per proprio conto.

C'era anche, ma Davide se l'aspettava, il filosofo greco Callisto, interamente affogato in un mare di rotoli che andava consultando febbrilmente. Ci volle un bel po' per attirare la sua attenzione. Quando alla fine si decise, con disappunto, di alzare gli occhi letteralmente incollati su un antichissimo testo persiano, prima li strabuzzò sbalordito, poi, con un amabile sorriso corse ad abbracciare sia Davide che Ciù Quo. Aveva del tutto perso la sua aria di provocatore e d'attaccabrighe e pareva immerso in una perfetta beatitudine.

Disse che benediceva il giorno in cui aveva deciso di trasferirsi ad Alessandria e che stava trascorrendo i momenti più felici della sua vita. "Qui" concluse, "s'inala sapienza ad ogni respiro".

La visita durò parecchie ore. Ciù Quo riuscì a trovare antichi testi, scritti in un linguaggio sconosciuto a tutti ma che lui riusciva perfettamente a capire, che parlavano di Buddha. Ne rimase affascinato e decise che già dall'indomani avrebbe cominciato a trascriverli e magari a tradurli in egiziano.

Kabila, tutta presa dalla scoperta di quel tempio della cultura che fino allora aveva ignorato, per non dire snobbato, si ripropose di tornarci spesso, accompagnata da un paio di scribi della sua casa, per far loro ricopiare alcuni rotoli che l'avevano particolarmente colpita.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)