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mercoledì 23 febbraio 2011

Nonostante le forti interferenze dell'”Avvenire” e del sindaco di Alassio, don Luciano Massaferro è stato condannato

Il tribunale di Savona, dopo circa due ore di camera di Consiglio ha condannato don Luciano Massaferro a sette anni e otto mesi di reclusione, 190 mila euro di risarcimento alla vittima e alla madre, interdizione perpetua dai pubblici uffici e di conseguenza interdizione perpetua a fini educativi.

Don Luciano, 46 anni, parroco di San Giovanni e San Vincenzo di Alassio, in provincia di Savona, era stato arrestato nel 2009 con l'accusa di molestie sessuali nei confronti di una chierichetta di 11 confermate dai medici del Gaslini di Genova, dove la bambina era stata ricoverata all’epoca della violenza subita. Il fatto merita alcune considerazioni.

All'arresto del sacerdote nel 2009 e al rifiuto del magistrato inquirente di concedergli la libertà provvisoria, il giornale dei vescovi l'”Avvenire” si era scagliato violentemente contro la Procura con argomentazioni chiaramente assurde e false accusandola di aver proceduto “all’arresto di un sacerdote, che sembra essere condannato di un reato infamante, prima ancora che le indagini siano terminate”.

In realtà la Procura non aveva pronunciato nessuna condanna ma solo avviato delle indagini che si rivelavano fortemente indiziarie. Poi l'Avvenire aveva denunciato che: “Sulle locandine alle edicole, sui quotidiani nazionali e locali, sui siti internet e social network più diffusi sono scorsi, in questi giorni, titoli strillati a mo' di sentenze con rito accelerato”, con ciò volendo disconoscere, ipocritamente, che un reato tanto infamante, come quello di cui era accusato il sacerdote, non facesse scalpore, non provocasse scandalo e indignazione nell'opinione pubblica.

Infine, il giornale tingendosi d infame cinismo, di abietta disumanità, magari cattolica ma per niente cristiana e ancor manco evangelica, si era scagliato senza carità contro l’unico soggetto realmente debole, l'unica vittima di questa storia, la giovane chierichetta liquidandola frettolosamente e senza indugi, come una visionaria, come soggetta a fantasie definite “ricorrenti in casi di degrado ambientale e morale”. Una insinuazione così sprezzante da sconfessare i più elementari principi della dignità umana.

Anche il vescovo di Imperia e Albenga, monsignor Mario Olivari, in polemica con la magistratura, aveva letto in chiesa un documento in difesa del sacerdote e il sindaco di Alassio, Marco Melgrati (Pdl), aveva dichiarato: «tutto si fonda solo sulle parole di una bambina facilmente suggestionabile» e che si era «fatto di don Luciano un mostro».

Di fronte a comportamenti così arroganti e sprezzanti della Chiesa e di certi politi nei confronti della giustizia e delle vittime della pedofilia dobbiamo riconoscere amaramente che se un prete in Italia viene accusato di abusi sessuali, la Chiesa. il vescovo, i politici e il popolo bue lo difendono a spada tratta perché è prassi convenuta che i preti non devono mai essere inquisiti e tanto meno condannati.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)