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domenica 22 maggio 2011

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 68

Si alzò dalla pietra su cui era seduto e s'inginocchiò sulla sabbia, posandosi sulle calcagna. "Fin dal nostro ultimo incontro", riprese, " le tue parole sul perdono di Dio, esteso a chiunque lo implorasse, mi avevano roso dentro come un tarlo, mi avevano fatto sentire ingiusto verso tutti gli ebrei che erano al di fuori della nostra comunità. La fede cieca, che io riponevo nelle parole del Maestro di Giustizia, riusciva a tranquillizzare la mia coscienza.

"Ma in realtà i dubbi crescevano di giorno in giorno ed io ero in preda a continue angosce. Finché il nuovo papiro mi aprì gli occhi e mi fece pienamente convinto della giustezza del perdono universale. Allora tentai di discuterne in seno alla comunità. Invano, tutti erano sordi, restii, infastiditi. Finché ebbi chiaro il sentore che a Qumran non ero più gradito, perché in odore di eresia. Me n'andai subito, senza rimpianti. Ed ora eccomi qua, sulla riva del Giordano, ad incitare tutta alla penitenza e al pentimento".

Fece un attimo di pausa, come a prendere fiato. Il suo viso si era fatto serio e grave, quasi preannunciasse qualcosa di triste.
"Devo far presto", riprese, "perché sento, vicina, la morte. Sto dando fastidio a molti. Gli ipocriti del Tempio non sopportano chi dice la verità, chi disturba la loro indifferenza e il loro quieto vivere. Per non parlare di Antipa e di Erodiade. Darebbero l'anima al diavolo per vedermi morto. Ma hanno paura del popolo. Ancora per poco però. Ma io..." e un mesto sorriso aleggiò sul suo viso scarnificato, "io non temo la morte, non temo più niente. Voglio soltanto portare a termine la mia missione: scuotere la coscienza della gente".

Si fermò per qualche attimo, poi, volgendosi a Davide, ancora tutto assorto nelle parole che aveva appena udito, gli disse amabilmente: "E tu, dove sei stato per tutto questo tempo? Molti ti hanno cercato ma sembravi svanito nel nulla" .
"Sono rimasto sempre in un'oasi del deserto, a molte centinaia di leghe da qui, nella terra dei Caldei", rispose egli, dopo alcuni attimi di riflessione. Sembrava un po' restio a voler parlare di sé.
"Sono stato ospite di una comunità di saggi che provengono da terre molto lontane. Ho trascorso il tempo nello studio e nella meditazione".

"Su che cosa verteva la tua meditazione?" fece Giovanni incuriosito.
"Le risposte che ti darò ti sembreranno tutte strane e assurde" ammise Davide con un sorriso appena ironico, per non offendere Giovanni.
"Per cominciare, la meditazione che praticavo ogni giorno per molte ore aveva come scopo il nulla, il vuoto, l'assenza d'ogni pensiero".
"Cosa ?" esclamò Giovanni, sbarrando gli occhi.

"E inoltre la religione che ho imparato, se religione si può chiamare, non ha niente a che vedere né con quella nostra né con quella dei gentili".
"Le tue parole mi stanno riempiendo di stupore e d'incredulità" fece Giovanni visibilmente emozionato. "Di che si tratta, esattamente".

"Non è facile a sintetizzarsi in poche parole, ma ci proverò, anche se presumo faticherai molto a comprendermi, tanto ti parrò assurdo e, forse, blasfemo. Per cominciare, questa religione non ammette nessun Dio personale a somiglianza del nostro Jahvè o del Giove dei gentili o di qualsiasi altra divinità dei nostri giorni. Dio è una forma di pensiero universale, una specie di coscienza cosmica che tutto comprende. Tu, io, la pulce, il granellino di sabbia che calpestiamo, il sole che in questo momento c'illumina e così via, tutto è Dio. Siamo tutti particelle di Dio.

"Ma non lo sappiamo e non lo sapremo ancora per molto tempo, forse per millenni. Abbiamo ancora una lunga e faticosa evoluzione da compiere prima di arrivare a questa forma di conoscenza. Perché, non di una conoscenza intellettuale e razionale si tratta ma di una consapevolezza spirituale e morale, chiamata illuminazione. Soltanto quando saremo arrivati a quello stadio, cominceremo a conoscere la vera realtà, non quella parvenza di essa che vediamo ora e che ci sembra graniticamente autentica. Per arrivare a tanto bisogna, come hai detto tu, scuotere le coscienze, seminare nuovi valori, insegnare all'uomo a vivere rettamente nel pensiero, nelle parole e nelle azioni.

"Il pensiero è la cosa più importante perché è la fonte di ogni bene e di ogni male. È quello che suscita in noi le passioni negative come l'odio, il disprezzo, i desideri; o ci provoca il sentimento d'indegnità che può portarci all'autodistruzione, alla credenza delle possessioni del demonio. Il male non c'è. Se ci fosse sarebbe la negazione di Dio. Quello che noi chiamiamo male è soltanto un momento evolutivo doloroso, che ci è dato per crescere nello spirito. Non c'è nemmeno il peccato, il castigo, il fuoco eterno ed altre cose del genere. E nemmeno l'espiazione. Soltanto evoluzione e autoconsapevolezza, come frutto di esperienze sofferte o gioiose.

"Perché per crescere abbiamo bisogno di soffrire ma anche di gioire. Infine, nemmeno il diavolo esiste, o meglio, esiste solo dentro di noi, come conseguenza della nostra condotta negativa e della disistima o rimorso che essa suscita in noi, del vuoto di valori che avvertiamo perseguendo il piacere, dell'incapacità di dare uno scopo alla nostra vita".

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)