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lunedì 9 gennaio 2012

Il falso Jahvè (Genesi e involuzione del monoteismo biblico). L'adozione di Mosè. 55


Secondo Reinhold (Die Ebraischen Mysterien), Mosè – che aveva davanti agli occhi il fallimento della riforma religiosa di Akhenaton a causa dell'incapacità del popolo egizio di capirla – non poté sic et sempliciter annunciare ai suoi rozzi seguaci "il pensiero più sublime che sia mai stato espresso", per usare le parole di Kant (Critica della facoltà di giudizio pag. 110). 

Avrebbe voluto dire incappare in un altro irreparabile fallimento, in quanto era impensabile che un popolo come quello ebraico – incolto, abbrutito e indurito, come occorre supporre che fosse dopo molti anni di oppressione e di lavori forzati - potesse avvicinarsi a un così sublime concetto del divino.

La rozzezza di quel gruppo ancora informe che lo seguiva costrinse quindi Mosè ad una serie inimmaginabile di compromessi e di sotterfugi. 

Non potendo fare appello alla ragione dei propri seguaci, si vide costretto a rivolgersi ai loro sensi. Dovette anzitutto esigere fede e obbedienza cieca, e ricorrere alle punizioni corporali anche le più spietate.

 E, per dare credito alle sue promesse, dovette adattarsi a tutti i trucchi della magia che aveva appreso durante il suo tirocinio inferiore (Origene, op. cit., III, pagg. 5-8) e compiere davanti agli occhi dei suoi seguaci molteplici prodigi.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)