Visualizzazioni totali

domenica 29 gennaio 2012

Peccato e redenzione. Com'era visto il peccato nel Vecchio Testamento. 42


Il massimo peccato che il popolo ebraico poteva commettere e che Jahvè, secondo la Bibbia, avrebbe punito con carestie, malattie, sconfitta politica, resa in schiavitù e perfino distruzione dell'intero popolo, era quello di adorare altri dèi oltre Jahvè.

Era un peccato gravissimo nel quale Israele cadeva spesso e i profeti non si stancavano di ripetere che tutte le sciagure che accadevano continuamente al loro popolo erano la giusta punizione divina per il peccato di idolatria.

Una colossale fandonia perché gli eventi storici ci hanno dimostrato che Israele ha sofferto i momenti più dolorosi e drammatici della sua storia proprio quando, in seguito alla riforma di re Giosia, aveva raggiunto il massimo rigore religioso.

Quindi all'apice della religiosità è corrisposta la più immane delle catastrofi, cioè l'annientamento della nazione ebraica e la schiavitù a Babilonia. Evidentemente il dio biblico era soltanto un inetto totem tribale.

Dal momento che, come abbiamo visto, l'ebraismo riteneva che alla morte l'anima di ognuno cessava di vivere assieme al corpo e ogni rapporto era chiuso con Jahvè, non era ammissibile per esso un aldilà positivo o negativo, conseguente al fatto che l'anima era immortale. 

 Quindi veniva esclusa la necessità di una redenzione divina che riscattasse l'anima dal peccato di Adamo e la portasse alla felicità eterna, come invece proclamerà il cristianesimo fondato da Paolo di Tarso.

Sarà infatti il cristianesimo ellenistico-pagano di Paolo (non quello giudaico dei cosiddetti apostoli), che, inventando l'immortalità dell'anima, trasformerà completamente l'ebraismo e porrà la necessità di una redenzione divina.

Nessun commento:

Posta un commento

Benvenuti nel mio blog

Questo blog non è una testata giornalistica, per cui lo aggiorno quando mi è possibile. I testi sono in regime di COPYLEFT e la loro pubblicazioni e riproduzioni è libera purché mantengano lo stesso titolo e venga citando il nome dell'autore.

I commenti possono essere critici, ma mai offensivi o denigratori verso terzi, altrimenti li cancello. Le immagini le pesco da internet. Qualche volta possono essere mie manipolazioni.

Se volete in qualche modo parlare con me, lasciate la richiesta nei commenti, vi contatterò per e-mail. Dato che il blog mi occupa parecchio tempo, sarò laconico nelle risposte.

Se gli argomenti trattati sono di vostro interesse, passate parola; e, se site studenti, proponeteli al vostro insegnante di religione. In tal caso fatemi sapere le risposte che avete ottenuto. Grazie.

Lettori fissi

Archivio blog

Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)