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venerdì 11 maggio 2012

I valori non negoziabili di Santa Romana Chiesa.



 La Chiesa cattolica ha dedotto dal suo dio, derivato dal totem tribale biblico Jahvè, tutta una serie di assurdi principi morali, chiamati pomposamente “valori non negoziabili”, e li ha contrabbandati per  legge naturale onde poterli imporre a tutti i cittadini, anche a i non credenti che li considerano le parti più infondate e bischere della morale cattolica.

I principali di essi, ripetuti come un mantra dagli ecclesiastici, sono tre e riguardano il sesso, il matrimonio e la sacralità della vita. Sono palesemente la negazione di ogni diritto civile e umano e hanno l'unico scopo di negare all'uomo ogni anelito di libertà e di felicità, per cui sono condivisi sempre meno dalla stragrande maggioranza della popolazione. Appunto per questo la Chiesa, coartando la nostra classe politica ad essa appecorata (che costituisce, purtroppo, la maggioranza), tenta in tutti i modi di imporli come legge di Stato, trasformando ogni peccato in reato o, quando ciò non è possibile, frapponendo mille ostacoli alla loro violazione.

Per quanto riguarda il primo, riferito alla sfera sessuale, un buon cattolico, seguendo questo principi, deve uniformarsi a regole rigidissime. Se è omosessuale deve praticare l'assoluta castità e ignorare per sempre il sesso. Se è etero non deve praticare sesso fuori del matrimonio, non può far uso di contraccettivi, perché il sesso è finalizzato solo alla riproduzione, deve interrompere ogni rapporto coniugale in caso di gravidanza conclamata (sennò il sesso non più procreativo diventa peccaminoso), deve anche, per lo stesso motivo, interrompere ogni rapporto in menopausa, e, infine, deve escludere l'aborto, anche quello terapeutico. Una castità quasi monacale, quindi impossibile a praticarsi al giorno d'oggi.

Per quanto riguarda il matrimonio, questo deve essere religioso e indissolubile. Siccome però, questo tipo di matrimonio sta ormai riducendosi ai minimi termini (matrimoni civili, divorzi, coppie di fato e convivenze sono una maggioranza in continua crescita), la Chiesa, nel tentativo di impedire le nuove realtà familiari che stanno nascendo, ostacola qualsiasi legge che preveda il divorzio breve (costringendo molte coppie a recarsi all'estero per ottenerlo in tempi non biblici, come accade oggi), e impedisce il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, che ormai superano i matrimoni.

Ma è soprattutto quanto riguarda la sacralità della vita che spinge la Chiesa a contrastare, quasi con ferocia, l'autodeterminazione della nostra salute, del nostro corpo e della nostra vita. Per essa la sofferenza, subita nel massimo degrado fisico e morale e protratta nel tempo con l'ausilio di strumenti di tortura, quali: canule, ventilatori, sonde e altri mostruosi aggeggi, è un obbligo divino per ottenere la nostra autoredenzione, perché sofferenza e dolore producono la salvezza eterna.

Così, rinnegando quella sensibilità comune ad ogni essere umano che distingue la vita puramente biologica da quella biografica (consistente di relazioni e sentimenti), la Chiesa, in base ai suoi valori non negoziabili, rinnega il principio che quando la vita biografica diventa intollerabile, come nelle malattie terminali, possa essere presa in considerazione l’eventualità di concedere, a chi lo vuole fermamente, di porre termine alla vita biologica. Ad essa non importa che il 70% della popolazione italiana ritenga che “quando una persona ha una malattia incurabile, e vive con gravi sofferenze fisiche, è giusto che i medici possano aiutarla a morire se il paziente lo richiede”.

Ma non si limita solo a questo. In base al concetto antiscientifico che la vita è data dal battito cardiaco e non, invece, dall'attività cerebrale, la Chiesa impone di tenere in vita artificialmente, anche per decenni, quanti sono vittime di un coma irreversibile. Si tratta di corpi ridotti ad un ammasso di cellule puramente vegetative, tenute in vita meccanicamente applicando la nutrizione forzata, ma facendo soffrire le più atroci torture ai congiunti che devono assistere, per anni, un corpo degradato e privo di ogni dignità, dichiarato dai medici psichicamente morto. Una mostruosità che solo una religione disumana può concepire.

Facendo passare per valori sacri “non negoziabili” l’intero armamentario clericale di dottrine, principi e precetti pseudomorali che non scaturiscono dal Vangelo e tanto meno da leggi naturali ma da consistenti residui del potere temporale e dal suo sempre più oppressivo oscurantismo medioevale, la Chiesa ai suoi fedeli, ma anche ai sempre più numerosi non credenti, impone, con fine sadismo, tanta inutile e disumana sofferenza.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)