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giovedì 17 maggio 2012

L'invenzione del cristianesimo. Processo di Paolo. 115


A Cesarea, Paolo rimase due anni, in una specie di blanda prigionia, sotto i procuratori Felice e Festo. Il processo fu celebrato poco dopo l'arrivo di quest'ultimo e alla presenza del re Agrippa II e della sorella Berenice. 
 
L'avvocato Tertullo, che patrocinava il sommo sacerdote contro Paolo, accusò l'apostolo di essere il capo di un gruppo di agitatori. "Abbiamo scoperto che quest'uomo è una peste, fomenta continue rivolte tra tutti i giudei che sono nel mondo" (Atti 24,5). 

La fama di Paolo, fomentatore di disordini, era quindi conosciuta da tutti. Comunque Paolo si difese con maestria dichiarando che era stato incriminato dal sinedrio soltanto a motivo della sua chiamata da parte di Gesù risorto. Ma si guardò bene dal riferire che aveva gettato la Legge alle ortiche per i cristiani gentili e perfino per gli ebrei che si convertivano alla nuova dottrina. 

Festo, non ravvisando colpe a suo carico, gli propose la scarcerazione e il trasferimento a Gerusalemme. Ma Paolo, ben sapendo che in quella città lo avrebbero immediatamente ucciso, in qualità di cittadino romano si appellò a Cesare, cioè all’imperatore, da Paolo definito "autorità istituita da Dio, cui tutti dovevano obbedienza” (Romani 13,1-2). E così ebbe salva la vita e fu trasferito a Roma, come desiderava.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)