Eccone alcuni. L'Eurispes ci rileva che mentre nel 2006 l'87,8% degli Italiani si professava cattolico e il 29% praticante, nel 2010 queste percentuali erano scese al 76,5% al 24,4%.
Il Censis a sua volta rileva che nel 2011 solo il 65,6% affermava di credere in Dio e, sempre nel 2011, il Norc Institute della University of Chicago riduceva al 41% gli Italiani credenti senza esitazione. Tutte cifre molto lontane da quel 96,55% di “cattolici” secondo l’Annuario Pontificio Vaticano. Il Censis nella ricerca “I miti che non funzionano più” del 28 giugno 2011, constata il declino della religiosità e e della sua pratica nel quotidiano e scrive: “E’ chiara l’impossibilità per i sacerdoti di incidere su processi di scelta individuale ormai massificati, così come del resto stentano a fronteggiare le ondate di secolarizzazione nella quotidianità, l’estraneizzazione dalla religiosità e dai luoghi di culto”.
La partecipazione ai riti religiosi è un altro indicatore molto importante della religiosità di una società. Una ricerca molto interessante a questo proposito è stata fatta dai professori Massimo Introvigne e PierLuigi Zoccatelli, del Centro Studi sulle Nuove Religioni, entrambi cattolici impegnati.
I due studiosi,coadiuvati da circa 200 volontari, hanno svolto un’indagine nella diocesi di Piazza Armerina, in Sicilia, che conta circa 220 mila abitanti, rilevando che le presenze e le comunioni nelle 320 messe celebrate in tutta la diocesi arrivavano ad interessare appena al 18,5% della popolazione, in conformità alla percentuale rilevata dal Censis a livello nazionale.
Un altro dato importante della religiosità in calo è la percentuale di matrimoni religiosi ai quali la Chiesa tiene talmente tanto da considerare scomunicati (quindi esclusi dai sacramenti) tutti i cattolici che sono al di fuori di essi (sposati civilmente, divorziati, conviventi ecc....). In questo caso le cifre dell’Istat non lasciano spazio ad interpretazioni. Nel 2005 su 100 matrimoni 67,2% erano religiosi, nel 2006 questa percentuale è scesa al 66,0%, nel 2007 al 65,4%, nel 2008 al 63,2% e nel 2009 al 62,8%. Ma nel 2012 in molte regioni i matrimoni civili superano quelli religiosi senza contare le unioni di fatto che sono oltre un milione. Un tracollo.
Tutti costoro, la grande maggioranza quindi, sono fuori della Chiesa e cattolici per modo di dire. Altre percentuali confermano la secolarizzazione galoppante e fanno emergere un Paese sempre più indipendente dalla dottrina della Chiesa.
L’Eurispes ha pubblicato lo scorso gennaio il “Rapporto Italia 2012” dal quale emerge che il 65,8% degli italiani è favorevole all’istituzione del testamento biologico, il 58% approva l’introduzione della pillola abortiva Ru486, e una maggioranza plebiscitaria, l’82,2% chiede l'introduzione del divorzio breve. Tutte richieste in aperto contrasto con quanto ci impone il Vaticano ma che i nostri politici codardi e asserviti fingono di non vedere.
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