Visualizzazioni totali

domenica 27 maggio 2012

n nomine Domini 16


Durante il ritorno, la Senatrice, molto favorevolmente colpita dall'atteggiamento riservato e rispettoso di Simone, lo interrogò con discrezione sullo strano comportamento di Teocrazio e venne così a conoscere la stravagante e sotto certi aspetti incredibile storia di quel personaggio.
Simone spiegò che al suo arrivo nel monastero, circa un decennio prima, questo era veramente un luogo di austerità e di preghiera e non esisteva il reparto delle monache e dei trovatelli. Teocrazio vi giunse poco dopo, raccomandato dal vescovo Damazio che lo aveva ordinato diacono, e subito si fece notare per la sua straripante facondia che dava l'impressione di una vasta e solida cultura. Il suo comportamento all'inizio fu estremamente corretto e destò una benevola impressione. Ma, a poco a poco, tutti si accorsero che sotto la sua parlantina sciolta e accattivante c'era il vuoto assoluto. Infatti era completamente analfabeta e, all'infuori delle preghiere più elementari, non aveva alcuna preparazione religiosa e celebrava i riti sacramentali in modo stravagante e biascicando formule incomprensibili. Cominciò ben presto ad assentarsi dal monastero per scopi apostolici, come dava ad intendere. Invece si recava nei villaggi vicini a predicare agli abitanti, con toni apocalittici, terribili castighi divini se al monastero non venivano offerte le primizie dei raccolti e il bestiame più scelto. Cominciarono così ad arrivare offerte di ogni genere portate da contadini terrorizzati: frutta, verdura, cereali, pollame, pecore, capre e maiali. La vita dei monaci, imperniata sulla preghiera, la penitenza e il digiuno, ne fu sconvolta. I più austeri e rigorosi di essi tentarono, invano, di ribellarsi, poi decisero di abbandonare il monastero. Ma furono subito rimpiazzati da monacastri reclutati da Teocrazio, per zelo missionario, come diceva lui. Nel giro di qualche anno il monastero divenne irriconoscibile. Ormai Teocrazio dominava su tutto e su tutti. Arrivò a vantarsi di essere di origine nobile e affermare che il suo nome discendeva da un'antica casata patrizia. In realtà se l'era inventato lui. Non tardò a farsi strada la verità sul suo conto e si venne così a sapere che era il figlio di un porcaio del luogo il quale, trovandolo insofferente al lavoro dei campi, lo aveva messo al servizio del vescovo Damazio finché costui, non potendone più delle sue angherie, lo aveva scaricato ordinandolo diacono.
Le cose precipitarono quando nel monastero giunsero delle ragazze incinte che erano state cacciate, per vergogna, dai loro genitori. Teocrazio, che forse le aveva segretamente contattate, col pretesto che il Vangelo predicava di soccorrere i bisognosi, le accolse premuroso e le ospitò in un'ala del monastero resasi libera per l'abbandono dei monaci. Le avrebbe redente, spiegò a quanti erano titubanti per quell'iniziativa. I monacastri reclutati da Teocrazio non tardarono a fraternizzare con le giovani. Fu allora che anche Simone il Siriano, seguito dagli ultimi vecchi monaci rimasti, si allontanò del monastero, nonostante le minacce di Teocrazio, che non accettava di buon grado la loro defezione.
Rimasto assoluto padrone del campo, senza più controlli e critiche, Teocrazio completò la sua opera trasformando il monastero in un autentico lupanare. Allo scopo stipulò un patto con una certa Sigonia, detta la Monachessa, tenutaria del più importante bordello di Roma, mediante il quale le meretrici che lavoravano da costei, rimaste incinte, venivano ospitate nel monastero per sgravarsi e poi poter riprendere il loro mestiere. L'amicizia con Sigonia, donna potentissima a Roma perché amica dei nobili e dell'alto clero, garantì a Teocrazio la più grande protezione e la massima impunità.
Il buon Simone, che non conosceva la dama che l'ospitava nella sua carrozza, concluse il suo discorso dicendo che ormai la Chiesa era giunta alla completa perdizione a causa della corruzione del papato e dell'alto clero. Marozia, alla quale il monachello era risultato subito simpatico, alla conclusione delle sue parole annuì con un sorriso malizioso.

Nessun commento:

Posta un commento

Benvenuti nel mio blog

Questo blog non è una testata giornalistica, per cui lo aggiorno quando mi è possibile. I testi sono in regime di COPYLEFT e la loro pubblicazioni e riproduzioni è libera purché mantengano lo stesso titolo e venga citando il nome dell'autore.

I commenti possono essere critici, ma mai offensivi o denigratori verso terzi, altrimenti li cancello. Le immagini le pesco da internet. Qualche volta possono essere mie manipolazioni.

Se volete in qualche modo parlare con me, lasciate la richiesta nei commenti, vi contatterò per e-mail. Dato che il blog mi occupa parecchio tempo, sarò laconico nelle risposte.

Se gli argomenti trattati sono di vostro interesse, passate parola; e, se site studenti, proponeteli al vostro insegnante di religione. In tal caso fatemi sapere le risposte che avete ottenuto. Grazie.

Lettori fissi

Archivio blog

Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)