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sabato 12 maggio 2012

Quarta ed ultima visita a Gerusalemme (“L'invenzione del cristianesimo”) 111


Accompagnato da Luca, il presunto autore degli Atti e del Vangelo omonimo, da Timoteo, da Tròfimo di Efeso e da alcuni discepoli di Cesarea, Paolo giunse a Gerusalemme nel periodo della Pentecoste. Perché tanti testimoni, per di più di origine pagana, per un rito di espiazione che avrebbe dovuto essere riservato ai soli ebrei? Forse perché Paolo voleva che i suoi compagni si rendessero conto che lui era una vittima e toccassero con mano la perfidia dei giudei. Ma anche perché voleva, di proposito, provocare i suoi accusatori.

La narrazione in Atti dell'incontro di Paolo con Giacomo e gli anziani (di Pietro non si fa cenno, sicuramente deceduto nel frattempo), è gravida di tensione e di sospetto. Essa riporta le gravi accuse rivolte a Paolo durante i suoi viaggi missionari riguardo il superamento della Legge e l'abolizione della circoncisione da parte dei cristiani ellenisti e perfino degli stessi giudei convertiti. Giacomo, infatti, così lo apostrofa: ".....hanno sentito dire di te che vai insegnando a tutti i Giudei sparsi tra i pagani che abbandonino Mosè, dicendo di non circoncidere più i loro figli e di non seguire più le nostre consuetudini", e conclude accusandolo di predicare “contro la legge e contro questo luogo (il Tempo) (Atti 21,21)".

Accuse gravissime per un ebreo che richiedevano una severa cerimonia di espiazione, da attuarsi secondo una rigida procedura: la rasatura e la lavatura del capo, il divieto per sette giorni di incontrare persone e cose che potessero contaminare in qualche modo il penitente (ad esempio, persone incirconcise), il versamento di una cospicua somma di denaro al Tempio per il sacrificio richiesto e un formale atto di sottomissione che testimoniasse pubblicamente la sua piena adesione all'ebraismo. Paolo, da dotto fariseo, la conosceva perfettamente, ma di proposito e in piena consapevolezza, decise di violarla per sancire definitivamente la sua rottura con la Chiesa di Gerusalemme. Ecco perché gli servivano i compagni che si era portato dietro.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)