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sabato 6 novembre 2010

Gregorio XVI e Pio IX i più irriducibili nemici delle libertà civili e democratiche (“L'invenzione del cristianesimo” 214

Nel 1832 Papa Gregorio XVI, un vero imbecille secondo il cancelliere austriaco Metternich, nella sua enciclica “Mirari vos” condannò, senza mezzi termini, “...quella sentenza assurda ed erronea, o, meglio, quel delirio (deliramentum), che la libertà di coscienza deve essere affermata e rivendicata da ognuno”.

L'anno successivo con l'enciclica “Singulari vos” lo stesso papa ribadì che le libertà civili e politiche erano incompatibili con la dottrina della Chiesa, soprattutto «quella pessima né mai abbastanza aborrita libertà di stampa», per concludere che solo col «freno della santa religione (cioè con l'oscurantismo) si mantiene la forza e l’autorità di ogni dominazione».

Non fu da meno Pio IX, l'ultimo papa teocratico, nemico acerrimo dell'Italia e degli italiani, che con bolle ed encicliche, emesse a raffica, tentò di ostacolare in ogni modo il riconoscimento del Regno d'Italia in Europa e nel mondo. Questo papa, con l’enciclica “Quanta cura” dell’8 dicembre 1864, proclamò, senza mezzi termini, che la democrazia distrugge la giustizia e la ragione.

A questa enciclica accluse anche il Syllabo, che condannava, come “errori dell’età nostra”, le più significative conquiste della civiltà, tra le quali, in primis: democrazia, razionalismo, liberalismo, matrimonio civile, libertà di pensiero e di coscienza e, ciliegina sulla torta, la teoria nefanda che la Chiesa non dovesse possedere uno Stato per diritto divino.

Fu, il suo, un disperato tentativo di riportare l’umanità indietro di due secoli, a prima dell’Illuminismo e della Rivoluzione Francese.

Nella sua allocuzione poi del 22 giugno1868, sempre questo papa funesto per noi italiani (beatificato dal papa polacco, nonostante l'opposizione di molti intellettuali cattolici che hanno considerato questa canonizzazione un affronto alle libertà democratiche e una sfida alla civiltà moderna) definì la Costituzione austriaca dell'anno precedente, nella quale tutte le associazioni religiose venivano equiparate e riconosciute dallo Stato, «una legge detestabile» (infanda).

Il capolavoro di questo papa, però. fu la proclamazione del dogma dell'infallibilità papale che fece inorridire la maggior parte degli Stati europei, alcuni dei quali protestarono per la protervia implicita nel fatto che con questa proclamazione, la figura di ogni pontefice diventava oggetto di una devozione che sfiorava l’idolatria e che, come ebbe e dire San Giovanni Bosco, metteva il papa al di sopra degli angeli e allo stesso livello di dio.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)