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giovedì 18 novembre 2010

Lo schiavismo (“L'invenzione del cristianesimo”) 224

Mentre Gesù, stando ai Vangeli, non giustificò la schiavitù in nessun passo, anzi tutto lo spirito della sua dottrina considerava gli uomini uguali e fratelli, la Bibbia ebraica permise agli ebrei di possedere schiavi, raccomandando però di acquistarli dagli stranieri (Levitico 25,44-46).

L’unica vera limitazione che Jahvè suggeriva, non per pietà ma per non danneggiare un bene così prezioso, era quella di non picchiarli così duramente da recar loro danno agli occhi o ai denti (Esodo 21). La Bibbia, inoltre, arriva a consentire ad ogni ebreo di vendere la figlia come schiava per motivi sessuali.

In pieno accordo con la Bibbia, ma in completo disaccordo con Gesù, Paolo predicò che ciascuno deve restare nella condizione nella quale si trovava e, se era schiavo, doveva rassegnarsi alla schiavitù (1Corinzi 7,20 sg.).

Non riteneva, dunque, la schiavitù un’ingiustizia, anzi la considerava una condizione naturale dell'uomo, tanto che nella Prima Epistola a Timoteo raccomandava agli schiavi cristiani di servire i padroni credenti con tanto più zelo, proprio in quanto cristiani (1 Timoteo 6,2).

Rifacendosi a Paolo, tutta la Chiesa antica ha energicamente scoraggiato e impedito le tendenze emancipatrici degli schiavi. La Prima Epistola di Pietro segue le stesse direttive e impone agli schiavi obbedienza, anche di fronte ai padroni crudeli e a dure punizioni corporali.

I Dottori della Chiesa del IV e del V secolo sono concordi nel riconoscere la validità della schiavitù. Ambrogio la definisce «un dono di dio» (Ambrogio, De paradiso 14,72), Giovanni Crisostomo prospetta per gli schiavi un aldilà più radioso dei loro padroni (Crisostomo, homelia 22), e Agostino ritiene la schiavitù fondata sulla naturale ineguaglianza degli uomini (Agostino, Ennarationes in psalmos 124,7).

Nei primi due secoli chiunque, anche gli schiavi, potevano ricoprire incarichi ufficiali nella Chiesa, ma nel 257 papa Stefano I proibì loro il sacerdozio e l'episcopato. I papi, divenuti fin dal V secolo grandi proprietari terrieri, si servirono di un gran numero di schiavi, che consideravano come «bene inalienabile della Chiesa», per coltivare i loro immensi latifondi, e altrettanto fecero molti monasteri

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)