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domenica 7 novembre 2010

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 43^ Puntata

Davide rimase impressionato dalla perfetta pulizia che regnava in tutto l'ambiente. Al termine del bagno ricevette una tunica fresca di bucato e sandali nuovi.

"Qui la più scrupolosa igiene personale è d'obbligo" spiegò Giuda. "Non ti sei accorto come tutti soffrivano a vederci sudati e polverosi? Ora, finalmente, ci troveranno presentabili. Prima di cena, tutti gli abitanti di questo luogo, dico tutti indistintamente, devono fare il bagno. È una delle regole fondamentali della comunità. Come quella che non si può portare due giorni la stessa tunica. Bagno e cambio della tunica avvengono quotidianamente".

"E hai notato come sono tutti d'aspetto bello e curato" intervenne Davide.

"Per forza" rispose Giuda con un po' di sarcasmo. "Se io volessi diventare un esseno, non mi accetterebbero. Sono brutto, tozzo, grassoccio e d'aspetto decisamente volgare. E per di più sono peloso come una scimmia. Tutte cose che qui non vanno.

"Prima di accettarti come novizio, cioè in prova per un periodo di due anni, oltre a richiederti qualità morali e intellettuali finissime, sulle quali non ci deve essere il ben che minimo sospetto, esigono anche un corpo perfetto e armonioso. Cioè: sano, asciutto, ben proporzionato, dalle movenze aggraziate e possibilmente glabro, o per lo meno, poco peloso.

"E questo non per capriccio ma perché gli esseni sono convinti che il corpo è il riflesso della bellezza interiore. Come a dire che io, che sono sgraziato fuori, sono anche sgraziato dentro. Mentre tu, che hai l'aspetto di un angelo, sei angelico anche nel tuo spirito. Cosa che nel caso tuo è senz'altro verissima". Davide non poté trattenere una divertente risata a commento dell'ultima affermazione dell'amico.

In quell'istante si sentì un rumore sommesso, simile ad un suono mormorato. Giuda avvertì che la cena era pronta e si avviarono verso una stanza molto ampia, che occupava gran parte dell'edificio.

Aveva grandi finestre, schermate dai raggi diretti del sole da un alto muro situato a qualche metro di distanza, ed era tutta avvolta in una penombra fresca e riposante. Tre tavole, nettamente separate, si aprivano a raggiera davanti ad un unico tavolo centrale. Non erano uguali per numero di posti. Quella di destra, ne aveva quasi il doppio di quella al centro, e quella a sinistra, ne contava appena una decina.

Nel più rigoroso silenzio, quasi scivolando sul pavimento, entrarono i membri della comunità, vestiti tutti della stessa tunica bianca. Qualcuno aveva ancora i capelli umidi per il recente bagno. Gli anziani si collocarono in piedi accanto alla tavola di destra, ognuno al posto prestabilito, con a fianco la ciotola e il cucchiaio di legno; nel centro i novizi, molto meno numerosi; e a sinistra, in una piccola tavola riservata agli ospiti, furono sistemati Giuda e Davide.

Il silenzio era tombale. Appena tutti ebbero preso posto, da una porticina entrò il vecchio Simone con incedere lento e maestoso. La lunga barba bianca e la canuta capigliatura, che scendeva sulle spalle come una criniera, gli davano un aspetto austero e solenne.

Era accompagnato da undici altri anziani che gli si posero ai lati sull'unica tavola posta davanti all'emiciclo. Con voce profonda iniziò la preghiera di ringraziamento al Signore e ogni sua frase veniva ripetuta sommessamente dall'assemblea. Poi si sedette e tutti gli altri lo seguirono.

Allora da più porte entrarono gli inservienti portando grossi vasi di terracotta pieni, quel giorno, di zuppa di quaglie e di cereali. Ognuno se ne serviva a volontà, versandola nella sua ciotola con un mestolo di legno. Davide la trovò deliziosa. Contemporaneamente furono portate a tavola grandi ceste di pane e caraffe di vino tagliato con acqua.

Appena tutti furono serviti, anche i cuochi si sedettero a consumare il pasto. A turno, tutti dovevano lavorare in cucina e servire i fratelli. Soltanto i più anziani n'erano esentati.

La cena durò circa un'ora perché tutti mangiavano con austera lentezza, quasi liturgicamente.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)