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sabato 17 marzo 2012

La crocifissione (“L'invenzione del cristianesimo”) 66


Sulla "via crucis" non c'è accordo tra i quattro Vangeli. I tre Sinottici ci dicono che Gesù era talmente provato dai maltrattamenti subiti dai soldati da essere incapace di portare il "patibulum", cioè l'asse sul quale doveva essere inchiodato. Fu necessario ricorrere all'aiuto di un tal Simone di Cirene.

Il quarto evangelista ci dice al contrario che fu Gesù a portare il patibulum. Luca, sempre il più fantasioso degli evangelisti, racconta che, strada facendo, Gesù si rivolse alle pie donne che lo seguivano affrante, per profetizzare loro la fine di Gerusalemme e le immani sciagure che avrebbero colpito Israele. Questo brano, conosciuto come "la piccola apocalisse" è una "prophetia post eventum" (aggiunta cioè a posteriori) in quanto allude chiaramente alla guerra combattuta nel 70 d.C. quando l'esercito di Tito, figlio dell'imperatore Vespasiano, attuò la distruzione di Gerusalemme. Una riconferma che i Vangeli cominciarono ad essere scritti dopo quel terribile evento.

Giunto sul Golgota, Gesù fu spogliato e inchiodato alla croce, pena riservata ai ribelli politici, assieme ad altri due che la tradizione ci tramanda come dei ladroni, cioè dei mascalzoni comuni. È l'ennesima frottola. Il testo greco li definisce "(dio lestas)" termine che Giuseppe Flavio usa per indicare gli zeloti, cioè i ribelli politici (i terroristi d'oggi). Erano quindi due correi rivoltosi, quasi sicuramente coinvolti in un atto di guerriglia anti-romana, e quindi crocifissi per ribellione politica.

Probabilmente erano i responsabili della sommossa e dell'omicidio raccontati dagli evangelisti a proposito dell'arresto di Barabba. Il comportamento verso Gesù di questi due ribelli crocifissi viene descritto in modo contraddittorio da Marco e da Luca. Per Marco entrambi lo insultarono. "E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano" (Marco 15,32). Per Luca, invece, uno di essi invitò sarcasticamente Gesù a salvare se stesso e loro, mentre l'altro si raccomandò a lui quando fosse entrato nel suo regno (Luca 13,39-43). Come si vede, le contraddizioni sono continue tra gli evangelisti.


A questo punto i romani, su ordine di Pilato, appongono sulla croce di Gesù il “titulum”, cioè la targa che doveva specificare il motivo della sua condanna. Svetonio e Dione Cassio ci hanno tramandato che il titulum era obbligatorio in ogni condanna a morte. In quello posto sulle croce di Gesù era scritto in tre lingue: aramaico, greco e latino (perché fosse alla portata di tutti): "Questo è il re dei giudei" (Luca 23,38).


Prova inconfutabile che Gesù veniva condannato per un reato esclusivamente politico, confermata anche dalle frasi di scherno pronunciate dai presenti all'indirizzo di Gesù morente: "Il re d'Israele scenda ora dalla croce perché vediamo e crediamo" (Marco 15,32).

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)