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venerdì 9 marzo 2012

La "muerte digna", ovverossia, la «morte dignitosa".


Si chiama “Liberi di morire. Una fine dignitosa nel paese dei diritti negati”, il libro di Carlo Troilo, pubblicato da Rubbettino che vuol essere una sorta di “agenda laica” sui diritti negati in Italia.
Per una ragione immediatamente connessa alle nostre vicende politiche gran parte del libro riguarda infatti le scelte di fine vita e, non a caso, il primo capitolo è dedicato alla questione del testamento biologico che in seguito ai casi di Piergiorgio Welby e di Eluana Englaro ha visto accendersi un drammatico conflitto ideale e politico tra le forze politiche, la Chiesa e l’opinione laica del nostro Paese, purtroppo minoritaria in Parlamento ma sempre maggioritaria in tutti i sondaggi.
L’autore ripercorre la storia e i precedenti del testamento biologico in America e in Europa mostrando come negli altri Paesi, con dibattiti e confronti civili, si sia giunti alla approvazione di leggi semplici e rigorose, ovunque rispettose del diritto di autodeterminazione, senza le ipocrisie, i tentativi di svuotamento e le limitazioni come stanno avvenendo in Italia per cui il testo approvato alla Camera ha trasformato una legge, che doveva introdurre il diritto al testamento biologico, in una legge contro il testamento biologico.
In particolare Troilo evidenzia anche il diverso atteggiamento delle gerarchie ecclesiastiche nei più importanti Paesi europei rispetto a quello delle gerarchie italiane.
Ad esempio il documento elaborato per i «cittadini cristiani» dalla Conferenza episcopale tedesca e dalla Chiesa luterana risulta lontanissimo dalla rigidità e dalla intolleranza della Chiesa italiana, fossilizzata nell'oscurantismo più assoluto. Il disegno di legge in approvazione in Italia sarebbe, quindi, un grave ulteriore arretramento dello stato delle libertà individuali nella nostra Repubblica.
E avverrebbe sia per le responsabilità indiscutibili di una maggioranza che, più per convenienza che per convinzione, ha scelto di piegarsi alle posizioni delle gerarchie ecclesiatiche; sia anche per le forti ambiguità che hanno contraddistinto il Partito Democratico che, anch'esso appecorato alla Chiesa, ha perso ogni slancio nella difesa dei diritti dei cittadini e soprattutto della laicità dello Stato.
Naturalmente è il problema dell'eutanasia quello che maggiormente interessa all'autore. Egli riconosce che a oggi l’eutanasia resta un fortissimo tabù ma che molti Paesi d’Europa sono avviati a giungere in tempi non lunghissimi a consentirne la legalizzazione: o con leggi apposite – come quelle dell’Olanda, del Belgio, del Lussemburgo e della Andalusia – o tramite una giurisprudenza evolutiva che evita di perseguire i casi di suicidio assistito (come è avvenuto e avviene in Gran Bretagna e in Svizzera).
Ed elenca, in modo convincente, le molte ragioni che militano in favore di questa soluzione, rilevando in particolare lo scandalo della eutanasia clandestina che coinvolge 1.000 suicidi l’anno.
Nella seconda parte del libro Troilo traccia una sorta di «agenda laica» sui «diritti negati», di cui le forze politiche – soprattutto quelle di opposizione – potrebbero giovarsi nella elaborazione dei loro programmi politici/elettorali, fino a oggi poverissimi e ambigui su tutte queste materie. Riguardano il divorzio, l’aborto e la contraccezione, la fecondazione assistita, le unioni di fatto, la disabilità e l’omofobia. Infine Troilo suggerisce l'idea di non usare più la parola «eutanasia» perché essa ha ormai assunto, almeno in Italia, una connotazione negativa e inquietante.
Fra le molte espressioni possibili, egli sceglie quella che dà il titolo alle leggi delle Comunità autonome della Andalusia e della Navarra: la muerte digna, la «morte dignitosa». Una formula che evidenzia l’aspetto della dignità di ogni singola persona, quella dignità cui pensavano i nostri costituenti quando scrissero, nell’articolo 32, che «la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Ciò in riferimento anche alla crescita dell’Alzheimer e delle malattie comparabili in Italia e nel mondo, su cui l’autore fornisce dati impressionanti.
La domanda che egli pone a se stesso e ai lettori è se non sia giusto prevedere che anche in questo caso ciascuno di noi possa dire, in un testamento biologico «vero»: «No, in quelle condizioni io non voglio finire, e perciò dico fin d’ora, essendo nel pieno delle mie facoltà mentali, che se dovessi essere colpito da quella malattia vorrei essere aiutato a morire con dignità». Cioè evitando ogni accanimento terapeutico e lasciando che la morte giunga secondo natura senza tramutare l’insindacabile diritto di morire in dovere di vivere a tutti i costi.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)