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lunedì 25 giugno 2012

Il falso Jahvè. Il Regno di Giuda 125


Abbiamo visto che la teologia che ispirò la Storia Deuterenomistica può essere riassunta in cinque parole: Patto, promessa, apostasia, pentimento e redenzione, usate nel libro dei Giudici per dimostrare che tutte le sciagure che avevano colpito Israele erano punizioni di Jahvè per la ricaduta del suo popolo nell'idolatria. Ebbene, anche l'interpretazione biblica dell'invasione del Regno del Nord da parte degli assiri fu squisitamente teologica.

Nei libri dei Re l'autore biblico passa in rassegna i re d'Israele uno per uno e li giudica negativamente, ripetendo, come in un ritornello, il re tal dei tali: "fece quello che era male agli occhi del Signore; non abbandonò i peccati di Geroboamo figlio di Nebat", per concludere che l'occupazione assira e la fine del Regno d'Israele furono decretate da Jahvè per punire gli scellerati re d'Israele dediti all'idolatria, mentre il Regno di Giuda era stato preservato dall'invasione perché la maggior parte dei suoi re erano stati virtuosi.

L'autore biblico si guarda bene dallo spiegare che Israele fu invaso e Giuda risparmiato perché l'impero assiro considerava Israele, con le sue ricche risorse e la popolazione produttiva, una preda straordinariamente più allettante del povero e arretrato Regno di Giuda. A lui non serviva produrre una storia oggettiva ma fornire la spiegazione teologica dell'avvenimento e soprattutto ammonire il popolo di Giuda a non subire la stessa sorte del regno fratello del nord disobbedendo a Jahvè.

Il movimento per l'unicità di Jahvè trovò nel re Ezechia, che regnò a Gerusalemme per ventinove anni, il suo primo e fervido sostenitore. Gli autori dei libri dei Re ricordano la sua ascesa al trono di Giuda, verso la fine dell'ottavo secolo a.C., come un evento epocale. Infatti, lo dichiarano un secondo Salomone e gli riconoscono di aver unito tutto Israele attorno al Tempio di Gerusalemme, di aver eliminato le bamoth e gli altri oggetti di culto idolatri. "Egli fece ciò che è retto agli occhi del Signore come aveva fatto David suo padre: soppresse le bamoth, spezzò le stele, abbatté le asceroth, e frantumò il serpente di rame che aveva fatto Mosè poiché fino a quel tempo i figli d'Israele gli offrivano profumi (incenso), e si chiamava Nechushtan" (2 Re 18,3-5).

Ezechia, con la sua riforma religiosa che restaurava la purezza e la fedeltà del culto a Jahvè, ritenne di aver restituito a Giuda la sua santità e di essersi riappropriato l'aiuto divino, come ai tempo della conquista della terra di Canaan.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)