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giovedì 28 giugno 2012

La distruzione del paganesimo (“L'invenzione del cristianesimo”) 150


Finché la Chiesa fu perseguitata invocò incessantemente la tolleranza e la libertà religiosa. Non appena però ebbe l'appoggio degli Imperatori divenne intollerante e persecutrice, arrivando al punto di annientare con la violenza tutti culti antichi pagani. Seguendo l'ordine del Dio ebraico Jahvè che nel Vecchio Testamento imponeva agli ebrei di travolgere gli altari dei pagani, di spezzare i loro templi, di bruciare le loro statue e di uccidere gli infedeli «fino all’ultimo uomo» (Deuteronomio 7,2 sgg.), la Chiesa trionfante costrinse i successori di Costantino ad attuare una feroce persecuzione contro coloro che non accettavano o mettevano in discussione la sua dottrina e contro la cultura e la religione pagana.

Già nel 325 Costantino (rinnegando l'Editto di Milano che concedeva libertà di culto ai cristiani ma anche a qualsiasi altra concezione religiosa) aveva cominciato a perseguitare i cristiani dissidenti, bollati come eretici (Nestorio, Ario e i Montanisti) e fatto bruciare pubblicamente le loro opere. Quindi si era accanito contro i filosofi Nicagora, Ermogene e Sopatro, e aveva mandato al rogo gli scritti del neoplatonico Porfirio, autore dell'opera monumentale "Contro i cristiani", in 15 libri, di cui è scomparsa ogni traccia. Da allora, per più di mille anni, filosofare divenne pericoloso e comportò la condanna per eresia che implicava l'esilio e la confisca dei beni. La repressione raggiunse il culmine sotto Teodosio I, che nel 380 proclamò il cristianesimo religione di Stato, e poi con Teodosio II e Valentiniano III che aizzarono i cristiani al saccheggio dei templi, all'esproprio dei loro beni e alla conversione coatta dei pagani, pena la condanna a morte e la confisca dei loro beni.

Sotto la guida del clero e soprattutto di monaci fanatizzati furono in breve distrutti innumerevoli templi pagani, che contenevano opere d'arte inestimabili. Alcuni di essi si salvarono trasformandosi in chiese. Nel 391 il vescovo Teofilo di Alessandria, dopo aver distrutto i templi della città, tra i quali quello importantissimo di Dioniso, organizzò con gli arredi e i simulacri sacri da essi prelevati, delle processioni blasfeme e irridenti e con l'accetta fece a pezzi, di sua mano, la statua colossale di Serapide, costruita da Briasse, grande artista ateniese (Socrate Scolastico, Storia della Chiesa 5,16).

Per di più questo vescovo fanaticamente convinto che la cultura pagana e laica fossero la negazione del cristianesimo, diede ordine di incendiare il Serapeo, la famosa biblioteca di Alessandria, e così tutto il sapere del mondo antico andò in fumo. Questa biblioteca conteneva, infatti, tutti i classici antichi egiziani, greci e latini, nonché rarissimi libri provenienti dall’India e numerosi manoscritti alchemici. Di somma importanza era l’intera opera di Manetone, il sacerdote egizio vissuto ai tempi di Tolomeo I e, secondo la tradizione, autore di una monumentale storia dell'antico Egitto, ricavata dagli archivi dei faraoni. Altrettanto famosi erano i testi del fenicio Moco, nei quali si parlava di teoria atomica e il favoloso Libro di Toth. (Sozomeno, Storia della Chiesa 7,15).

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)