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domenica 24 giugno 2012

L'enigma svelato 123


Il presbitero Demetrio, capo dei cristiani ellenisti di Damasco, conoscendo l'amicizia che univa Paolo a Giuda e Davide, invitò quest'ultimi ad una delle agapi fraterne del gruppo che si tenevano tutti i lunedì sera nella casa di un ricco cristiano di nome Eufrasio. Accettarono volentieri l'invito e furono accolti con grande rispetto. Sapevano che anche a Gerusalemme i cristiani giudei, dopo la preghiera nel Tempio, si riunivano per un pasto comunitario o agape fraterna durante il quale consumavano del pane e del vino, benedetti da Giacomo, fratello di Gesù, in uno spirito di fraternità e nel ricordo di Cristo.

 Sapevano anche che questo rito eucaristico derivava dagli esseni. Non vi avevano mai partecipato ed erano curiosi di conoscerlo. Scoprirono subito che il pasto eucaristico, istituito da Paolo in tutte le chiese da lui fondate, era molto diverso da quello praticato a Gerusalemme. Anzitutto consisteva in un vero e proprio pranzo, consumato in allegra fraternità. Solo al termine di questo subentrava il rito eucaristico. Il presbitero prendeva del pane e dopo aver reso grazie, lo benediceva e lo spezzava distribuendolo ai presenti dicendo: "Questo è il corpo di Cristo". Similmente prendeva del vino, lo benediceva e lo distribuiva dicendo: "Questo è il sangue di Cristo." E a conclusione della cerimonia, quando tutti avevano mangiato il pane e bevuto il vino dichiarava: "Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo vino, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga".

"Questo rito non ha niente a che vedere col pasto comunitario esseno" disse Davide mentre rientravano a casa. "È invece un vero rito teofagico simile a quello praticato nei culti di Attis, Adonis, Dioniso, Mitra ed Eracle, molto diffusi in tutta l'Asia Minore, soprattutto in Cilicia, patria di Paolo. Consiste nel sacrificare un toro ad uno di questi dèi e, mangiando la carne dell'animale sacrificato e bevendo un calice di vino simboleggiante il suo sangue, acquisire la natura salvifica dello Dio stesso. Con questo rito teofagico il cristiano, mangiando del pane e bevendo del vino, è convinto di nutrirsi del corpo e del sangue di Gesù. Un rito totalmente pagano che a Gerusalemme verrà considerato abominevole e blasfemo e di esclusiva invenzione paolina".

"Hai osservato un'altra cosa?" fece Giuda. "Non c'erano capelloni tra i seguaci di Paolo. Filippo e i suoi cristiani giudei non hanno preso parte al pasto comunitario. Significa che ormai sono diventate due chiese separate e forse nemiche".

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)