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venerdì 15 giugno 2012

La pseudomorale sessuale cattolica intende negare i più sani istinti che la natura ci ha dato.


Fin dai tempi di Paolo per la Chiesa il peccato più perverso è per antonomasia quello sessuale perché esprime al massimo la libertà individuale. Campando millantati divieti di origine divina, essa tuttora impone la criminalizzazione dei sani istinti che la natura ci ha dato, e vorrebbe finalizzare il sesso esclusivamente a fini procreativi, escludendo del tutto il piacere fisico, psicologico e affettivo che esso comporta. ritenendolo assolutamente interdetto da Dio in quanto il piacere è una cosa “brutta”, che va punita.

Le repressioni sessuali che di conseguenza impone al cristiano riguardano molti aspetti della vita sociale e vietano categoricamente i divorzi, le unioni di fatto, la libera convivenza, il matrimonio tra omosessuali, ogni forma di contraccezione, l'aborto, la procreazione assistita, l'uso per scopi scientifici delle cellule staminali embrionali, i rapporti sessuali protetti col preservativo onde evitare contagi e perfino l'educazione sessuale dei minori.

Arriviamo all'assurdo che un vero cattolico, durante l'intera vita matrimoniale, dovrebbe avere solo sporadici rapporti con la moglie perché, appena essa si rendesse conto di essere incinta, dovrebbe, come dice Sant'Agostino, sospendere ogni contatto sessuale fino al parto, in quanto cessando lo scopo procreativo, esso diventerebbe edonistico e quindi peccaminoso. Inoltre, dopo la menopausa, non essendo la donna più fecondabile, ogni rapporto coniugale dovrebbe cessare del tutto. E queste assurde proibizioni le attribuisce al suo Dio, visto come un guardone incallito che ficca il naso in ogni angolo del sesso.

Naturalmente, pur ottenebrata dalla sua sessuofobia, la Chiesa Cattolica conosce bene i problemi della famiglia odierna che, per sopravvivere, deve pianificare le nascite, e così per salvare capra e cavoli ha escogitato un metodo, assolutamente ipocrita, che si rifiuta di chiamare anticoncezionale per definirlo eufemisticamente “atto a evitare un concepimento”- come se cambiando le parole si arrivi a modificare la sostanza delle cose - che consente di coitare senza incollerire il Dio guardone, approfittando dei giorni in cui la donna è infeconda.

Per adottare questo metodo i coniugi si devono trasformare in ragionieri della fertilità, e con tanto di termometro, conoscenza del calendario e dell'aritmetica, applicare il metodo Billings o quello Rötzer (entrambi dettagliatamente spiegati dai parroci), per evitare le maternità indesiderate. Quindi niente chimica, o, più banalmente, qualche grammo di lattice, ma calcoli ragionieristici, perché il buon Dio, che a questo punto viene trattato da autentico citrullo, non s'incazzi al momento del coito. 

Ma per sant'Agostino, che in sessuofobia e in misoginia ha superato lo stesso Paolo ed è giunto a disprezzare la donna a tal punto da definirla, demenzialmente, un essere inferiore, creato da Dio non a sua immagine e somiglianza (mulier non est facta ad imaginem Dei), anche questi due metodi sarebbero esizialmente peccaminosi perché non finalizzati alla procreazione ma «per saziare la libidine».

Scrisse: «Mariti, vogliate bene alle vostre mogli, ma amatele nella castità. Insistete nelle opere della carne nella misura in cui è necessario per la procreazione. Dal momento che non è possibile generare figli in altro modo, dovete vostro malgrado, degradarvi perché è questa la punizione di Adamo».
Quindi per lui il sesso è aborrito come piacere e visto soltanto come degradato dovere procreativo.

A lui risale la condanna dei metodi di contraccezione che oggi la Chiesa, che ha fatto suoi tutti gli insegnamenti di Agostino, equipara ad autentici omicidi. Agostino li definiva «veleni della sterilità» e considerava le donne che ne facevano uso come le «meretrici dei propri mariti».

Sarebbe interessante conoscere quanti cattolici al giorno d'oggi riescono a seguire integralmente la morale sessuale imposta dalla Chiesa in pieno secolarismo dilagante. Forse basterebbero le dita di una mano per contarli.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)