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lunedì 13 settembre 2010

I dogmi mariani (“L'invenzione del cristianesimo”) 167

La madre di Gesù non fu mai oggetto di culto o di venerazione presso gli apostoli, né tanto meno per Paolo che nelle sue Lettere (i più antichi documenti del Nuovo Testamento), la considerò una “donna” come tutte le altre, dichiarando che Gesù era “nato da donna” (Galati 4,4) senza aggiungere altro.

Mai gli apostoli e Paolo, quindi, affermarono che la madre di Gesù fosse vergine e che suo figlio fosse stato concepito da seme divino. In un Vangelo siriaco assai antico, l’attuale versetto di Matteo 1,16 che recita: “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo”, recita invece “A Giuseppe, al quale la fanciulla era fidanzata, essa generò Gesù” (Nestle, Novum Testamentum graece et germanice, Matteo 1,16).

In base a questo antichissimo documento, quindi, Giuseppe è il padre di Gesù, Maria non è vergine e neppure sposata quando lo genera. Per noi, oggi Gesù sarebbe nato da una ragazza madre o da una coppia di fatto.

Matteo e Luca nell’annunciazione ci fanno sapere che un angelo informa sia Giuseppe sia Maria della prossima venuta di un figlio divino (Matteo 1,20 sgg.; Luca 1,26 sgg.) . Ma quando Gesù inizia la sua attività pubblica, Maria sembra ignorare del tutto le parole dell'angelo e, assieme agli altri suoi figli, tenta di ricondurre Gesù a casa con la forza, ritenendolo fuori di senno (Marco 3,20-21).

Tertulliano, di fronte ad un fatto così incredibile, rinfaccia Maria di non aver creduto al Cristo (Tertulliano, De carne Christi 7). Infatti quest’episodio ci fa comprendere che l’annunciazione è una favola posticcia. Fino al III secolo non solo si ignorava la perenne verginità di Maria ma tutti i Padri della Chiesa, come ad esempio Ireneo e Tertulliano, erano convinti del matrimonio effettivo di Maria e di Giuseppe.

La divinizzazione di Gesù, iniziata con Paolo e imposta per volontà di Costantino nel Concilio di Nicea del 325, determinò tutta una serie di implicazioni dottrinali, riferite a Maria, che, progressivamente, diedero inizio verso il IV secolo al culto mariano.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)