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lunedì 13 settembre 2010

Perché bruciare il Corano è un crimine.

Per un libero pensatore che nei secoli bui del cristianesimo sarebbe finito su rogo solo per aver scritto qualcosa che contraddiceva le favole o i dogmi dei preti e che oggi finirebbe impiccato nei paesi dove vige la sharia, la legge coranica, solo per mettere in dubbio l'esistenza di Allah, la libertà di pensiero e di stampa è il più sacrosanto dei diritti e dar fuoco a un libro, che è sempre espressione di un pensiero, vuol dire rinnegarla.

Mi riferisco al fatto che in una minuscola chiesa neo-protestante della Florida, che comprende appena una trenta fedeli, il pastore Terry Jones ha annunciato che brucerà alcune centinaia di Corani nella giornata di sabato 11 settembre 2010, in coincidenza con le date dell’anniversario degli attacchi terroristici, per denunciare l’Islam come «religione del male».

Gesto che potrebbe produrre violenti contraccolpi da parte del mondo musulmano e accrescere l'influenza di Bin Laden. S i tr atta quindi di un crimine religioso ma anche culturale. Perché tutti i libri hanno diritto di esistere anche se, come il Corano e la Bibbia, sono pericolosi per la loro ideologia che proclama che è giusto uccidere in nome di dio e imporre la fede con la coercizione.

La libertà di pensiero non conosce limiti. D'altra parte la Bibbia, il libro più sacro dell'Occidente, considerato rivelato da Dio e posseduto da ogni famiglia americana (che si limita, però, a leggerne solo le poche pagine virtuose) oltre ad essere un libro antistorico, pieno di contraddizioni, di incongruenze, di esagerazioni mitologiche, di episodi grotteschi, esilaranti e talvolta osceni, non contiene forse anche molte pagine di efferate crudeltà che ci riempiono di orrore, specie quando sono da attribuirsi alla diretta volontà divina?

Nella Bibbia, infatti, sono approvati e ordinati da Jahvè i delitti e le perversioni più efferati: lo sterminio di intere popolazioni (uomini, donne, bambini), ree di essere incirconcise o nemiche di Israele; la distruzione degli altari e delle statue delle altre religioni; le più efferate crudeltà contro i nemici vinti; lo stupro, l'infanticidio, il feticidio, l'incesto, la legittimità della schiavitù, la condanna a morte, la guerra civile e religiosa, la sottomissione della donna, la morale della maledizione, la lapidazione e molti altri delitti. Una vera «religione del male». Eppure, assieme al Corano, è il libro più esaltato del mondo.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)