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venerdì 24 settembre 2010

Il buco nero dello Ior

I due massimi responsabili della banca vaticana, il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi e il direttore generale Paolo Cipriani, sono indagati dalla Procura di Roma per violazione della direttiva Ue sulla prevenzione del riciclaggio.

L'iscrizione di Gotti Tedeschi e dell'altro dirigente nel registro degli indagati è legata al sequestro preventivo di 23 milioni di euro, provenienti dallo Ior, che si trovavano su un conto corrente aperto presso la sede romana del Credito Artigiano spa dei quali 20 milioni dovevano essere trasferiti alla JP Morgan Frankfurt e altri tre alla Banca del Fucino, omettendo di indicare le generalità dei soggetti per conto dei quali veniva eseguiva l'operazione.

Questo reato omissivo della norma antiriciclaggio del 2007 (che ha lo scopo di prevenire terrorismo e riciclaggio di capitali illeciti o mafiosi), se riconosciuto, viene punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa da 500 a 5000 euro.

L'indagine della Procura di Roma prende l'avvio dal fatto che dal 2003 la Cassazione ha attribuito alla giurisdizione italiana competenza sulla Banca vaticana e da quasi due anni sono in corso accertamenti su una decina di istituti di credito italiani in rapporti con lo Ior, per presunte irregolarità in materia di norme anti-riciclaggio.

“Questa inchiesta sull’ipotesi del mancato rispetto delle norme europee anti-riciclaggio è uno schiaffo in faccia alla politica di rinnovamento e all’operazione trasparenza tanto invocata da Papa Ratzinger” ha dichiarato Gianluigi Nuzzi, autore di “Vaticano s.p.a”, che racconta 50 anni di scandali all’ombra del cupolone, e fa comprendere che dopo quasi trent'anni di continue illegalità l'istituto di credito vaticano non è ancora del tutto bonificato e tuttora incombe su di esso l’eredità avvelenata di Marcinkus.

La sede dello Ior si trova all'interno delle mura vaticane in una suggestiva torre del Quattrocento, fatta costruire da Niccolò V, con mura spesse nove metri alla base. L'ingresso è una porta discreta, senza una scritta, una sigla o un simbolo, ma presidiata delle guardie svizzere notte e giorno.

All'interno si trova un solo sportello attraverso il quale passano immense e spesso oscure fortune che godono di due privilegi inestimabili: rendimenti superiori ai migliori hedge fund e la totale segretezza. Tutti i depositi e i passaggi di danaro avvengono con bonifici, in contanti o in lingotti d'oro e non lasciano traccia. Le stime più prudenti calcolano 5 miliardi di euro di depositi.

Più impermeabile ai controlli delle isole Cayman, più riservato delle banche svizzere, l'istituto vaticano è un vero paradiso fiscale in terra. Da sempre lo Ior è un buco nero in cui nessuno ha osato guardare fino in fondo.

Dal 1989, dopo l'allontanamento di Marcinkus e l'arrivo alla presidenza di Angelo Caloia, un galantuomo della finanza bianca, è stata tentata da quest'ultimo, e dal suo successore Gotti Tedeschi, una bonifica, sempre però osteggiata, sotterraneamente, dalle gerarchie vaticane disponibili ad ogni compromesso con tutta la Roma che conta, politica e mondana.

Ma anche col capitale mafioso. Basta entrare con un monsignore importante per poter aprire un conto segreto. La glasnost finanziaria iniziata da Caloia non è riuscita, quindi, ad impedire che l'ombra dello Ior venisse evocata in quasi tutti gli scandali degli ultimi vent'anni. Da Tangentopoli alle stragi del '93, alla scalata dei "furbetti" e perfino a Calciopoli. Fino ai nostri giorni.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)