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martedì 14 settembre 2010

L'UAAR premia “I baci mai dati”, il film in mostra a Venezia sulle Madonne-patacca.

Dopo "Lourdes" dell'anno scorso, quest'anno il premio Brian della UAAR (gli atei d'Italia) per il film più laico in mostra a Venezia, è andato a “I baci mai dati”, della regista italiana Roberta Torre. È un film sull'Italia dei miracoli, quella delle Madonne che lacrimano, e ci mostra, con ironia, come sia facile in Italia inventarsi una Madonna-patacca e costruirvi sopra un florido business.

La storia è ambientata in un quartiere di Catania, e ha come protagonista Manuela, una ragazza di tredici anni, costretta a vivere una vita grama e infelice in una famiglia disastrata, con un padre fallito e assente, una madre, ex miss quartiere, perennemente frustrata, e una sorella maggiore, molto procace, che si sta infilando in giri pericolosi.

Durante la giornata Manuela lavora come donna delle pulizie nel negozio di una parrucchiera che è anche la fattucchiera di fiducia del quartiere e imbastisce tarocchi. La sera, con la musica sparata nelle orecchie, silenzia le urla della madre, le liti col padre e lo scherno della sorella Marianna che attende l'amante di turno.

E' un'esistenza misera resa ancor più infelice per il fatto che la madre, troppo affannata alla ricerca di attenzioni maschili, non le manifesta affetto e attenzione. Finché una notte Manuela s'inventa che la Madonna, la cui statua si trova nello spiazzo antistante la sua abitazione, le è apparsa e le ha dato il dono di fare miracoli.

Viene creduta immediatamente e da quel momento la sua vita e di chi la circonda si trasforma radicalmente. Sua madre, snaturata e opportunista, si accorge di poterne fare un business. La veste da monaca e la costringe a improvvisarsi santa e a trasformarsi in una sorta di fabbrica della speranza.

Tutti accorrono alla sua casa e, con richieste drammatiche e bizzarre, invocano qualche grazia: chi di trovare l’amore, chi un figlio, chi “che il marito trovi un lavoro al supermercato sotto casa, turno dalle tre alle otto, che è il migliore” e, perfino, la vittoria del campionato di calcio della squadra locale. Finché Manuela, raggiunto lo stato massimo di stress e frustrazione, getta la maschera e fa cadere il palco.

Questo film ci mostra un'Italia dalle credenze e ingenuità diffuse, radicate nella cultura millenaria di un cattolicesimo imperniato sulla superstizione e la dabbenaggine e sulle ingenue speranze di un'umanità derelitta e infelice, perennemente alla disperata ricerca di qualcuno che sia disposto a soccorrerla nei suoi bisogni e che quindi diventa facile preda di qualsiasi imbonitore.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)