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domenica 19 settembre 2010

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 36^ Puntata

Giuda aveva l'aria d'essere molto soddisfatto. La sera prima aveva trascorso, col suo amico Eleazaro, alcune ore piacevolissime in uno dei più prestigiosi bordelli di Cafarnao, accompagnandosi ad una giovanissima e splendida fanciulla della Nuova Caledonia, piena di lentiggini e dai capelli color rame che, per poco, non l'aveva fatto svenire dal piacere e, di primo mattino, aveva convertito in sonanti monete d'oro quasi tutto il ricavato delle sue vendite, ad un cambio molto remunerativo. Ce n'era abbastanza per essere più che contenti.

"Questa volta ci dirigeremo a sud, verso Gerusalemme e il Mar Morto" fece appena si furono messi in cammino. "Faremo una piccola tappa a Gerusalemme e a Betania: Poi, da Gerico, costeggeremo per un po' la Strada dei Ladroni e ci porteremo in un luogo sperduto e senza nome, formato da poche e misere capanne, dove s'incontrano i predoni di tutta la Giudea, e ci riforniremo di un altro carico, a prezzi veramente convenienti".

"Ma tu comperi soltanto merce rubata ?" chiese Davide scandalizzato.
"Io compero dove si paga di meno e non rubo niente a nessuno" rispose Giuda un po' seccato. " E poi vendo a prezzi stracciati e faccio risparmiare alla gente".
"Sì, ma tenendo conto a quanto comperi, guadagni sempre più degli altri".

"Gli affari sono affari. L'unico principio cui mi attengo è che non voglio approfittare di nessuno; cioè, che non me la sento di imbrogliare. E, visto che siamo nel discorso, guarda che non mi sono dimenticato di te".
"Che intendi dire ?" fece Davide sorpreso.
"Che questo che vedi" e gli mostrò un borsello pieno di monete, "è la tua parte di guadagno, ma siccome tu sei schifato del denaro, lo darò ai tuoi, passando per Cana".

Davide non rispose, come se il caso non fosse suo, e s'immerse nei suoi pensieri. Aveva molto cui pensare e continuava incessantemente a rimuginare quanto gli aveva detto il vecchio Mordekai. Si sentiva frastornato e confuso e capiva che non gli sarebbe stato facile, dopo quel traumatizzante colloquio della sera prima, mettere ordine nei suoi pensieri. Giuda subodorò qualcosa.

"Quel vecchio matto di Mordekai non ti avrà mica strizzato il cervello?" fece ridacchiando. "Certo che è un uomo strano!" continuò come borbottasse tra sé e sé. "Non capisci quasi niente di quello che dice perché parla per enigmi. Tu ci hai capito qualcosa?"

"Non è difficile capirlo" fece Davide seriamente, "è molto difficile accettare quello che dice. Le sue idee sono assolutamente rivoluzionarie e del tutto fuori del nostro tradizionale modo di pensare. Comunque è un uomo straordinario, forse unico".
"Vedi quante cose interessanti stai imparando con me !" disse Giuda soddisfatto.

Questo era vero e rientrava nella logica del vecchio Mordekai. Doveva ammettere che aveva imparato un mucchio di cose e fatto delle esperienze straordinarie, da quando aveva lasciato la famiglia. Questo non sarebbe successo se fosse rimasto a Cana e avesse trascorso le giornate tra casa e lavoro. Il nuovo mestiere cominciava a piacergli perché gli consentiva di camminare a lungo tutti i giorni, cosa che a lui piaceva moltissimo, di immergersi nei suoi pensieri per molte ore e di incontrare persone interessantissime.

Ogni giorno aveva modo di imparare qualcosa, con poca fatica e quasi divertendosi. Solo che talvolta le esperienze erano troppo ravvicinate e non aveva modo di assimilarle come avrebbe dovuto. Gli ultimi tre avvenimenti: l'incontro con Debora, il risveglio della bambina considerata morta e il colloquio con Mordekai, erano stati così straordinari da dare un senso nuovo a tutto il suo modo di pensare e di vivere. Aveva la netta sensazione che altri avvenimenti, altrettanto straordinari, erano imminenti, e si sentiva eccitato e sgomento al tempo stesso.

A Cana trovarono una sorpresa. Marta, la vedova che era stata così violentemente offesa da Gionata il fariseo, aveva attirato l'attenzione di tutti e un contadino benestante l'aveva presa in moglie.

Sebbene l'eco dell'intervento di Davide nella sinagoga non fosse ancora del tutto spenta, i suoi, escluso Joses, con accenti veramente sinceri gli chiesero di rientrare in famiglia. Pur contento di sentirsi nuovamente desiderato nella sua casa, egli avvertì un certo disagio all'idea di riprendere la vita di prima, troppo monotona e soffocante, e manifestò il desiderio di ripartire per un altro viaggio.

Il compenso che Giuda consegnò a Isacco per il lavoro del figlio, poi, fece impressione a tutti. Si trattava di un gruzzolo, per loro, piuttosto cospicuo. Con sua sorpresa, Davide notò che il legame coi suoi familiari si era allentato. Uniche eccezioni: il fratello Giacomo e la zia Lia.

Per il fratello s'accorse di provare un affetto nuovo e fortissimo, come se una corrispondenza di sentimenti e d'idealità, non avvertita prima, si fosse instaurata tra loro. Le sue lacrime di vera gioia al momento dell'arrivo, gli fecero vibrare il cuore e lo colmarono di profonda commozione.

Ma l'incontro con la zia fu scioccante. Durante il loro commovente abbraccio lei capì che il nipote aveva conosciuto la donna e provò per lui un sentimento nuovo, molto vicino ad una forte attrazione fisica. Lui avvertì la stessa cosa ed entrambi rimasero sconvolti. Per la prima volta egli aveva visto nella zia una donna bellissima e dall'aspetto dolcissimo, e lei nel nipote un uomo meraviglioso e sublime. Ciascun comprese istintivamente i sentimenti dell'altro ma non li esternò in alcun modo.

Davide fece un'altra straordinaria scoperta: in casa tutti, fuorché Giacomo e la zia, avevano una specie di soggezione di lui. Anche Joses. Era come se lo considerassero un individuo fuori del comune, da guardare con rispetto e con timore. Un individuo diverso, molto diverso da tutti e dotato di un forte carisma. Lo avvertì anche Giuda e ne fu molto compiaciuto. Finalmente i suoi cominciavano ad intuire chi era Davide.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)