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venerdì 3 settembre 2010

In America Latina la Chiesa Cattolica in picchiata

L'America Latina, fino a un di decennio fa, era il continente più cattolico del mondo. Nel 2001 la Chiesa di Roma raccoglieva il 50 per cento della popolazione mentre le diverse anime luterane arrivavano al 30 per cento.

L'ultimo, recentissimo censimento designa, invece, trasferimenti ingenti e clamorosi verso la galassia del protestantesimo. Protestanti, chiese evangeliche e sette pentecostali hanno già superato il 40 per cento e la loro avanzata è inarrestabile.

Tanto per fare un esempio, le “sette pentacostali” passano dai 3 milioni del 1991 ai 21 milioni del 2010. In Brasile, dove la comunità più estesa è ancora cattolica, un milione di persone lascia ogni anno Roma alla ricerca di un cristianesimo diverso, meno chiuso nella burocrazia dei corridoi del potere romano-centrico, meno lontano dagli uomini che negli affanni quotidiani cercano la speranza di Dio ma anche un aiuto per sopravvivere.

Nel 2007 Benedetto XVI è andato in Brasile alla conferenza episcopale latino americana con la segreta speranza di frenare l’emorragia, ma secondo Cristoforo Dominguez che vi partecipò: “Non è servito a niente. La fuga continua perché la Chiesa continua a commettere peccati di omissione”.

In parole povere, seguendo le direttive di papa Giovanni Paolo II e del cardinale Sodano, che hanno soffocato sul nascere le istanze della Teologia della Liberazione che lottava contro le immani disuguaglianze sociali del continente latino, non ha saputo passare dalla parte dei milioni di poveri sfruttati e abbandonati dal tempo del colonialismo e ha appoggiato sempre regimi dittatoriali sanguinari e oppressivi, imposti dalle grandi famiglie (latifondisti, impresari, gerarchie politiche).

La Chiesa non è mai stata dalla parte del popolo ma sempre dalla parte dei potenti e lo è tuttora se il Cardinale Madriaga in Honduras ha giustificato il golpe militare che ha rovesciato il governo democratico; se la Chiesa cilena implora il nuovo presidente Piñera di perdonare i militari che hanno violato i diritti umani.

Il ricordo dell’apparizione di Giovanni Paolo II nell’aprile del 1987,sul balcone della Moneda accanto a Pinochet, giorno di disperazione per milioni di cattolici cileni contrari alla dittatura, è rimasto indelebile. E nessuno è disposto a dimenticare che Wojtyla fece di tutto perché Pinochet non fosse processato, causa malattia, e nel 99 rivolse una plateale richiesta di perdono per i crimini da lui commessi.

Come, lo stesso papa, tentò di giustificare i crimini dei generali argentini al punto che le Madres de Plaza de Mayo (l’associazione delle madri delle vittime sparite durante il regime dittatoriale) gli risposero con una lettera dove si auguravano che, da morto, Wojtyla non ricevesse il perdono di Dio e andasse all’inferno.

Storie vicine e lontane che hanno lasciato il segno e creato attorno alla Chiesa un vuoto nel quale sono accorsi i luterani d’assalto che, a differenza del Vaticano, mai hanno appoggiato le dittature della destra sanguinaria che ha a lungo imperversato nel continente latino americano.

“Non chiamiamoli sette”, si arrabbiano Leonardo Boff e Carlo Alberto Libonio Cristo, detto Frei Betto, teologi brasiliani ai margini della chiesa ufficiale. “Sono cristiani che pretendono rispetto. Hanno riempito lo spazio abbandonato per decisione vaticana. Le sette stanno interpretando il post moderno con l’impegno di tener viva la spiritualità della gente. Senza di loro non ci sarebbe niente”

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)