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domenica 3 ottobre 2010

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 38^ Puntata

Mentre era assorto in questi pensieri si era incamminato con Giuda lungo il portico di Salomone. Era il luogo più adatto per i dibattiti e i sermoni. Gli scribi e i farisei lo frequentavano tutti i giorni dell'anno, all'infuori del sabato, per dar sfoggio della loro dottrina. Era il teatro delle loro esibizioni.

Davide s'avvide di un fariseo che suonava una tromba per richiamare l'attenzione dei presenti. Subito accorsero alcuni mendichi, come avvezzi a quel richiamo; aprirono la mano e il fariseo, con grande ostentazione, distribuì una moneta a ciascuno di loro. Intanto si era radunata una piccola folla di curiosi e il fariseo, molto compiaciuto, cominciò a dissertare sull'importanza del digiuno.

Era magro, spettrale, emaciato, piegato in due come se portasse sulle spalle un enorme fardello e parlava con voce fiocca e stridula. Citava Mosè e i profeti, e dava spettacolo di gran dottrina e penitenza. Ogni tanto interrompeva il sermone per sollecitare l'intervento di qualche ascoltatore, ma nessuno dei presenti osava aprir bocca davanti ad un uomo così sapiente e pio. Davide lo stette ad ascoltare per un po', poi fece cenno di voler intervenire.

"Fratello, che ne pensi delle opere di misericordia ?" chiese.
"Le opere di misericordia ?" rispose il fariseo sorpreso e stizzito. "Che c'entrano col digiuno".
"Volevo sapere da te se ritieni che si onori meglio Dio soccorrendo un misero o astenendosi temporaneamente dal cibo".

Il fariseo ebbe un attimo d'esitazione. Mai, prima d'allora, gli era accaduto di sentire domande così provocatorie. Ma si riprese prontamente e con un sorriso di sfida rispose: "Dio lo si onora soltanto rispettando rigorosamente" e scandì questa parola, " la Legge. E nella Legge è previsto il digiuno e l'elemosina. Ed io li pratico tutti e due. Se tu fossi arrivato un po' prima, mi avresti visto dare l'elemosina ad alcuni poverelli."

"Ti ho visto" fece Davide con un sorriso malizioso. "Hai suonato anche la tromba. Ma non hai risposto alla mia domanda. Io volevo sapere se si onora meglio il Signore con le opere di carità o con quelle di culto e di penitenza".

Il fariseo lo guardò con un misto d'odio e di disprezzo.
"È una bestemmia anteporre le opere di carità alla preghiera, al digiuno e a tutte le altre prescrizioni della Legge. Soltanto la loro scrupolosa osservanza ci dà la salvezza". "Ma sono unicamente pratiche esteriori" intervenne Davide, "che non elevano lo spirito e non toccano il cuore. Invece le opere di misericordia e l'amore per il prossimo...."

"Tu stai insultando la nostra santa religione, Mosè e i profeti" esplose il fariseo ormai inviperito.
"Ma il profeta Osea ha detto: Misericordia io voglio non riti e sacrifici. E Isaia: Né l'incenso, né la preghiera possono sostituire la purezza del cuore e la giustizia degli atti. Ora tu, suonando la tromba per attirare l'attenzione mentre distribuivi l'elemosina, non hai dato prova di purezza di cuore".
"Come osi, miserabile sconosciuto, insegnare la dottrina ad uno come me che ha trascorso lunghi anni della sua vita a studiare le Scritture? Non sei nemmeno degno di..."

Ma fu immediatamente zittito dalle proteste dei presenti che, palesemente, condividevano le parole di Davide. Stava per nascere un putiferio e grida sempre più alte si alzavano contro il fariseo.

"Calma!" disse allora una voce alle spalle del gruppo. Tutti si voltarono a guardare e videro un uomo, molto autorevole nell'aspetto e nel portamento, che, senza essersi fatto notare, aveva assistito a tutta la scena. Si chiamava Nicodemo ed era un importante membro del Sinedrio, molto apprezzato per la sua imparzialità e rettitudine.

Il fariseo, che evidentemente lo conosceva bene, lo salutò con gran deferenza e disse indicando Davide: "Costui, uomo senza scuola né dottrina, osa sostenere che l'amore per il prossimo e le opere di misericordia sono più graditi a Dio dell'osservanza scrupolosa dei precetti della Legge. È una bestemmia punibile con la lapidazione".

"Che sia senza scuola e senza dottrina non lo direi proprio" fece Nicodemo con pacatezza. "Ha citato con sicurezza i profeti. Per quanto riguarda l'amore per il prossimo, mostra di condividere quanto diceva Hillel che tutti noi consideriamo un maestro. Ricordi la sua regola aurea: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. E sosteneva che tutto il resto della Legge era commento a questa norma".

"Solo la Legge è il pilastro della nostra religione" rispose il fariseo risentito. "E lui la vuole sminuire o forse addirittura rinnegare".
"Non è l'uomo fatto per la Legge ma è la Legge fatta per l'uomo" fece Davide. "La Legge come viene concepita da voi farisei è ormai ridotta soltanto all'osservanza di pratiche esteriori che nascondono l'aridità del cuore e la sterilità dello spirito. Dio non sa che farsene dei digiuni e dei sacrifici. Lui vuole che ricerchiamo gli umili e i reietti d'ogni sorta perché in ognuno di loro c'è la sua immagine. La vana devozione, l'osservanza ligia di infinite prescrizioni servono solo a mascherare il vuoto dello spirito e la durezza del cuore".

"Sei piuttosto spietato!" fece Nicodemo, scuotendo il capo.
"Quando uno, per fare l'elemosina, suona la tromba" continuò Davide "non avanza niente da Dio perché ha ricevuto la sua mercede. L'elemosina, per essere un' opera di misericordia, va fatta in segreto".

"E per quanto riguarda la regola aurea di Hillel ?" chiese Nicodemo.
"Io dico che non basta non fare agli altri quello che non verremmo fosse fatto a noi. Bisogna anche amarli, gli altri. E per gli altri io intendo tutti, anche i nemici".

E, fatto un gesto d'ossequio verso Nicodemo, si avviò lentamente fuori del portico seguito da Giuda, che appariva piuttosto sconcertato ma anche ammirato del comportamento di Davide.

“Insomma”, fece Giuda , appena si furono allontanati, ”non hai paura di nessuno e tra te e i farisei c'è un odio mortale”.
“Io non odio nessuno” rispose Davide con pacatezza, “ma di fronte all'ipocrisia e alla stupidità arrogante di chi ha ridotto la religione all'osservanza maniacale di norme svuotate d'ogni contenuto morale e spirituale, non riesco a trattenermi”.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)