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giovedì 26 aprile 2012

La nuova dottrina di Paolo (“L'invenzione del cristianesimo”) 97


Finalmente libero dai controlli della Chiesa di Gerusalemme, Paolo si sentì pronto a rinunciare al messianismo e a rinnegare il suo legame anche col giudaismo, ormai resi inutili, secondo lui, dal sacrificio della Croce, e ad elaborare la sua via per la salvezza che non sarebbe dipesa più, come nel passato, dall'osservanza della legge mosaica, ma solo dalla fede in Gesù Cristo.

Con alacrità quasi febbrile si diede quindi a creare la sua nuova teologia nell'intento di elaborare una religione che accogliesse, in un geniale sincretismo, le aspirazioni del mondo ebraico e di quello gentile, e che appagasse l'immaginario collettivo di un salvatore universale, che trasversalmente era condiviso da tutto il mondo antico.

Invasato da un sacro furore che lo spingeva a spregiare pericoli anche mortali, si dedicò ad un apostolato frenetico pur consapevole che la sua nuova teologia avrebbe determinato tra i due cristianesimi: quello giudaico e quello ellenistico, una frattura totale e irreversibile. Infatti tra le due opposte concezioni: quella dei cristiano-giudei di Gerusalemme, chiusa nell'etnia e ortodossia ebraica, legata al rispetto assoluto della Legge e convinta dell'imminente ritorno del Risorto, e quella paolina, aperta ai gentili, decisa a degiudeizzare il cristianesimo per aprirlo al mondo pagano, contrapponendo al concetto di salvezza esseno-zelota, il principio salvifico di un salvatore spirituale e universale, tipico dei greci, dei persiani, dei caldei e di gran parte del mondo antico, il divario era assoluto e inconciliabile.

Se in questo scontro avesse vinto il messianismo javista, il cristianesimo non sarebbe rimasto altro che una setta fanatica e fondamentalista, destinata a sparire durante le guerre giudaiche del 70 e del 135 e nessuno di noi avrebbe mai sentito parlare di Gesù.

Ma le cose, invece, sono andate diversamente, e di ciò dobbiamo dar atto esclusivamente a Paolo, il quale, nonostante il suo comportamento menzognero nei confronti dei giudeo-cristiani e le sue grandi mistificazioni che vedremo in seguito, fu il vero inventore del cristianesimo. Egli seppe, da autentico genio religioso (della qual cosa bisogna dargli atto), trasformare una concezione settaria, fondamentalista, fanatica, xenofoba e teocratica, quale era il messianismo javista di stampo esseno-zelota, in un nuovo messaggio di liberazione e di salvezza per l'intera umanità.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)