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giovedì 26 aprile 2012

Peccato e Redenzione. L'ascetismo imposto al cristiano per la salvezza dell'anima. 67


Per meritare la felicità eterna il cristiano, secondo Paolo, aveva l'obbligo di praticare, durante il suo soggiorno terreno, una vita virtuosa.

Ma, secondo lui, la natura umana era estremamente corrotta, a causa del peccato originale, e, per redimerla, richiedeva una condotta morale rigida e spietata.
L’universalità della corruzione umana è un punto focale della teoria paolina secondo cui gli uomini, sia ebrei che pagani, erano cattivi per natura, scellerati, schiavi del peccato, immersi fino al collo nella «sporcizia della lussuria», nelle «passioni nefande» (Efesini 2,3; Romani 6,17).

Inoltre: essi erano « ricolmi di ogni ingiustizia, malvagità, cupidigia e malizia, pieni d’invidia, di istinti assassini, di discordia, di perfidia e abiezione; denigratori, calunniatori, nemici di dio, gente violenta e altezzosa, millantatori, ingegnosi nel male, insensati, sleali, privi d’amore e di misericordia» (Romani 1,29 e sgg.).

Le sue Lettere sembrano speso un trattato di criminologia, tanti sono i crimini imputati all'uomo.

Predicando il suo Vangelo, cioè l'imminente ritorno in Terra del Risorto. tra i giudei della diaspora e i pagani, aveva maturato la disperata convinzione che l'umanità viveva in un mondo in cui operavano potenze demoniache che scatenavano nell'uomo follie, malvagità, violenze, sfrenata lussuria e infermità di ogni genere. Israele, il popolo eletto, per la sua salvezza aveva ricevuto la Torah, la Legge di Mosè, ma l'aveva sistematicamente disattesa, trasformandola in una condanna. 

I pagani, nella loro peccaminosa perversione, s'erano illusi di lavare i loro peccati con il sangue delle vittime di Mitra o di Eracle, cospargendoselo durante i riti sacrificali, e di sconfiggere la morte mediante la discesa di questi semidèi agli inferi. Follie, insensatezze, che impedivano all'uomo di vedere che la sua vita era breve, ripugnante e brutale.

Di fronte a questa generale ignominia c'era per Paolo una sola via d'uscita a rappresentare la vera salvezza per l'intero genere umano: una vita tutta dedita alla penitenza, alla contrizione, al freno degli istinti e delle passioni. Quindi egli introdusse nel suo cristianesimo personale le perversioni penitenziali delle religioni misteriche che aveva appreso come modelli e le impose a tutto l’Occidente.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)