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venerdì 13 aprile 2012

Paolo a Gerusalemme studia da fariseo (“L'invenzione del cristianesimo”) 86


È indubbio che Paolo, come ogni altro bambino nato e cresciuto a Tarso, dovette subire il fascino delle grandi cerimonie che si svolgevano in onore degli dèi misterici: Mitra, Adone, Attis e Osiride, considerati salvatori divini, e assimilarne inconsapevolmente i riti e i significati profondi, soprattutto i due sacramenti più importanti, che egli adotterà poi per il suo cristianesimo personale, il battesimo e l’eucaristia.

 Infatti, in tutte le religioni misteriche ellenistiche esistevano due momenti cultuali dominanti: il banchetto sacro ritualizzato, durante il quale si mangiava la carne del Dio, cioè del dio-animale (agnello, toro o pesce) a lui sacrificato, e si beveva un calice di vino a simboleggiare il suo sangue, e il battesimo, inteso come cerimonia unica di affiliazione ma anche come lavacro di tutte le colpe.

I banchetti sacri affondavano le loro radici negli antichissimi riti del cannibalismo rituale, praticato non per istinto ferino ma per acquistare le particolari energie fisiche e spirituali della vittima, mangiandone le carni.

Il quotidiano contatto con questi riti pagani impedì a Paolo di crescere con l'incontrastabile certezza, comune a qualsiasi gerosolimitano di nascita, di essere il centro religioso dell'universo e di considerare i gentili (gli infedeli incirconcisi) nient'altro che rozzi e reietti peccatori e lo portò ad aprirsi alla spiritualità pagana che annoverava anche scuole filosofiche di altissimo livello etico.

Venuto a Gerusalemme per studiare da fariseo si trovò a scegliere tra due realtà ignominiose: quella reazionaria dei sacerdoti, dei farisei e degli erodiani, che accettava la connivenza opportunistica col dominio romano, e quella rivoluzionaria, radical-fondamentalista dei messianici jahvisti, che propugnava una dissennata e delirante ribellione agli oppressori
.
Dovette, in un primo momento, scegliere la prima, pur essendo la più ignobile, perché il suo ruolo di cittadino romano e il suo ceto glielo imponevano. Scartò l'altra che, pur essendo patriottica, era priva di ogni senso della realtà e sorretta da un fanatismo folle e foriero d'immani catastrofi (che si verificarono puntualmente qualche decennio dopo). 

C'era forse una terza via, che possiamo definire come “qualunquismo di modo”, ma la tempra, fortemente morale dell'uomo, non l'avrebbe mai accettata. In base alla sua scelta diventò un feroce poliziotto mercenario al soldo del Tempio.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)