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sabato 29 dicembre 2012

Il falso Jahvè. Il monoteismo biblico e quello cristiano. 199


Il cristianesimo ereditò il Dio dell'Antico Testamento e lo fece suo. Quindi il Dio biblico è divenuto anche il Dio cristiano. Ma tra le due forme di monoteismo: quello biblico e quello cristiano, c'è un abisso. Nel Nuovo Testamento il Dio biblico non è più chiamato Jahvè perché si è scisso in tre persone distinte: il Padre, il Figlio (Gesù Cristo) e lo Spirito Santo. Queste due ultime persone sono del tutto sconosciute nella Bibbia ebraica e mai nel sacro testo si accenna a loro. La Chiesa ha dovuto escogitare infiniti sofismi per far combaciare la Trinità cristiana col Dio unico Jahvè ma non è riuscita ad evitare, ai suoi esordi, scontri teologici durissimi che hanno determinato scismi ed eresie.

Il monoteismo cristiano con l'affermazione della Trinità e con l'eliminazione del secondo comandamento del Decalogo biblico, fondamentale per la Bibbia ebraica, che proibiva le immagini sacre, ha consentito anche la nascita del culto della Madonna e di una pletora di santi che hanno determinato, come afferma Freud, una forma di politeismo mascherato e hanno rinnegato il monoteismo rigoroso di Jahvè. (Ma almeno, come contropartita, hanno dato vita alla creazione di innumerevoli e grandiose opere d'arte).

Ma ci sono altre fondamentali differenze tra i due monoteismi che qui vogliamo evidenziare.
1) Tutta la teologia biblica considerava il Patto di fedeltà tra Dio e il suo popolo come finalizzato esclusivamente alla sopravvivenza di Israele. In cambio della sua fedeltà Israele avrebbe vinto i nemici e sarebbe vissuto imperituro in una specie di Regno di Dio in Terra. Nessun cenno alla redenzione spirituale dell'uomo. Per gli ebrei la morte segnava la fine di tutto e non c'era un al di là in cui l'anima avrebbe seguitato a vivere.

Nel Qohèlet, libro biblico considerato Parola di Dio, è scritto: «la sorte degli uomini e delle bestie è la stessa, come muoiono queste muoiono quelli. C’è un soffio vitale per tutti: non esiste superiorità dell’uomo rispetto alle bestie, perché tutto è vanità» (Qohèlet 3,19). Con la morte quindi, secondo il teologo biblico, tutto finisce, sia l'anima che il corpo, perché tutto è venuto dalla polvere e tutto ritorna nella polvere.

La teologia cristiana invece si fonda su un principio totalmente opposto: il compito dell'uomo non è di vivere felice su questa Terra ma guadagnarsi la vita eterna nell'aldilà, accettando con pia rassegnazione le sofferenze di questo mondo (considerato una valle di lacrime) e seguendo con rettitudine i precetti divini. Quindi, mentre Jahvè è un Dio che tutelava soltanto la sopravvivenza materiale del suo popolo, il Dio cristiano si occupa del bene spirituale del singolo individuo e solo marginalmente interviene a soccorrerlo, con la cosiddetta Provvidenza Divina, a livello terrestre.

2) Nonostante che il Dio cristiano si riveli nel Nuovo Testamento un Dio-Signore che si cura, con infinito amore, delle sue creature, mentre Jahvè nella Bibbia si manifestava geloso e vendicativo col suo popolo, in realtà entrambe queste due divinità sono estremamente crudeli, anche se in modo diverso. Jahvè castigava il suo popolo, quando ricadeva nell'idolatria, infliggendogli calamità di ogni genere: guerre, schiavitù, invasioni, malattie e morte. Ma gli dava la possibilità di evitare queste punizioni col ravvedimento e il ritorno all'osservanza del Patto.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)