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domenica 16 dicembre 2012

In nomine Domini 43


Cominciava ad albeggiare quando Beda e Saraceno giunsero sull'Aventino. Ascanio li aspettava impaziente. Il diacono faticò non poco a riconoscere in quel vecchio ancora robusto ma trasandato e male in arnese, il giovane aitante e altero che aveva conosciuto durante la campagna del Garigliano. Ma lo sguardo feroce e beffardo lo riconobbe subito.
"Sono lieto di trovarti ancora sano e forte", disse quando se lo vide davanti. "Ti ho chiamato perché ho urgente bisogno di un tuo servizio, che ti ripagherò come si deve".
"Tu sai che ti devo la vita", ripose Saracino umilmente, "e qualunque cosa tu mi chiederai la eseguirò con tutto il cuore, anche se dovesse comportare per me un grave rischio. Ma, ti prego, non voglio alcun compenso. Me ne offenderei".
"D'accordo. In fondo si tratta di un servizio di poco conto per te, ma per me importantissimo e urgente. So che tu, tramite i tuoi molti informatori, sei a conoscenza di gran parte delle persone che vivono in questa città. Ebbene, non molto lontano da qui, nella via principale del Quirinale c'è un palazzo lussuosamente restaurato che pare appartenga ad un ricco signore di nome Lucrezio, la cui origine è sconosciuta. Di più non so. Tu dovrai scoprire, nel più breve tempo possibile, tutte le notizie che si riferiscono a questo signore e alla sua famiglia ".
"Tutto qui?", fece Saracino sollevato. "Tra meno di un'ora sarai messo al corrente di quello che vuoi sapere". E si dileguò veloce.

"Ecco il mio resoconto", cominciò soddisfatto Saracino seduto nell'orto del diacono con in mano una coppa di vino. "Il palazzo sul Quirinale apparteneva, fino a pochi mesi fa, a un signore ricchissimo di nome Lucrezio. Pare che costui sia il figlio di una monachessa di nome Sigonia che era, fino ad un ventennio fa, la tenutaria del più importante bordello della città. Questa Sigonia aveva sposato un ungaro al servizio del vescovo di Orte, ma sembra che non sia lui il padre dell'uomo bensì il vescovo stesso. L'ungaro fuggì col bambino, dopo aver ucciso il vescovo, e lo allevò in segreto d'accordo con la monachessa e un suo aiutante di nome Curiazzo. Ancor giovane costui ereditò dalla madre un'enorme ricchezza e una cospicua fortuna anche dal patrigno ungaro che aveva accumulato molti tesori con saccheggi e razzie, quando era al soldo di Pietro, fratello di papa Giovanni X. Con queste enormi ricchezze aveva acquistato il palazzo sul Quirinale e l'aveva arredato in modo principesco e poi s'era sposato, circa un paio d'anni fa, con una giovane bellissima di nome Priscilla".
"Hai detto Priscilla?" esclamò Ascanio stupito. "Ora mi è tutto chiaro".
"Questa giovane sposa", riprese Saracino, "durante un tentativo di sequestro, pare per ordine di papa Giovanni XII, rimase uccisa, mentre il marito, nel tentativo di difenderla, rimase gravemente ferito da una pugnalata. Appena ristabilitosi vendette il palazzo al nobile Rizziero, riservandosi però di abitarlo ancora per qualche mese nell'attesa di stabilirsi a Capua, ove aveva comperato nel frattempo un'altra principesca dimora. Pare abbia lasciato il palazzo definitivamente ieri nel primo pomeriggio. Ora questo edificio dovrebbe essere vuoto in attesa di venire occupato dal suo nuovo proprietario".
"Mi ha reso un enorme servigio", disse il diacono, "te ne sono molto grato".
"Non mi è costato niente, meno di un'ora di ricerca", rispose Saracino alzandosi. Poi guardando il diacono di sottecchi, aggiunse: "So cos'è accaduto stanotte in quel lussuoso palazzo, ma la mia bocca rimarrà muta come un pesce". Al momento del commiato si mise una mano sul petto e con una sottile vena di commozione, che contrastava con il suo abituale ghigno feroce, disse: "Rimango sempre con un enorme debito nei tuoi confronti e quando avrai bisogno del mio aiuto sarà un immenso piacere per me darti una mano". E si dileguò.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)