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sabato 30 giugno 2012

Il falso Jahvè. Il ritrovamento del Deuteronomio e il monoteismo rigoroso.127


La figura di Giosia rappresentò l'ideale ispiratore di tutta la storia d'Israele. "Prima di lui non vi fu un re simile che facesse ritorno al Signore con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le sue forze, osservando completamente la legge di Mosè, né dopo di lui ne sorse uno uguale" ( 2 Re 23, 25).

È sulla sua figura quindi che vengono modellati Mosè, Giosuè e David nella Bibbia che nascerà sotto la sua regia, e la sua riforma religiosa assumerà un'importanza pari a quella del Patto di Dio con Abramo, dell'Esodo dall'Egitto o della promessa divina a re David. A lui dobbiamo le basi del giudaismo e della cristianità.

Durante i suoi trentun anni di regno su Giuda, egli si considerò un vero e proprio messia destinato a restaurare le glorie passate della casa d'Israele e a riportarla alla santità e attuò, con drastica determinazione, ma anche con inaudita ferocia, il totale sradicamento di ogni traccia di culto sincretico o diverso nel Regno di Giuda, inclusi gli alti luoghi (bamoth) che anticamente erano stati eretti nel paese e sempre tollerati anche dai sovrani considerati pii e devoti.


Re Giosia


Le persecuzioni della Chiesa contro gli eretici (“L'invenzione del cristianesimo”) 152


La Chiesa, fin dalle sue origini, fu costantemente travagliata da dure e spesso crudeli lotte interne per motivi di ortodossia religiosa. Cominciò Paolo quando, opponendosi ai cristiano-giudei di Gerusalemme che lo accusavano di menzogna, li coprì di anatemi e di calunnie ignominiose definendoli a più riprese: «cani», «storpi» e «apostoli di menzogne». Sulla scia di Paolo, gli ortodossi cristiani affibbiarono ai dissidenti eretici gli appellativi più ignobili come «sozzura e vituperio», «figli della maledizione», «bestie prive di intelletto” «figli primogeniti di Satana», «bestie in forma umana», «maiali» e «bestie da macello per l’inferno».

A proferire questi atroci insulti furono molti insigni dottori e Padri della Chiesa come Ireneo (Contro gli eretici 3,24) e Gerolamo (Adversus Jovinianum). Per cui il filosofo pagano Celso poté scrivere che i cristiani: «si assalgono reciprocamente con invettive tanto aspre, che non si possono nemmeno ripetere» (Origene op. cit. 5,63).Tertulliano, quando nauseato dalla mondanizzazione della Chiesa passò coi rigidi Montanisti, arrivò a dire dei cattolici che nella celebrazione del pasto eucaristico, una volta ubriachi, si giacevano insieme (Tertulliano, De ieiunio 16 sgg.).

A raccogliere tutti i vituperi che si sono scambiati nei secoli i cristiani tra di loro si potrebbero riempire interi volumi. Il passaggio dall'ortodossia all'eresia era anticamente piuttosto facile, come ci dimostra il caso di due grandi dottori della Chiesa, Tertulliano e Origene, entrambi vigorosi polemisti contro gli eretici, poi passati nelle loro schiere. Il primo per aver denunciato la corruzione della Chiesa e il secondo per aver negata l'eternità dell'inferno.

Chi era colpito dall'odio ereticale veniva messo al bando della Chiesa, escluso da ogni incarico, sottoposto ad ignominie di ogni genere. Quando, però, la Chiesa si alleò agli Imperatori, agli eretici furono accomunate pene gravissime: l'esilio, la confisca del patrimonio, il rogo delle loro opere, e in taluni casi anche la pena di morte. Naturalmente, fu la Chiesa ad imporre agli Imperatori l'emanazione delle leggi antiereticali.
I primi martiri eretici furono i Donatisti dei quali, purtroppo, siamo informati in modo assai lacunoso e unilaterale, giacché la Chiesa ha fatto distruggere tutti i loro documenti. 

Sappiamo però che questo movimento, che ebbe un largo seguito in tutto il mondo cattolico, esigeva che il clero fosse immune da lussuria, omicidio e apostasia, peccati allora frequenti e tollerati dalla Chiesa ormai mondanizzata. Ma la Chiesa rispose decretando di essere sempre santa, anche se le persone che la reggevano e l’amministravano potevano essere corrotte, e che nessun ecclesiastico potesse essere rimosso dal suo incarico, se pur colpevole di atti immorali e d'apostasia.

I Donatisti rifiutarono questo principio immorale, sostenuto da tutti i membri del clero, specie dai vescovi che spesso vivevano in modo satrapesco, e fecero dipendere la validità dei sacramenti dalla purezza di chi li somministrava, con enorme pericolo per la Chiesa che chiese l'intervento degli imperatori Costantino e Onorio. I quali, a più riprese, si affrettarono ad estirpare l'eresia con la violenza, facendo molti martiri donatisti tra laici, sacerdoti e vescovi.

Grande influenza ebbe nella crociata contro i Donatisti l'apporto di Agostino, il quale, ricorrendo ad ogni tipo di sofisma, sostenne il diritto all’uso della violenza contro gli eretici mediante punizioni pecuniarie, sequestro delle chiese, esilio e presentando perfino queste punizioni come opera di misericordia (Agostino, Epistola 93,2-5). In tal modo egli divenne l'ideologo della persecuzione, del martirio e della morte di milioni di uomini che dissentivano dalla Chiesa. Da lui inizia una linea di condotta che condurrà inesorabilmente alle guerre contro i Catari e gli Albigesi, all’Inquisizione, al proselitismo coatto dell'America latina, alla caccia alle streghe e a tutti gli altri innumerevoli crimini perpetrati dalla Chiesa.

A dar man forte ad Agostino ci pensò poi Tommaso d'Aquino, altro sommo dottore, che nella sua monumentale Summa Teologica scrisse: «Per quanto riguarda gli eretici, essi si sono resi colpevoli di un peccato che giustifica che non solo siano espulsi dalla Chiesa con l’interdetto, ma anche che vengano allontanati da questo mondo con la pena di morte (Summa Theologiae, II)”. Ogni commento è superfluo.

venerdì 29 giugno 2012

Per il cardinal Bertone l'Aids si previene solo con la castità, mai col profilattico, considerato peccaminoso strumento anticoncezionale e di libertà sessuale.


L’epidemia di Aids che affligge tutti i Paesi del pianeta, è particolarmente diffusa tra i popoli africani. Ciò preoccupa non poco la Chiesa cattolica che considera il continente nero una potente riserva di caccia per incrementare i suoi proseliti, sempre meno numerosi nel mondo occidentale.
Ecco quindi il cardinal Bertone alla VIII Conferenza Internazionale Dream organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio tuonare a gran voce perché ai malati di Aids del continente africano sia fornita una cura gratuita ed efficace contro questa devastante epidemia. «Anche in Africa come in Europa, ha affermato con enfasi, abbiamo il dovere di raggiungere ogni donna sieropositiva in gravidanza, somministrarle la terapia antiretrovirale, consentirle di dare alla luce un bambino libero dall’Aids e di farlo crescere con il suo accompagnamento materno. La mortalità materna in Africa è, in forte percentuale, legata all’Aids».
Parole sacrosante dalle quali nessun essere umano può dissentire. Ma ad udirle ci chiediamo: la Chiesa ha finalmente preso coscienza del problema trasportandolo dal piano religioso a quello sanitario? Macché! L’Aids, per Bertone e compagnia, si può curare ma non prevenire. In poche parole, nessuna apertura ai preservativi, ancora oggi il miglior mezzo di difesa dal contagio. Solo la castità, che essendo la negazione dei nostri più sani istinti naturali, non è praticata nemmeno dalla maggioranze del clero.
D’altronde Benedetto XVI l’aveva detto chiaro e tondo in Angola il 17 marzo 2009 affermando, con sicumerica protervia, che l’epidemia di Aids che affliggeva i popoli africani non si poteva superare con la distribuzione dei preservativi che, anzi, questi propagano l'epidemia. Le sua menzogna aveva scatenando le ire di molti governi dell'Unione Europea, nonché della prestigiosa rivista scientifica londinese Lancet che lo accusò, senza mezzi termini, di aver "pubblicamente distorto le prove scientifiche” per mascherare la criminale decisione di vietare l'uso dei profilattici, considerandoli peccaminosi strumenti anticoncezionali.
Solo il governo italiano, totalmente appecorato al Vaticano, aveva difeso le devastanti affermazioni papali, senza che l'opposizione, chiusasi ipocritamente in un assordante silenzio, lo contestasse.
La strategia “concreta” di Bertone per arginare la piaga della mortalità da Aids è roboante: «Promozione di campagne di sensibilizzazione, programmi di prevenzione ed educazione sanitaria, sostegno agli orfani, distribuzione di medicinali ed alimenti, assistenza domiciliare, ospedali, centri, comunità terapeutiche per cura e assistenza del malato di Aids, collaborazione con i governi, cura nelle carceri, corsi di catechesi, elaborazione di sistemi di aiuto tramite internet, istituzione di gruppi di appoggio al malato».
Tutto tranne l’uso del preservativo, il mezzo non solo più sicuro, ma anche più economico, più pratico e di immediata distribuzione. Quanto giovi come prevenzione la catechesi e l'educazione alla castità è inutile chiederselo. Quindi per la Chiesa va osteggiato in tutti i modi il ricorso al preservativo per poi curare gli infettati gratis con grande gioia delle multinazionali del farmaco. Questa somma ipocrisia della Chiesa è lapalissiana per chiunque riesca a togliersi i paraocchi, come è altrettanto lapalissiano che la contraccezione diffusa e gratuita a tutti i livelli può ridurre notevolmente l'aborto. Ma da noi nessuno lo dice, anzi i nostri giornali nazionali e i nostri politici appecorati e corrotti fingono ignominiosamente di non saperlo.

Cardinale Tarcisio Bertone


Repressione violenta contro i pagani (“L'invenzione del cristianesimo”) 151


Non si infierì solo contro i monumenti del culto pagano ma anche contro le persone di cultura che non condividevano il cristianesimo. Così ad Alessandria, nel 415, aizzata dal patriarca Cirillo, la plebaglia cristiana assassinò nel modo più brutale Hypatia, l’ultima grande filosofessa del Neoplatonismo, celebrata in tutto il mondo per la sua dottrina e virtù.

I monaci, che allora vivevano quasi allo stato brado e si nutrivano brucando l'erba come le capre, furono odiosamente attivi in questa furia devastatrice. Tutti questi atti vandalici vennero incoraggiati e giustificati dai Padri della Chiesa come Crisostomo e Agostino. Per Agostino, il più settario di loro, la distruzione degli antichi luoghi di culto e delle statue degli dei erano un atto di autentica devozione cristiana (Agostino Epistola 91).
Il Codice Teodosiano, emanato dall'imperatore Teodosio, accentuò la persecuzione contro i non cristiani. A questi cittadini, infatti, vennero soppressi i diritti civili e tolta la possibilità di partecipare al governo della città, all'insegnamento e alle magistrature. Furono vietati i matrimoni tra cristiani ed ebrei e si diede inizio alla prima persecuzione contro i figli di Israele. Furono imposti la confisca dei beni non cristiani e la definitiva distruzione dei templi pagani e delle sinagoghe per far posto a chiese. San Giovanni Crisostomo, a seguito di quell'editto, incitò gruppi di monaci fanatizzati a distruggere i santuari dei gentili e nella sua "Omelia sulle statue" giustificò gli editti di Teodosio e la violenza contro i pagani.

Agostino, uno dei più influenti Padri della Chiesa, nella sua Lettera 185 del 414 legittimò le persecuzioni della Chiesa contro i non cristiani, come aveva fatto anche a proposito della distruzione dei templi pagani, affermando: "... v'è una persecuzione ingiusta inflitta dagli empi alla Chiesa di Cristo e v'è una persecuzione giusta inflitta agli empi dalla Chiesa di Cristo (2, 11)". Naturalmente gli empi erano gli eretici, i pagani e chiunque non volesse accettare il cristianesimo.

In conseguenza di questa lotta al paganesimo tutte le più importanti istituzioni culturali e artistiche del mondo antico decaddero e furono cancellate. I giochi olimpici cessarono definitivamente nel 394 e l'università di Atene, la più prestigiosa istituzione culturale del mondo antico, venne chiusa nel 529. Con essa gli ultimi filosofi non cristiani furono obbligati al silenzio.



giovedì 28 giugno 2012

Peccato e redenzione Le funeste conseguenze derivate dal cristianesimo. 85


Con la fine del politeismo l'armonia religiosa è cessata per sempre e da allora il mondo è stato sconvolto da un'incessante conflittualità che ha seminato odio e intolleranza tra i popoli. Già il dio d'Israele, Jahvè, ci appare nella Bibbia un dio meschino, violento e assetato di sangue.

Durante la conquista della Terra Promessa ordina al suo popolo di sterminare senza pietà tutte le popolazioni (uomini, donne, bambini), che adoravano un dio diverso da lui, previa distruzione degli altari e delle statue delle divinità concorrenti.
I cristiani ereditarono da Paolo questo dio e lo chiamarono non più Jahvè o Geova ma Padre Eterno, gli diedero un figlio, Gesù Cristo, che stando alla Bibbia egli non aveva mai saputo di avere, e un nipote, lo Spirito Santo, che nessuno ha mai capito da dove sia venuto.

Pur ammantandolo di infinita bontà e misericordia hanno giustificato nel suo nome i crimini più atroci e le nequizie più nefande e gli hanno anche attribuito l'invenzione dell'inferno. Come si concili l'inferno con la bontà infinita e l'infinita misericordia neanche un demente può spiegarlo, ma per loro tutto va bene. Passiamo ora in rassegna alcune delle più macroscopiche nequizie che sono derivate dal cristianesimo.

La distruzione del paganesimo (“L'invenzione del cristianesimo”) 150


Finché la Chiesa fu perseguitata invocò incessantemente la tolleranza e la libertà religiosa. Non appena però ebbe l'appoggio degli Imperatori divenne intollerante e persecutrice, arrivando al punto di annientare con la violenza tutti culti antichi pagani. Seguendo l'ordine del Dio ebraico Jahvè che nel Vecchio Testamento imponeva agli ebrei di travolgere gli altari dei pagani, di spezzare i loro templi, di bruciare le loro statue e di uccidere gli infedeli «fino all’ultimo uomo» (Deuteronomio 7,2 sgg.), la Chiesa trionfante costrinse i successori di Costantino ad attuare una feroce persecuzione contro coloro che non accettavano o mettevano in discussione la sua dottrina e contro la cultura e la religione pagana.

Già nel 325 Costantino (rinnegando l'Editto di Milano che concedeva libertà di culto ai cristiani ma anche a qualsiasi altra concezione religiosa) aveva cominciato a perseguitare i cristiani dissidenti, bollati come eretici (Nestorio, Ario e i Montanisti) e fatto bruciare pubblicamente le loro opere. Quindi si era accanito contro i filosofi Nicagora, Ermogene e Sopatro, e aveva mandato al rogo gli scritti del neoplatonico Porfirio, autore dell'opera monumentale "Contro i cristiani", in 15 libri, di cui è scomparsa ogni traccia. Da allora, per più di mille anni, filosofare divenne pericoloso e comportò la condanna per eresia che implicava l'esilio e la confisca dei beni. La repressione raggiunse il culmine sotto Teodosio I, che nel 380 proclamò il cristianesimo religione di Stato, e poi con Teodosio II e Valentiniano III che aizzarono i cristiani al saccheggio dei templi, all'esproprio dei loro beni e alla conversione coatta dei pagani, pena la condanna a morte e la confisca dei loro beni.

Sotto la guida del clero e soprattutto di monaci fanatizzati furono in breve distrutti innumerevoli templi pagani, che contenevano opere d'arte inestimabili. Alcuni di essi si salvarono trasformandosi in chiese. Nel 391 il vescovo Teofilo di Alessandria, dopo aver distrutto i templi della città, tra i quali quello importantissimo di Dioniso, organizzò con gli arredi e i simulacri sacri da essi prelevati, delle processioni blasfeme e irridenti e con l'accetta fece a pezzi, di sua mano, la statua colossale di Serapide, costruita da Briasse, grande artista ateniese (Socrate Scolastico, Storia della Chiesa 5,16).

Per di più questo vescovo fanaticamente convinto che la cultura pagana e laica fossero la negazione del cristianesimo, diede ordine di incendiare il Serapeo, la famosa biblioteca di Alessandria, e così tutto il sapere del mondo antico andò in fumo. Questa biblioteca conteneva, infatti, tutti i classici antichi egiziani, greci e latini, nonché rarissimi libri provenienti dall’India e numerosi manoscritti alchemici. Di somma importanza era l’intera opera di Manetone, il sacerdote egizio vissuto ai tempi di Tolomeo I e, secondo la tradizione, autore di una monumentale storia dell'antico Egitto, ricavata dagli archivi dei faraoni. Altrettanto famosi erano i testi del fenicio Moco, nei quali si parlava di teoria atomica e il favoloso Libro di Toth. (Sozomeno, Storia della Chiesa 7,15).

Porfirio


mercoledì 27 giugno 2012

Il falso Jahvè. Il Regno di Giuda 126


Nel 705 a.C. moriva il re assiro Sargon II lasciando il trono al figlio Sennacherib giovane e inesperto. Sotto il nuovo re l'impero assiro passò un periodo di incertezza e re Ezechia credette che Jahvè avesse miracolosamente offerto a Giuda l'opportunità di riconquistare i territori del nord e ricostituire il regno unito di David.

Avendo nel frattempo portato a termine la purificazione del culto di Jahvè si convinse, come affermava la teologia che stava allora nascendo, che non valesse tanto la mera forza delle armi, quanto l'invincibile potenza di Jahvè, il Dio degli eserciti che combatte per Israele, e impavido sfidò, col suo piccolo esercito, le armate assire. Sperava molto di ricevere aiuto dall'Egitto, insofferente della potenza assira. Nonostante che tutti i racconti della Bibbia siano concordi nell'esaltare la pietà di Ezechia, l'intervento salvifico di Jahvè non arrivò e Giuda fu occupato.

Ma lo storica deuteronomistico, falsando gli avvenimenti e mentendo spudoratamente per non sconfessare la sua teologia, scrisse che Gerusalemme fu miracolosamente liberata e l'esercito di Sennacherib distrutto. Invece, come ricaviamo da importanti iscrizioni assire portate alla luce dagli scavi archeologici, l'esercito di Giuda fu annientato, Ezechia costretto a pagare un pesante tributo e accettare la deportazione in Assiria di molti giudei, infine a collocare davanti al tempio di Gerusalemme due idoli assiri.

Quando sali al trono Manasse, figlio dodicenne di Ezechia, ci fu un colpo di Stato. La fazione per l'unicità di Javhè fu sconfitta e quella che propugnava il sincretismo religioso e una pragmatica collaborazione con l'Assiria prese il potere. Per volere del nuovo re Manasse, Giuda s'integrò nell'economia regionale assira e tornò ben presto alla prosperità e al benessere, annullando la riforma religiosa di Ezechia. Manasse segnò l'apogeo di Giuda, ma quando i deuteronimisti, cioè i fautori dell'unicità di Jahvè, riconquistarono il potere poco dopo la sua morte e presero, come vedremo tra poco, a scrivere la Bibbia, Manasse fu giudicato il peggiore di tutti i re e il padre di tutti gli apostati. Alla morte di Manasse, ci fu un altro colpo di Stato.

Il partito per l'unicità di Jahvè, approfittando dell'assassinio di Ammon suo successore, prese il potere e pose sul trono Giosia, il figlio di Ammon di soli otto anni, che avrebbe regnato a Gerusalemme per trentuno anni e sarebbe stato osannato come il re più virtuoso della storia di Giuda. Con Giosia Israele conobbe la più profonda e radicale riforma religiosa della sua storia che determinò la nascita del moderno monoteismo e della Bibbia.

Re Ammon


Il concetto di “homousia”contrastato da Ario (“L'invenzione del cristianesimo”) 149


Il concetto di “homousia” che affermava l’uguaglianza di sostanza del Figlio col Padre, era contrastato da una parte dell'assemblea, capeggiata da Ario. Il problema, nato in seguito alla divinizzazione di Gesù, sorgeva dal quesito se Cristo prima della sua discesa in terra fosse stato uguale a Dio o un semidio. Fino al III secolo inoltrato, per la maggior parte dei cristiani Gesù non venne identificato alla pari con Dio. Paolo, che per primo ne promosse la divinizzazione, subordinava Gesù a Dio in quanto considerava il “figlio” in nessun caso identico al “padre”. Per lui Dio era sempre “theos” (Dio), Gesù sempre “kyrios” (Signore). Considerava Cristo come sostanza divina, ma un gradino sotto Dio, una specie di semidio. Dello stesso parere era l'evangelista Giovanni che nel suo Vangelo fece dire a Gesù: «Il Padre è più grande di me» (Giovanni 14, 28).

I Padri della Chiesa: Giustino (Apologia 1, 13), Ireneo (Contro gli eretici 2, 28,8), Tertulliano (Adversus Marcionem 2,27) e Origene (op, cit. 8,15) ritennero Gesù un Dio minore, inferiore al Padre in potenza. Questa posizione (detta teoria del subordinazionismo) era condivisa da alcuni vescovi orientali. Inoltre, fino al principio del III secolo era pressoché ignorato lo Spirito Santo come terza persona della divinità. Ireneo considerava lo Spirito Santo un’entità interna alla divinità, Tertulliano e Origene una creatura subordinata al Figlio. Ario, il padre conciliare dissidente, non rinnegava la Trinità, ma rifiutava la identità delle sostanze, la Homousia, cioè l'uguaglianza del Figlio e dello Spirito con quella del Padre. Per lui lo Spirito era inferiore al Figlio e costui al Padre. Solo il Padre era Dio essendo illimitato, immutabile ed eterno. Il Figlio era stato creato dal Padre.

Per Atanasio, il nemico implacabile di Ario che lo accusava di essere figlio del demonio, Padre e Figlio costituivano un’unica essenza, un’unità incondizionata. Il «Redentore» non poteva essere di grado inferiore, doveva esser Dio nel senso pieno della parola e poteva essere pregato alla pari del Padre. Costantino, di fronte a questa contrapposizione insanabile, nonostante in segreto parteggiasse per Ario, impose alla pavida assemblea conciliare la “homousia” sostenuta da Atanasio, risolvendo definitivamente la questione. Nel secondo Concilio ecumenico del 381 anche lo Spirito Santo ottenne la divinità piena, cioè l’identità di sostanza fra Dio Padre e il Figlio. E così il dogma della Trinità fu aggiunto al credo niceno-costantinopolitano e la dottrina trinitaria fu legge dello Stato. Non senza contrasti, come sempre nella Chiesa. I Pneumatomachi, che contrastavano la trinità, dissero sarcasticamente che Dio Padre con questo dogma diventava anche Dio Nonno dello Spirito Santo.

I vescovi dissidenti che rifiutarono la “homousia” furono destituiti e cacciati in esilio. Costantino, però, non si limitò ad imporre l'“homousia” ma fece inserire nel cristianesimo anche molti riti pagani, cari alla tradizione popolare, conservando di essi la datazione e modificandone invece l'etichetta esteriore. Così, ad esempio, Cristo fu fatto nascere il 25 dicembre, giorno in cui si festeggiava la rinascita del dio Sole (Mitra, ma anche Osiride, Adone e Dioniso). Era per i pagani il "Dies Natalis Solis Invicti", una festività molto diffusa e popolare che celebrava l'allungamento delle giornate dopo il solstizio d'inverno e che simboleggiava la rinascita della vita. Impose inoltre che i cristiani spostassero il riposo settimanale del sabato (sempre mantenuto dalla Chiesa di Gerusalemme) nel giorno che i pagani dedicavano al dio Sole, denominato domenica. (Ancora oggi gli inglesi chiamano la domenica "Sun Day", il giorno del sole). Infine fece anche bandire tutti i documenti evangelici non compatibili con la proclamata divinità di Gesù (quasi un centinaio) e ai quattro rimasti (i Vangeli canonici di Matteo, Marco, Luca e Giovanni) fece togliere ogni riferimento agli aspetti troppo terreni di Cristo, come il probabile matrimonio con Maria Maddalena. Dopo Nicea si successero ben quattordici concili in meno di vent'anni (molti dei quali furono mischie sanguinose) per codificare sommariamente le basi dell'intero cristianesimo.

Da allora la Chiesa venne guidata dagli imperatori ed ebbe inizio l’epoca del vero e proprio cesaropapismo. Gli imperatori si arrogarono il diritto di sostituire con decreti imperiali la legislazione ecclesiastica e di interferire pesantemente anche nelle questioni di fede. I papi furono costretti ad obbedire, pena l'esautorazione. Nonostante abbia favorito la Chiesa in tutti i modi, assegnandole donazioni e privilegi, e abbia contrastato il paganesimo, Costantino non rinunciò mai al titolo pagano di “pontefice massimo” e pare si sia fatto battezzare solo in punto di morte.

Ario


martedì 26 giugno 2012

I cattolici integralisti, infiltrati in tutti i partiti come quinta colonna vaticana, impongono sempre più il loro potere di veto nei confronti dei diritti civili e della laicità dello Stato.


Dal divorzio breve, alla ricerca sulle staminali, alle coppie di fatto, al diritto di decidere sulla propria salute, il proprio corpo, la propria vita nessun segnale dal Parlamento vaticaliano. 
Da anni ormai la tenaglia clericale mira a occupare manu militari i centri nevralgici della società e della cultura italiana per soffocare sul nascere con veti incrociati ogni vagito che proponga uno straccio di diritto civile, mantenendo l'Italia al livello di terzo mondo. La sanità è ormai dominata interamente da cattotalebani antiabortisti che impongono l'obbiezione di convenienza (spacciandola per coscienza); la finanza è sempre più condiziona da ciellini e opusdeini in perenne adorazione del dio Mammona; la politica è invasa a tutti i livelli da pasdaran pontifici anche là dove dovrebbe spirare qualche alito di laicità,(vedi l'avvilente accartocciarsi del PD in chiacchiere senza prendere decisioni coraggiose per il veto imposto dai gerarchi vaticani ai cattotalebani del partito); la Rai diventa sempre più emittente vaticana con palinsesti di madonne-patacca, santi, processioni papali e telegiornali soporiferi. Anche il cinema (malgrado clamorosi fallimenti al botteghino) è nel mirino della casta clericale. Nessun aspetto della società sfugge alla piovra.
Perfino la carta stampata si è adeguata al clericume imperante come i grandi giornali della borghesia liberale milanese, ormai ridotti a quotidiani clerico-moderati costretti, quasi ogni giorno, ad avallare la politica vaticana e ratzingeriana. Durante la recente visita milanese del Papa si sono comportati come giornaletti parrocchiali, scrivendo a gara le pagine più soporifere. L'infiltrazione trasversale dei cattolici in tutti gli schieramenti politici, massicciamente in quelli di destra e nella Lega ma diffusamente anche in quelli di sinistra, ha di fatto cancellato la laicità in tutti i partiti. 
Ecco perché si chiede al Movimento 5 Stelle di chiarire nel programma la sua posizione sui diritti civili e la laicità dello Stato. Una presa di posizione molto forte in questo campo farebbe veramente la differenza.  

Costantino concede la libertà di culto ai cristiani (“L'invenzione del cristianesimo”) 148


L'imperatore Costantino, che con l'editto di Milano del 313 diede la libertà di culto ai cristiani e pose fine alle loro persecuzioni, era un seguace del culto solare del dio Mitra, diffusissimo in oriente ed anche a Roma. Dovendo affrontare uno scontro durissimo col suo rivale Massenzio, chiese ed ottenne l'appoggio dei cristiani del suo esercito, e, come contropartita, riconobbe loro la libertà di religione. Ricorrendo alla pia favoletta della visione di Costantino, la Chiesa trasformò la sua vittoria su Massenzio in una vittoria di Dio sul paganesimo.

In realtà Costantino, spietato e lucido politico, si era reso conto che il cristianesimo era ormai vincente e che invece di combatterlo, come aveva fatto poco prima Diocleziano inutilmente, conveniva istituzionalizzarlo e in tal modo controllarlo e assoggettarlo all'Impero. Da nemico, trasformarlo in un alleato sottomesso onde togliergli ogni residua carica eversiva.

D'altra parte la dicotomia tra il cristianesimo e il giudaismo messianico era ormai conclusa da molto tempo ed era divenuta irreversibile. Secondo l'esortazione paolina i cristiani dovevano sottomettersi alle autorità temporali, accettare le disuguaglianze sociali, obbedire ai magistrati e ai funzionari dell'Impero e riconoscere la schiavitù. Erano quindi totalmente inseriti nell'ordinamento dello Stato e non destavano più preoccupazioni di ordine politico e sociale.

Una volta riconciliatosi col cristianesimo, Costantino favorì la Chiesa cattolica con ogni sorta di privilegi e con beni e donazioni. A sue spese fece edificare molte chiese dotandole di vaste proprietà; donò al vescovo romano il palazzo del Laterano, che divenne per molti secoli la sede papale; esentò il clero cattolico da ogni gravame fiscale ed equiparò la legislazione ecclesiastica a quella imperiale. Nel 321 concesse ai privati il permesso di fare donazioni alla Chiesa, accrescendone possedimenti e ricchezza. La Chiesa, pienamente mondanizzata, perché divenuta ricca e potente, si trasformò rapidamente in una istituzione imperiale, sotto la supervisione dell’Imperatore, e l'alleata più sicura di uno Stato che sfruttava pesantemente i suoi sudditi.
Nel 325, volendo dare una sistemazione definitiva al cristianesimo, Costantino, pur non essendo nemmeno battezzato e rivestendo la massima carica religiosa pagana di Pontifex Massimus (che conserverà fino alla morte), convocò e presiedette personalmente il primo concilio ecumenico della Chiesa che porta il nome di Concilio di Nicea. 

I vescovi colà convenuti dai più lontani angoli della cristianità finirono per redigere un testo, denominato "Credo degli Apostoli", col quale venne codificata l'ortodossia cristiana. Dei trecentotredici vescovi che parteciparono a questo primo grande Concilio della Chiesa solo sette erano occidentali. Si trattava di un vescovo gallico, uno calabrese, uno pannonico, uno spagnolo, uno di Cartagine e due preti romani delegati in rappresentanza del vescovo di Roma, Silvestro. Tutti gli altri erano orientali. Ciò a significare la scarsa importanza numerica e dottrinaria della Chiesa romana e d'Occidente in quel momento. Il livello intellettuale di molti padri sinodali era piuttosto basso se un contemporaneo li bollò come dei veri e propri cretini (Socrate Scolastico, Storia della Chiesa 1,8).

D'altra parte questi padri ebbero un comportamento molto strano: si lasciarono subito plagiare dalla pompa e dalle adulazioni dell'Imperatore, dai suoi appellativi di “amati fratelli” e nel redigere il "Credo degli Apostoli", una specie di "magna charta" del cristianesimo, si lasciarono imporre da Costantino i principi che egli riteneva indispensabili perché la nuova religione fosse una continuazione di quella pagana, cara alla Roma imperiale.

Così Gesù, sulla falsariga degli dèi pagani del vicino oriente, protagonisti di un'incarnazione terrena e di una morte-resurrezione rituale, con una votazione abilmente pilotata dall'Imperatore, ma nonostante ciò appena risecata, fu proclamato Dio incarnato, partorito da una vergine, esattamente come Horo, l'eroe solare egiziano figlio della vergine Iside, come Adonis, l'eroe solare persiano figlio della vergine Astarte. Il Cristo cessò così, per sempre, di essere l'Unto di Jahvé per diventare definitivamente uguale a Dio nella natura e nella sostanza (“homousia”) e perdere ogni riferimento al Messia delle profezie bibliche.

lunedì 25 giugno 2012

Il falso Jahvè. Il Regno di Giuda 125


Abbiamo visto che la teologia che ispirò la Storia Deuterenomistica può essere riassunta in cinque parole: Patto, promessa, apostasia, pentimento e redenzione, usate nel libro dei Giudici per dimostrare che tutte le sciagure che avevano colpito Israele erano punizioni di Jahvè per la ricaduta del suo popolo nell'idolatria. Ebbene, anche l'interpretazione biblica dell'invasione del Regno del Nord da parte degli assiri fu squisitamente teologica.

Nei libri dei Re l'autore biblico passa in rassegna i re d'Israele uno per uno e li giudica negativamente, ripetendo, come in un ritornello, il re tal dei tali: "fece quello che era male agli occhi del Signore; non abbandonò i peccati di Geroboamo figlio di Nebat", per concludere che l'occupazione assira e la fine del Regno d'Israele furono decretate da Jahvè per punire gli scellerati re d'Israele dediti all'idolatria, mentre il Regno di Giuda era stato preservato dall'invasione perché la maggior parte dei suoi re erano stati virtuosi.

L'autore biblico si guarda bene dallo spiegare che Israele fu invaso e Giuda risparmiato perché l'impero assiro considerava Israele, con le sue ricche risorse e la popolazione produttiva, una preda straordinariamente più allettante del povero e arretrato Regno di Giuda. A lui non serviva produrre una storia oggettiva ma fornire la spiegazione teologica dell'avvenimento e soprattutto ammonire il popolo di Giuda a non subire la stessa sorte del regno fratello del nord disobbedendo a Jahvè.

Il movimento per l'unicità di Jahvè trovò nel re Ezechia, che regnò a Gerusalemme per ventinove anni, il suo primo e fervido sostenitore. Gli autori dei libri dei Re ricordano la sua ascesa al trono di Giuda, verso la fine dell'ottavo secolo a.C., come un evento epocale. Infatti, lo dichiarano un secondo Salomone e gli riconoscono di aver unito tutto Israele attorno al Tempio di Gerusalemme, di aver eliminato le bamoth e gli altri oggetti di culto idolatri. "Egli fece ciò che è retto agli occhi del Signore come aveva fatto David suo padre: soppresse le bamoth, spezzò le stele, abbatté le asceroth, e frantumò il serpente di rame che aveva fatto Mosè poiché fino a quel tempo i figli d'Israele gli offrivano profumi (incenso), e si chiamava Nechushtan" (2 Re 18,3-5).

Ezechia, con la sua riforma religiosa che restaurava la purezza e la fedeltà del culto a Jahvè, ritenne di aver restituito a Giuda la sua santità e di essersi riappropriato l'aiuto divino, come ai tempo della conquista della terra di Canaan.

Re Ezechia


Le persecuzioni? Spesso un falso storico (“L'invenzione del cristianesimo”) 147


Neppure la persecuzione di Diocleziano fu grande come attesta la Chiesa. Ci furono dei confessori che vennero banditi o condannati ai lavori forzati nelle miniere, ma le esecuzioni capitali furono pochissime, e invece tante le abiure, come quella dello stesso papa Marcellino. La Chiesa incitava al martirio affermando che esso equivaleva ad un secondo battesimo che purificava da ogni peccato e consentiva ai martiri di salire dritti al cielo. Un promessa analoga fu fatta, in seguito, anche per i crociati che morivano in battaglia.

Gli episodi persecutori veri e propri furono quindi limitati e mai giustificarono l'ipotesi di un olocausto. Come si spiegherebbe, altrimenti, il fatto che il cristianesimo precostantiniano abbia potuto espandersi in tutte le contrade dell'Impero e consentire il proliferare di comunità di fedeli, della loro gerarchia di diaconi, presbiteri e vescovi e una produzione vastissima di testi teologici e storici da parte di uomini di cultura, come Clemente, Ireneo, Teodoreto, Tertulliano ed Eusebio?

La Chiesa – come abbiamo accennato più volte in precedenza – fin dalle sue origini ha distrutto tutte le opere contrarie alla sua ideologia e ai suoi interessi politici. Così, riguardo alle persecuzioni, ci mancano quasi completamente i testi degli editti anticristiani imperiali. Infatti, la loro raccolta, compilata dal giureconsulto Domizio Ulpiano, è stata fatta sparire dalla Chiesa postcostantiniana in quanto contraddiceva i molti falsi storici, costruiti intorno alle persecuzioni, a cominciare da quelli tramandatici da Eusebio nella sua Storia ecclesiastica, spesso privi di riscontri.

Diocleziano


domenica 24 giugno 2012

Peccato e redenzione Le funeste conseguenze derivate dal cristianesimo. 84


Se la favola infantile raccontata dalla Genesi sul peccato originale di Adamo e la demenziale invenzione che dio per redimere l'uomo peccatore ha fatto incarnare e crocifiggere il suo figlio prediletto in una donna mortale, si fossero limitate soltanto a propinare all'uomo beota l'illusione di vivere in eterno, il loro danno sarebbe stato limitato. Dopo tutto le illusioni, magari stupidamente, aiutano a vivere. Purtroppo non è stato così.


Queste supreme idiozie, nate ai primordi della civiltà, da quando sono state adottate come fondamento ideologico del monoteismo abramitico, hanno scatenato incalcolabili e devastanti danni a gran parte dell'umanità con guerre di religione, intolleranze e persecuzioni di ogni genere, repressione di ogni libertà democratica e di ogni diritto civile, asservimento fisico, morale e intellettuale, sistematica opposizione al progresso scientifico e all'evoluzione sociale e politica dell'uomo. Sono state, e sono tuttora, le più grandi sciagure dell'umanità.


Prima che l'egoico virus del monoteismo si diffondesse nel mondo col Mosè biblico, l'umanità, sotto il profilo religioso, era sempre vissuta in un'atmosfera di armonia e di pace perché nel politeismo tutti gli dèi godevano di pari dignità e venerazione (a similitudine oggi dei Santi della Chiesa Cattolica) ed erano, per così dire, intercambiabili.

Mai nell'antichità, infatti, si erano verificate persecuzioni contro chi non professava la stessa fede del gruppo di appartenenza, o guerre di religione tra popoli che adoravano divinità diverse; anzi, si formavano spesso, tra i centri cultuali dedicati ai vari dèi, fraterni gemellaggi che implicavano scambi reciproci di pellegrini e stretti rapporti commerciali.


L'enigma svelato 123


Il presbitero Demetrio, capo dei cristiani ellenisti di Damasco, conoscendo l'amicizia che univa Paolo a Giuda e Davide, invitò quest'ultimi ad una delle agapi fraterne del gruppo che si tenevano tutti i lunedì sera nella casa di un ricco cristiano di nome Eufrasio. Accettarono volentieri l'invito e furono accolti con grande rispetto. Sapevano che anche a Gerusalemme i cristiani giudei, dopo la preghiera nel Tempio, si riunivano per un pasto comunitario o agape fraterna durante il quale consumavano del pane e del vino, benedetti da Giacomo, fratello di Gesù, in uno spirito di fraternità e nel ricordo di Cristo.

 Sapevano anche che questo rito eucaristico derivava dagli esseni. Non vi avevano mai partecipato ed erano curiosi di conoscerlo. Scoprirono subito che il pasto eucaristico, istituito da Paolo in tutte le chiese da lui fondate, era molto diverso da quello praticato a Gerusalemme. Anzitutto consisteva in un vero e proprio pranzo, consumato in allegra fraternità. Solo al termine di questo subentrava il rito eucaristico. Il presbitero prendeva del pane e dopo aver reso grazie, lo benediceva e lo spezzava distribuendolo ai presenti dicendo: "Questo è il corpo di Cristo". Similmente prendeva del vino, lo benediceva e lo distribuiva dicendo: "Questo è il sangue di Cristo." E a conclusione della cerimonia, quando tutti avevano mangiato il pane e bevuto il vino dichiarava: "Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo vino, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga".

"Questo rito non ha niente a che vedere col pasto comunitario esseno" disse Davide mentre rientravano a casa. "È invece un vero rito teofagico simile a quello praticato nei culti di Attis, Adonis, Dioniso, Mitra ed Eracle, molto diffusi in tutta l'Asia Minore, soprattutto in Cilicia, patria di Paolo. Consiste nel sacrificare un toro ad uno di questi dèi e, mangiando la carne dell'animale sacrificato e bevendo un calice di vino simboleggiante il suo sangue, acquisire la natura salvifica dello Dio stesso. Con questo rito teofagico il cristiano, mangiando del pane e bevendo del vino, è convinto di nutrirsi del corpo e del sangue di Gesù. Un rito totalmente pagano che a Gerusalemme verrà considerato abominevole e blasfemo e di esclusiva invenzione paolina".

"Hai osservato un'altra cosa?" fece Giuda. "Non c'erano capelloni tra i seguaci di Paolo. Filippo e i suoi cristiani giudei non hanno preso parte al pasto comunitario. Significa che ormai sono diventate due chiese separate e forse nemiche".

In nomine Domini 20


La primavera era arrivata precoce in quell'anno del Signore 964 e la natura si era ben presto trasformata in una sinfonia di colori. In una tiepida e limpida mattina di maggio il diacono Ascanio, dopo una breve passeggiata nel suo orto, si era seduto al sole con un vecchio mantello sulle spalle e una cuffia in testa. Si era fatto magro e canuto e aveva assunto l'aspetto di un vecchio venerando che sprigionava saggezza e serenità in chiunque lo avvicinasse. Si sentiva vecchio e stanco nel corpo ma ancor sveglio e giovanile nello spirito.
Tenendo tra le mani un piccolo codice che aveva trascritto alcuni anni prima, ora posava gli occhi stanchi sul manoscritto leggendone a fatica qualche pagina, ora li alzava per riposarli e mirava estasiato i fiori e gli arbusti multicolori che allietavano il suo giardino. Ad un tratto chiuse gli occhi come stesse per appisolarsi e rimase a lungo immobile. In realtà non dormiva ma in preda ad una grandissima angoscia rifletteva sulle terribili sciagure che incombevano, quasi imminenti, sulla città.
La situazione in cui il papa Giovanni XII - l'indegno figlio del grande Alberico - si era cacciato, era disperata. L'imperatore Ottone col suo poderoso esercito stava marciando su Roma deciso di farla finita con quel giovane papa spergiuro e scellerato e se avesse incontrato resistenza, era prevedibile un'immane carneficina.
Da quando Ascanio, circa due anni prima, era stato bruscamente allontanato da consigliere papale e sostituito dal nobile Macuto, tutto quanto il giovane papa aveva costruito per la grandezza e la potenza della Chiesa e del suo Stato, era andato irrimediabilmente distrutto. A ciò bisognava aggiungere che la scandalosa condotta privata del Pontefice aveva superato ormai ogni limite, ed era sulla bocca di tutti e oggetto di scherno generale. Mai prima d'allora il pontificato romano era caduto così in basso.
Le accuse contro il papa che le alte cariche ecclesiastiche avevano denunciato per iscritto all'imperatore e la vox populi echeggiava scandalizzata, erano numerose ed inimmaginabili. Lo si accusava di passare più tempo nelle stalle coi suoi cavali che non nelle chiese, di amare smodatamente la caccia, di giocare spesso ai dadi invocando l'aiuto di Giove o di Venere, di dedicarsi a frequenti libagioni, durante le quali, in stato di ebbrezza, inneggiava a Satana o ordinava diacono qualche stalliere, di fare mercimonio delle cariche ecclesiastiche, di aver ordinato omicidi e crudeltà efferate, di essere schiavo delle più basse perversioni sessuali, perpetrando violenze fisiche su molte donne e coltivando perfino la sodomia (aveva fatto vescovo a Todi un fanciullo per premiarlo dei suoi favori). Ma quello che aveva fatto traboccare il vaso, e che era nella bocca di tutta Roma, era l'episodio della tragica fine di Priscilla, una giovane sposa che essendosi ribellata agli sgherri che tentavano di rapirla per sottoporla alle voglie papali, era stata da uno di questi incidentalmente uccisa. Era considerata da tutto il popolo un'eroina e una santa.
Mentre era così assorto nei suoi angosciosi pensieri e il sole era salito alto nel cielo, un insolito rumore lo ridestò e lo volse a guardare l'ingresso del suo orto: era la carrozza papale scortata da cinque guardie. Ascanio ebbe un sussulto. Quell'arrivo improvviso segnava indubbiamente la fine del suo tormentato riposo e forse l'inizio di nuovi, impellenti disagi.
S'avviò a ricevere l'ospite che scendeva dalla carrozza. Era il maestro di palazzo Laterano, l'eunuco Teofrasto, il quale dopo un profondo inchino gli disse: "Sua Santità desidera incontrarti subito".



sabato 23 giugno 2012

Il falso Jahvè. Il Regno di Giuda 124


La forte trasformazione economica e demografica determinò dei nuovi e radicali cambiamenti culturali e religiosi che portarono alle grandi riforme di Ezechia e del pronipote Giosia, che segneranno la definitiva rinascita religiosa di Israele. Prima che il Regno di Giuda si trasformasse in uno Stato pienamente evoluto, vi regnava, come nel Regno del Nord, un diffuso caos religioso. C'era il culto centrale nel Tempio di Gerusalemme, ma c'erano innumerevoli culti della fertilità, degli antenati e di altri dèi che affiancavano il culto di Jahvè.

Contro questo sincretismo religioso alcuni profeti (Elia, Eliseo, Amos e Osea) e un certo numero di sacerdoti di Giuda combatterono a lungo e ferocemente e la loro lotta non fu vana perché determinò la nascita di un nuovo movimento religioso che lo storico Morton Smith soprannominò "movimento per l'unicità di Jahvè". Esso affermava che si doveva adorare solo Jahvè e nel solo Tempio di Gerusalemme e dichiarava sacrileghi tutti gli altri culti del paese, e si opponeva ai sostenitori dei costumi e dei rituali religiosi giudei più antichi e tradizionali.

Probabilmente all'inizio i sostenitori del "movimento per l'unicità di Jahvè" erano una minoranza, ma crebbero rapidamente e, in seguito alla rapida diffusione dell'alfabetismo, sentirono la necessità di scrivere un testo che definisse e motivasse le loro istanze religiose e questo fu il primo nucleo storico della Bibbia. Sacerdoti e scribi avevano allora raggiunto una preparazione necessaria per intraprendere un simile compito. I libri dei Re che denunciano l'empietà della gran parte dei re del nord, ma anche di alcuni re di Giuda, riflettono in pieno l'ideologia del movimento per l'unicità di Jahvè.

Secondo lo studioso biblico Baruch Halpern è proprio in questo momento storico, tra la fine dell'ottavo secolo a.C. e l'inizio del settimo, che è possibile collocare la nascita della tradizione monoteistica della civiltà giudeo-cristiana. Ciò a dimostrare che la moderna coscienza religiosa non è nata, come offre l'interpretazione retrospettiva della Bibbia, all'epoca dei patriarchi nomadi e dell'esodo dall'Egitto, ma nel tardo ottavo secolo a.C. Se questo movimento non fosse sorto e fossero continuate le pratiche tradizionali del culto sincretico non avremmo avuto né le leggi del Deuteronomio né la Storia Deuteronomistica e forse nemmeno il cristianesimo.

Le idee del movimento per l'unicità di Jahvè contemplavano anche la restaurazione della dinastia davidica su tutto Israele, inclusi i territori dello stato settentrionale in cui vivevano molti israeliti che non erano stati deportati dagli assiri. La ricostituzione cioè del regno unito governato a Gerusalemme da un discendente di David.

Morton Smith


Esagerato il numero delle persecuzioni e dei martiri (“L'invenzione del cristianesimo”) 146


Comunque fu in seguito alla prima guerra giudaica (ordinata da Nerone) che si sviluppò a Roma il clima di tensione contro il cristianesimo (confuso col giudaismo), che andò via via crescendo nel tempo, con alterne vicende. Un episodio, riferito da Eusebio di Cesarea, riguardante l'imperatore Massimino Trace (235-238), serve ad illuminarci su questo proposito

Questo imperatore, preoccupato per il diffondersi della nuova religione che riteneva nociva all'Impero, fece stampare e diffondere le memorie di Pilato (Acta Pilati), integralmente tratte dagli archivi imperiali, al fine di rendere evidente a tutti la pericolosità politica e sociale dei cristiani. Pur essendone state create molte copie, distribuite anche alle scuole affinché gli studenti le conoscessero, di queste memorie di Pilato oggi non esiste traccia. Qualcuno, e non è difficile capire chi, ha provveduto a farle sparire perché forse davano una versione totalmente diversa della condanna di Gesù, rispetto a quella tramandataci dai nostri Vangeli. Nessuno dei ben noti polemisti cristiani dell'epoca osò contestarle nel merito. Ma se il rapporto di Pilato fosse stato favorevole a Gesù, quanto lo avrebbe strombazzato la Chiesa, una volta raggiunto il potere!

Tutti i Padri della Chiesa hanno enormemente esagerato sia il numero delle persecuzioni, sia quello dei martiri, e hanno inventato anche la favola che i cristiani dovevano nascondersi nelle catacombe per celebrare i loro riti. Oggi, però, nessun storico serio può avvallare una tale leggenda perché in realtà le catacombe (antichi cimiteri romani in disuso) furono dai cristiani usate solo per praticare i loro misteri separatamente dal “volgo profano” (in quanto si prestavano allo scopo), e per poter seppellire i loro morti con esequie religiose.

In realtà, nei primi due secoli gli imperatori diedero poco peso al fenomeno cristiano e non venne ucciso alcun vescovo. Con Traiano e Adriano e i loro successori è documentato il martirio di Ignazio, vescovo di Antiochia e alcune esecuzioni ordinate da Plinio. Le dieci persecuzioni vantate dalla Chiesa ebbero tutte breve durata e causarono un numero relativamente basso di martiri autentici. Ce lo confessa Origene quando dichiara che il numero dei martiri cristiani «è piccolo e facile da contare» (Origene op. cit. 3,8).

Durante le persecuzioni la maggior parte dei cristiani si salvò spesso con la fuga, molti però abiurarono, soprattutto sotto la persecuzione di Decio. Questa fu la prima persecuzione generalizzata e pianificata. Decretata nel 250 allo scopo di procedere al sequestro dei numerosi beni ecclesiastici, considerati illegali in quanto la Chiesa non aveva personalità giuridica, suscitò molto panico ma le sentenze capitali furono piuttosto poche.

Molti cristiani abiurarono (lapsi) sacrificando davanti ai simulacri degli dei e dell'imperatore, altri si limitarono a gettare l’incenso sulle braci e infine, i più furbi, conosciuti col nome di libellattici, ottennero con la corruzione un falso attestato di sacrificio o fecero sacrificare dai propri schiavi al loro posto. Solo pochi affrontarono il martirio o si mimetizzarono in luoghi solitari. I cristiani infedeli si pentirono e tornarono a schiere nel seno della Chiesa, che si affettò a cancellare il peccato di apostasia.

Decio imperatore


venerdì 22 giugno 2012

Nel mondo anglosassone l'eutanasia si va lentamente affermando.


In Italia il caso di Eluana Englaro ha scatenato reazioni forsennate e quasi demenziali da parte dei Torquemada d'Oltretevere e di gran parte dei nostri politici codardi e pecoroni culminate nel famigerato ddl Calabrò, che tuttora incombe sulle nostre teste e che comporta, secondo le imposizioni vaticane, la negazione totale della nostra autonomia. Invece in alcuni Paese anglosassoni l'eutanasia (accettata senza remore da gran parte della popolazione) comincia faticosamente a farsi strada anche nel mondo della giustizia e della politica, sempre arretrati rispetto all'evoluzione della società. In questi giorni infatti nello stato della British Columbia in Canada la Corte Suprema ha stabilito che il divieto per i medici di aiutare i pazienti nel suicidio assistito è incostituzionale.

Il caso è quello di Gloria Taylor, donna di 64 anni affetta da sclerosi laterale amiotrofica che si è rivolta al tribunale per poter accedere al suicidio assistito. Il giudice Lynn Smith glielo ha concesso, viste le enormi sofferenze cui sta andando incontro. Nella sentenza, egli ha dato al Parlamento canadese un anno di tempo per approvare una legge che tenga conto della volontà della persona, dichiarando che criminalizzare il suicidio assistito è una violazione dei diritti dell'uomo e potrebbe anche spingere coloro che hanno malattie terminali a suicidarsi prima, quando possono farlo da soli.

In Montana (Usa) recentemente un giudice Dorothy McCarter, sentenziando sul caso di un malato di cancro in fase terminale che lo richiedeva, ha autorizzato il suicidio assistito da un medico. Secondo il giudice, il malato terminale avrebbe dovuto somministrarsi da sé un farmaco letale prescrittogli dal suo medico In tal modo quest'ultimo non sarebbe incorso in sanzioni penali . Il Montana è ora il terzo stato degli Usa che consente questa forma di eutanasia.

Anche nel Regno Unito, nel settembre scorso, il giudice Keir Starmer, Daniel ha dichiarato non processabili i genitori del rugbista Daniel James, che lo avevano accompagnato in Svizzera per ottenere la dolce morte assistita.

Daniel James era una promessa del rugby inglese. Due anni fa, a 23 anni, ebbe un serissimo incidente durante un allenamento: rottura della colonna vertebrale, paralisi della metà inferiore del corpo. Inutili i tentativi di recupero: negli ultimi tempi muoveva solo le dita. Per porre termine a un’esistenza che gli risultava ormai insopportabile, James ha scelto il suicidio assistito, e si è recato in Svizzera, accompagnato dai suoi genitori. Il 12 settembre scorso è morto nella clinica Dignitas, come almeno altri cento connazionali prima di lui. In base alle leggi del Regno Unito, essendo tuttora l’eutanasia illegale, i suoi potevano subire una condanna fino a 14 anni di carcere, ma il giudice li ha assolti e l'opinione pubblica ha salutato con sollievo la loro assoluzione.

Questo avviene nel mondo anglosassone mentre in Italia, il Paese dei diritti negati,con una classe politica al potere, sempre più abbarbicata al Cupolone d'Oltretevere, è peccaminoso perfino pronunciare la parola eutanasia.

Daniel James


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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)