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giovedì 30 settembre 2010

In Italia sarebbe possibile un primo ministro non credente dichiarato?

Negli Stati più evoluti d'Europa come Inghilterra, Francia, Germania, Repubblica Ceca, Spagna e Paesi nordici non solo è possibile ma avviene, nei Paesi più arretrati come Italia, Grecia, Irlanda e Polonia, assolutamente no.

Nella recente visita di Benedetto XVI, il premier David Cameron e il vice Nick Clegg, hanno salutato il papa con cordiali strette di mano. Da pari a pari. I nostri politici, al loro posto, si sarebbero prostrati in ginocchio slinguazzando l'anello papale, da perfetti sudditi.

Clegg, il vice primo ministro, in campagna elettorale si è apertamente definito ateo, anche se convive felicemente con una moglie cattolica. Nessun inglese ha considerato importante il credo religioso dei suoi governanti, vuole soltanto che questo non influisca sul modo di governare.

In Italia nessun uomo politico importante è non cattolico. Da noi i parlamentari non cattolici, cui è implicitamente precluso ogni incarico di governo, sono tre ebrei, due protestanti, e una musulmana. Sono solo rappresentativi.

Nessuno è dichiaratamente ateo tra in nostri onorevoli, all'infuori forse di qualche radicale, tollerato come un lebbroso. Quasi tutti si dichiarano fedeli sudditi di sua santità, pronti ad assecondarne ogni comando.

Nel passato governo Prodi, il ministro dell’Economia Padoa Schioppa, per aver segnalato che esisteva il problema dell’iniqua esenzione dell'Ici alla Chiesa, su segnalazioner dell'Ue, è stato additato, come un reprobo miscredente.

Se però andiamo a indagare sulla vita privata di molti politici che si sbracano per il papa, troviamo che sono tutto fuorché cattolici e sono in maggioranza esclusi dai sacramenti. La Chiesa lo sa bene ma non gliene frega niente. Anzi, la loro condotta poco esemplare è quasi un vantaggio per essa perché così può meglio ricattarli.

Alla Chiesa interessa solo il potere, le laute prebende governative e l'imposizione a tutti, cattolici e non, dei suoi principi, che essa dichiara non negoziabili, ma che in realtà negano i diritti civili sanciti dalla nostra Costituzione ed impongono leggi liberticide in ogni settore come quella della nutrizione e idratazione forzate, che sta tornando in discussione in questi giorni al Parlamento. In altre parole, restaurare il medioevo.

David Cameron

L'ascetismo oggi nell'età del consumismo (“L'invenzione del cristianesimo”) 182

Lo scopo di tutta questa macerante penitenza, con la rinuncia a tutto quanto la vita può offrire di bello, buono, sano, utile e dilettevole? La beatitudine eterna nell’aldilà.

Quale aldilà? Quello utopico, chimerico, creato da una favola infantile e che nessuno ha mai visto e dal quale nessuno ci è mai venuto a informare. Una bufala mostruosa, quindi, che ma­gnificando un mondo fittizio ci impedisce il pieno godimento di quello reale.

Oggi, nell'era del consumismo imperante, nel mondo cattolico l'ascetismo è passato di moda e la massa ne ignota l'esistenza. Ma la Chiesa persegue nella sua malsana visione di intendere la vita del fedele come una perenne sofferenza e rifiuta, in base ai suoi principi pseudodivini, tutto quanto può sollevare le tristi condizioni dell'uomo.

Quindi, ad esempio, obbliga il malato terminale, che aspira ad una morte naturale e possibilmente indolore, a sopravvivere all'infinito, tra sofferenze inaudite e degrado della sua dignità, col sottoporlo alla respirazione forzata e alla nutrizione innaturale con sonde naso-gastriche.

Non è il bene della persona che alla Chiesa interessa di salvaguardare quanto i suoi principi, che millanta divini, quando invece sono soltanto delle demenziali invenzioni.

Penitente

mercoledì 29 settembre 2010

Il rogo dei libri: la più crudele manifestazione di intolleranza e di barbarie.

Il “Koran Burning Day”, cioè il rogo minacciato dal pastore battista americano Terry Jones di testi coranici, per fortuna non si è verificato, evitando così rappresaglie durissime da parte del mondo islamico.

Ma la minaccia provocatoria del pastore americano ci ha fatto comprendere che il rogo dei libri è tornato di moda e darà luogo ad altre possibili mostruosità, visto il crescente fondamentalismo religioso che infesta il mondo. La storia, fin dalle origini della civiltà, è stata sempre disseminata di simili misfatti dovuti a motivi religiosi e dispotici.

A nostra conoscenza ce ne sono a centinaia, alcuni così devastanti da annientare un'intera civiltà come quello degli spagnoli, che nel 1562 decisero di incenerire la totalità dei libri sacri dei Maya, o depauperare il mondo di opere di enorme impatto cultuale, come le distruzione della biblioteca di Alessandria nel 391.

Entrambi questi crimini sono dovuti alla Chiesa cattolica che per più di un millennio coi roghi ha arrostito oltre i libri anche gli eretici. Basta andare al vaticano Salone Sistino per vedere affreschi tardocinquecenteschi che illustrano questi obbrobri.

La distruzione di testi antichi è stata la più devastante perché ha determinato la cancellazione definitiva delle opere, mentre dopo l'invenzione della stampa seriale di Gutenberg, alla metà del XV secolo, con la conseguente moltiplicazione delle copie di un testo, ha avuto un impatto minore, più simbolico che reale.

E oggi, nella generazione informatica del terzo millennio, il rogo dei libri è pressoché inutile in tal senso. La rete informatica, diffusa capilarmente in tutto il globo, impedisce in modo totale di annullare reperibilità e fruizione dei libri e ancor meno di estirpare l’intera cultura di riferimento.

Quindi oggi il rogo di libri rappresenta una pura esibizione di condanna ideologica dei contenuti che essi rappresentano, ritenuti religiosamente o politicamente destabilizzanti. Il danno materiale è nullo, quello ideologico, massimo.

Il pastore battista americano Terry Jones questo voleva: bruciando il Corano inviare un devastante messaggio di disprezzo alla religione musulmana per farla apparire non solo falsa rispetto al suo cristianesimo, ma addirittura demoniaca. Un caso lapalissiano di follia religiosa.

Rogo di 600 libri ordinato da Torquemada nel 1490

La donna creatura peccatrice per antonomasia e seduttrice dell'uomo (“L'invenzione del cristianesimo”) 181

L’odio di Paolo per il corpo, inteso come sede del peccato, si trasmise, come abbiamo visto sopra, nel cristianesimo primitivo e in molti Padri e dottori della Chiesa (Basilio, Gregorio di Nissa, Lattanzio, Origene, Tertulliano e così via) per i quali il mondo andava inteso come una valle di lacrime e la vita terrena un “letamaio”.

Si doveva sempre vivere nel lutto e nella penitenza, vestiti di stracci e coi capelli incolti. Questa ascesi cristiana determinò la totale mortificazione delle passioni. Conseguentemente il sesso venne aborrito e la donna, con marcato disprezzo, considerata soltanto un’entità sessuale, ignorando la grande considerazione che Gesù aveva nutrito per le molte discepole che lo accompagnavano nei villaggi della Galilea.

Nella Chiesa cattolica dei primi tre secoli, la donna è vista come una creatura volgare, carnale e seduttrice dell’uomo. È Eva, la peccatrice per antonomasia (Tertulliano, De exhortatione castitatis 9,10).

Anche il matrimonio venne disprezzato da Paolo che lo considerava una concessione alla carne peccaminosa, un male necessario, consentito solo «onde evitare di cadere in preda alla concupiscenza» (1 Corinzi 7,1 sgg.).

Per lui, che nella stessa Lettera (7,1) si dichiara sessualmente impotente, era proferibile rimanere scapoli giacché il matrimonio non recava con sé nulla di buono (1 Corinzi 7,28 sgg.). Agostino non era da meno e, spregiativamente, lo considerava il veicolo di trasmissione del peccato originale.

Adamo ed Eva dopo la cacciata dall'Eden

martedì 28 settembre 2010

Il delitto di “ lesa santità”

In un post precedente ho scritto che toccare il papa in Italia è il tabù dei tabù e il delitto di “lesa santità”, ancorché non scritto in nessun codice, è il più imperdonabile.

Si può criticare e sputtanare chiunque in campo politico e sociale, e il gossip a tutti i livelli è diventato un'arma micidiale per annientare gli avversari, come vediamo fare a certi giornali-latrina, ma sua santità non va sfiorato nemmeno con l'ala di una farfalla. Siamo o non siamo in Italia, la sacrestia d'Europa?

Abbiamo visto cos'è successo poco tempo fa nell'Isola dei Famosi allo scrittore Aldo Busi. Da convinto anticlericale e anticonformista com'è, con linguaggio colorito e tagliente, e con un ghigno veramente feroce ma simpatico, aveva esternato in Tv le cose più ovvie sull'ipocrisia e il perbenismo dell'opinione pubblica, e aveva alluso vagamente all'omofobia/omofilia dell'alto e basso clero, sfiorando anche sua santità e, apriti cielo, lo sconcerto nei sacri palazzi della Rai, bigotta e teocratica, è subito arrivato alle stelle.

Per il povero Busi la decretazione del rogo mediatico è stata fulminea. Mai più in TV un simile reprobo.

È successo anche a quel povero giornalista televisivo che, notando la scarsa affluenza di pubblico ad accogliere il papa in una certa manifestazione, aveva riferito che ad accoglierlo c'erano quattro gatti. Licenziato in tronco per duplice misfatto: aver sminuito l'accoglienza di sua santità e offeso i gatti che sono i suoi animali preferiti.

Ma non solo in TV il papa è intoccabile. Giorni fa a Casale Corte Cerro, in provincia di Verbania, l'opposizione in Consiglio Comunale ha presentato una mozione di condanna diretta al post di un blog: quello di Giorgio Rapetti, consigliere comunale di maggioranza, che aveva osato scrivere (udite, udite!) che Papa Benedetto XVI va in giro "su una poltrona d'oro" e non fa molto per risolvere i problemi del mondo. Una ovvietà assoluta.

I bigotti dell'opposizione si sono stracciati le vesti esacerbati dal fatto che Rapetti, in quanto consigliere comunale, aveva mancato di rispetto al papa. Tanto più che ai nostri giorni il papa è diventato, tramite i media imperanti, una star mondiale.

Il Sindaco di Casale Corte Cerro ha rigettato la mozione con la scusa che il regolamento comunale prevede la discussione di mozioni sull'operato del Sindaco e della Giunta e non di un semplice consigliere comunale. Doveva invece rivendicare il diritto di ogni cittadino di poter criticare chiunque, se ne ha motivo, come prevede il nostro ordinamento democratico.

E' ora di smetterla di considerare i capi religiosi intoccabili e al di sopra degli altri mortali solo perché millantano, come gli antichi stregoni, assurde investiture divine da parte di un dio chimerico di loro invenzione.

Benedetto XVI

Paolo e non Gesù l'inventore dell'ascetismo cristiano (“L'invenzione del cristianesimo”) 180

La prima religione redentrice, infatti, fu l’Orfismo, nato in Grecia nel VI secolo a.C., per opera del mitico cantore tracio Orfeo. Questa religione diede origine alla produzione di Sacre Scritture che garantivano la felicità ultraterrena a tutti coloro che attuavano il rifiuto del corpo, attraverso l’ascesi, e minacciavano un terribile destino di sofferenze eterne per chi, invece, si fosse abbandonato alle gioie della vita.

Paolo, nativo di Tarso (attuale Turchia) nella quale era diffusissimo il culto dei Misteri Orfici e delle divinità soteriche (Attis, Dioniso, Eracle e Mitra), introdusse nel sua cristianesimo personale le perversioni penitenziali di quelle religioni e le impose a tutto l’Occidente.

Nelle sue Lettere, che influenzarono potentemente i futuri quattro Vangeli nonché gli Atti degli Apostoli, per il suo delirio contro il corpo, da lui chiamato la “carne”, considerato la sede del peccato, egli afferma che i1 cristiano deve «spossare e asservire il corpo», «ucciderlo» (1 Cor. 9,27; Galati, 5,24; Romani, 8,13; Colossesi 3,5), in quanto esso è un «corpo di morte» e tutto ciò che vuole «significa morte» e «odio contro dio» (Romani, 7,18; 7,24; 8,6 sgg.).

In Galati scrive con veemenza: “Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissenso, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezza, orge e così via” (Galai 5, 19-21).

Un vero catalogo di nefandezze e turpitudini che rendono l'uomo più malvagio degli animali allo stato brado. Quindi la vita del cristiano, per contrastare la sua degradazione, doveva incentrarsi nell’ascesi

lunedì 27 settembre 2010

La Ue processa l'Italia per lo sconto Ici alla Chiesa

Nel 2005 il governo Berlusconi, in piena campagna elettorale per ingraziarsi il voto dei cattolici, decretò la totale esenzione dell'Ici sui beni della Chiesa, sottraendo all'erario italiano la bella sommetta di due miliardi di euro l'anno. Il governo Prodi nel 2006, sotto pressione dalla Ue, tentò di restringere l'esenzione solo alle attività "non esclusivamente commerciali".

Ma la Chiesa, con la sua millenaria astuzia (per usare un eufemismo), vanificò le restrizioni imposte da Prodi ricorrendo al trucco di dotare i suoi edifici, adibiti a lucrose attività commerciali (alberghi, cinema, teatri, campi di calcio, piscine, scuole private, cliniche private, ecc), di una cappella, un altarino o anche una semplice foto di santo o madonna con lumino acceso, per trasformarli, ipso facto, in luogo "non esclusivamente destinato al lucro", e quindi non tassabili.

Tutti i politici ne erano a conoscenza ma la piovra d'oltre Tevere non si poteva toccare perché foraggera di voti. Finché il radicale Maurizio Turco (grazie Maurizio!) assistito dal fiscalista Carlo Pontesilli non denunciò la cosa a Bruxelles. I commissari dell'Ue furono allora costretti ad intervenire.

Aprirono per due volte un'inchiesta e per ben due volte dovettero archiviarla per le pesanti bordate della diplomazia vaticana che spadroneggia anche in Europa.

Di fronte all'ennesima archiviazione, però, i denuncianti non si diedero per vinti e si rivolsero alla Corte di giustizia che costrinse il commissario Almunia ad aprire un'indagine formale dell'Ue per aiuti di Stato incompatibili con le norme sulla concorrenza. Questa procedura sarà aperta a metà ottobre dalla Commissione europea e dovrà concludersi entro 18 mesi.

"L'azienda Chiesa" conta circa 100 mila fabbricati (senza contare quelli delle parrocchie che forse sono ancor di più) fra i quali un centinaio di "case per ferie", "case vacanze", "rifugi per pellegrini" per un totale di quasi 10 mila posti letto a Roma e nel Lazio. Come spiega il presidente di Federalberghi Roma, Giuseppe Roscioli, ciò porta alla Chiesa " un indotto di 6 miliardi e 900 mila euro all'anno".

Ma godendo di un'esenzione totale dal pagamento dell'Ici e del 50% da quello sull'Ires, la Chiesa ha un risparmio annuo che si avvicina ai due miliardi di euro con vantaggi competitivi rispetto ai concorrenti laici. Una cosa ignominiosa, una concorrenza supersleale e truffaldina.

Se l'Italia sarà condannata (come si aspettano tutti i cittadini laici e ossequienti alla Costituzione), dovrà chiudere questa esenzione infame e chiedere alla Chiesa il rimborso delle tasse non pagate, e allora ne vedremo delle belle.

Perché la Chiesa, spudoratamente ricca (oltre il miliardo con l'otto per mille riceve fior di miliardi come contributi degli enti locali, da parte cioè di regione, provincia e comuni) ricorrerà a infiniti ricatti pseudomorali e pseudoreligiosi, ma in realtà soltanto elettorali, per costringere i nostri politici, in massima parte appecorati al Vaticano, ad impedire che ciò avvenga.

E costoro, non importa da che parte stiano, con vergognose contorsioni, al limite del lecchismo, faranno di tutto per non incassare quella decina di miliardi che la Chiesa ci ha usurpato e che tanto gioverebbero alle casse esauste del nostro Stato.

Maurizio Turco

Gli asceti perennemente tormentati da pensieri perversi e lascivi (“L'invenzione del cristianesimo”) 179

Una mortificazione così drastica e assoluta degli istinti più naturali e, soprattutto, la demonizzazione e repressione del sesso, rendevano gli asceti continuamente ossessionati da pensieri perversi e lascivi. Infatti tutti costoro erano incessantemente tentati dal sesso, identificato con Satana, e vivevano tra continui tormenti.

Santa Teresa d’Avila confessava che di continuo ogni vizio era in lei risvegliato, e Santa Caterina da Siena si dichiarava perseguitata da intere schiere di demoni, che lussuriavano nella sua cella e persino in chiesa.

San Gerolamo, autore della Vulgata (la Bibbia tradotta in latino), dottore e Padre della Chiesa, confessava che, pur vivendo tra bestie e scorpioni, era continuamente tormentato da visioni di belle fanciulle danzanti che lo tentavano. «Il mio volto era pallido per il digiuno, ma nel corpo freddo lo spirito ardeva di caldissime brame, e nella fantasia di un uomo, la cui carne era da lungo tempo pressoché morta, ribolliva ancora il fuoco di maligne libidini».

Ma chi fu ad introdurre nel cristianesimo questa forma aberrante e psicotica di penitenza? Non Gesù, che non l’ha né predicata né praticata. Nei Vangeli non ne troviamo traccia. Anzi leggiamo che i farisei lo trattavano da gaudente perché ignorava i digiuni e partecipava con gioia ai banchetti. E allora? È stato Paolo di Tarso, il San Paolo della Chiesa.

Le sue Lettere ne rigurgitano. Dobbiamo solo a lui l’introduzione nel cristianesimo, di cui è l’assoluto inventore, di questa forma disumana e mostruosa di rinuncia alle gioie della vita e ai sani istinti del corpo.

Paolo costruì il suo cristianesimo personale, che la Chiesa ha ereditato, assemblando un po’ di giudaismo e molto paganesimo. Dal paganesimo trasse, tra le altre cose, il battesimo e l’eucaristia, ma anche l’ascesi, deducendola dai misteri orfici.

San Girolamo

domenica 26 settembre 2010

La schiavitù in quanto tale,considerata nella sua natura fondamentale, non è del tutto contraria alla legge naturale e divina ; Possono esserci molti giusti diritti alla schiavitù e sia i teologi che i commentatori dei canoni sacri vi hanno fatto riferimento ......Non è contrario alla legge naturale e divina che uno schiavo possa essere venduto, acquistato , scambiato o regalato.
Pio IX (Istruzioni , 20 giugno 1866)

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 37^ Puntata

Impiegarono alcuni giorni ad arrivare nei pressi di Gerusalemme. Fino a Gerico la natura era bella e ridente; sembrava di essere in un'oasi verdeggiante. Ma, appena fuori della città, tutto diventava improvvisamente arido e cupo. Niente acqua nei ruscelli, niente vegetazione ridente; soltanto terra brulla e petrosa. Quello spettacolo desolato li rattristò, e fece loro rimpiangere la verde e dolce Galilea.

Arrivarono a Gerusalemme al tramonto. La città era già invasa da pellegrini provenienti da tutta la Palestina. Impiegarono più di mezz'ora ad attraversare una delle cinque porte d'ingresso, tanta era la folla che si era accalcata. Ci volle un'altra mezz'ora abbondante per raggiungere la locanda frequentata da Giuda. Si resero conto che sarebbero rimasti senza un buco in cui dormire se fossero stati dei pellegrini qualsiasi.

Avevano a disposizione una stanza, appena sufficiente per due giacigli e dotata di un tavolo per mangiare Era una sistemazione, date le usanze del tempo, quasi lussuosa. Dopo un rapido bagno e una cena frugale, si sdraiarono nei giacigli e caddero subito in un sonno profondo.

L'indomani, poco dopo il sorgere del sole, erano pronti per la visita al Tempio. Giuda si assicurò che avessero un aspetto decoroso. Fece ripulire e spolverare le tuniche e i calzari perché i guardiani del sacro edificio, in quei giorni, si erano fatti più esigenti in fatto di pulizia e di decoro.

Nonostante l'ora mattutina, la città già brulicava di gente d'ogni foggia e colore. Oltre ai molti pellegrini, c'erano parecchi forestieri, riconoscibili dal vestiario e dall'acconciatura, e molti contadini che conducevano asini carichi di panieri, d'otri e di gabbie. Davide, che da molti anni non frequentava la città, notò con raccapriccio che in molte strade le fogne erano ancora a cielo aperto e la gente usciva dalle case per vuotarci le acque sporche.

Salirono la rampa che conduceva alla Porta Reale del Tempio e s'imbatterono nelle prime bancarelle. A mano a mano che avanzavano, queste si spandevano ovunque, invadendo ogni più piccolo spazio attorno al grande edificio. Si commerciava di tutto in un bailamme di lingue e di grida: candele, incenso, mira, colombe; perfino unguenti, medicinali e profumi. In una zona più appartata erano ammassati, in un ampio recinto, animali da offrire per i sacrifici: agnelli, capretti e vitellini.

Muggivano e belavano in continuazione, quasi presagi della loro morte imminente. Le bancarelle più rumorose erano quelle dei cambiavalute che convertivano monete provenienti da tutto l'Impero, in valuta locale. Costoro gridavano con voce alta e stridula per attirare i clienti; sorridevano servili a chi si avvicinava e diventavano ossequiosi al passare di un sacerdote. Frequenti erano i battibecchi tra clienti e cambiavalute, accusati spesso questi ultimi di brogli e usura.

Superate le bancarelle si diressero lentamente all'interno del Tempio. Attraversarono la balaustra che segnava il limite oltre il quale i pagani non potevano entrare, pena la morte, e s'inoltrarono nella navata in cui si ergeva l'altare dei sacrifici. Questa, immensa e altissima, era tutta avvolta in una nuvola d'incenso, che si alzava da tre enormi tripodi, così densa da offuscare, quasi, la luce delle mille candele accese.

Davide, seguito da Giuda, si avvicinò, per quanto poté, alla pedana dell'altare che si innalzava grande e imponente nel mezzo e consentiva a decine di sacerdoti di officiare contemporaneamente. La scena che si presentò ai suoi occhi fu terrificante. Vide i leviti, che fungevano da assistenti, trascinare gli agnelli e gli altri animali da sacrificare verso l'altare. Il belato di quegli innocenti faceva accapponare la pelle.

I sacerdoti, con gesti rapidi e decisi, affondavano il coltello nella gola dell'animale. Il sangue che sgorgava copioso, in parte si riversava sulle scanalature dell'altare che lo facevano defluire all'esterno, in parte veniva raccolto in un vaso d'argento per essere offerto al Signore. La macellazione si susseguiva una all'altra.

Era un continuo sgozzare animali, nel puzzo nauseante del sangue frammisto all'odore delle candele e dell'incenso. Un enorme frastuono, prodotto dal suono contemporaneo di cetre, triangoli, trombe d'argento e dal salmodiare dei leviti, rendeva quella scena ancor più allucinante.

Davide si sentì invadere da un orrore indicibile dinanzi a tanta mostruosa crudeltà. Gli si strinse un nodo alla gola, gli si appannarono gli occhi e cominciò a vacillare. Sarebbe caduto per terra se Giuda, prontamente accortosi del suo disagio fisico, non lo avesse sorretto. Si riprese subito. Aveva la fronte madida di sudore ed era pallidissimo. "Usciamo da questa specie di mattatoio", sussurrò con un filo di voce.

Appena fuori, lontano dai miasmi e dal frastuono, fece alcuni lunghi respiri e riprese il suo naturale incarnato. Era, però, ancora visibilmente scosso. Per la prima volta gli era apparsa, in tutto il suo orrore, la religione dei suoi padri, quella che Mosè aveva creato con l'ausilio dei tuoni e del roveto ardente.

Capì, con vivida chiarezza, che per aprire le nuove vie dello Spirito bisognava abolire quei ripugnanti sacrifici, sopprimere un sacerdozio empio e arrogante, abbattere il Tempio, ormai ridotto ad un guscio svuotato d'ogni religiosità e, cosa forse ancor più importante, abrogare la Legge, ridotta ad un'accozzaglia di norme esteriori, vuote, bigotte, aride, senza cuore, senza umanità, senza l'alito del divino.

Niente più riti crudeli e tributi di devozione formale, ma soltanto un culto fondato sull'amore, sulla carità, sulla libertà dello spirito, sul rapporto diretto d'ogni uomo con Dio. E provò anche la netta sensazione di non appartenere più al popolo ebreo, alla sua religione falsa e disumana, e questa constatazione gli provocò un'ebbrezza che lo colmò di gioia. Si sentì improvvisamente leggero come se si fosse scrollato di dosso secoli d'orrore e di cecità, come se avesse tagliato tutti i ponti col passato per appartenere solo all'umanità.

sabato 25 settembre 2010

L’eredità avvelenata di Marcinkus

La Chiesa Cattolica fin dai tempi di papa Leone XIII disporre di una dottrina sociale, fondata sulla lotta alla povertà e la demonizzazione del danaro, definito "sterco del diavolo".

L'ostilità verso i ricchi e le classi abbienti, è presente in molto passi evangelici: “Guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame” (Luca 24, 25). "... è più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio" (Matteo 19,22). In sintesi, nei Vangeli, i ricchi non vengono condannati per i loro peccati ma semplicemente per la loro ricchezza.

Però,nonostante la sua dottrina sociale, fondata sulla lotta alla povertà, e nonostante i molti passi evangelici che tuonano contro la ricchezza, la nostra Santa Romana Chiesa è l'unica religione ad avere una propria banca per maneggiare affari e investimenti, l'Istituto Opere Religiose, meglio conosciuto come IOR.

Si tratta di una banca coi fiocchi, che tratta affari di altissimo livello e che gestisce miliardi di euro di depositi offrendo ai correntisti, fra i quali "qualcuno ha avuto problemi con la giustizia", rendimenti superiori ai migliori hedge fund e un vantaggio inestimabile: la totale segretezza.

Insomma un vero paradiso fiscale in Terra, utilizzato da chi non solo non vuole pagare le tasse ma anche vuol riciclare capitali sporchi.

Quando, sotto il pontificato di Paolo VI, a capo dello Ior fu nominato Paul Marcinkus, il figlio di un lavavetri lituano, nato a Cicero (Chicago), la banca vaticana iniziò una serie incredibile di scandali che non si è ancora del tutto conclusa.

Avendo salvato Paolo VI dall'attentato nelle Filippine, mons. Marcinkus fu protagonista di una clamorosa carriera che lo portò in breve tempo al cardinalato prima e al dominio assoluto della banca vaticana poi.

Il personaggio era davvero unico: alto e atletico, buon giocatore di baseball e golf, un Avana perennemente incollato alle labbra, stupende segreterie bionde alla Marylin Monroe, auto fuoriserie e amici pokeristi poco raccomandabili, perché soci della P2. Più un avventuriero di Wall Street che un pacioso prelato.

La gestione spericolata dello Ior da parte di Marcinkus si concluse con il clamoroso scandalo del Banco Ambrosiano che provocò un crac di 1.159 milioni di dollari e la rovina di decine di migliaia di famiglie e costrinse la banca vaticana a versare 406 milioni di dollari ai liquidatori.

Lo scandalo fu accompagnato da una scia di cadaveri eccellenti: Michele Sindona, Roberto Calvi, il giudice istruttore Emilio Alessandrini e l'avvocato Giorgio Ambrosoli. Ma a Marcinkus viene attribuita anche la morte inspiegabile di papa Luciani, dopo soli 33 giorni di pontificato, alla vigilia della sua decisione di rimuovere i vertici dello Ior.

Quando papa Woytjla fu costretto ad allontanare, suo malgrado, l'autore del crac Ambrosiano dalla presidenza dello Ior non spese una parola di condanna perché Marcinkus era e rimane per le gerarchie cattoliche "una vittima", anzi "un'ingenua vittima".

Con l'arrivo alla presidenza dello Ior di Angelo Caloia prima e, recentemente, di Ettore Gotti Tedeschi, due galantuomini della finanza bianca, molte cose sono cambiate. Altre no, per l'opposizione di alcuni esponenti della vecchia gerarchia vaticana. Per cui gli scandali sono proseguiti, da Tangentopoli alle stragi del '93, alla scalata dei "furbetti" e perfino a Calciopoli.

E continuano anche ai nostri giorni con la violazione della direttiva Ue sulla prevenzione del riciclaggio. Il denaro per la Chiesa, diventata una delle massime potenze finanziarie del mondo, non è più,eufemisticamente parlando, "sterco del diavolo", ma un prezioso dono divino.

Ce lo conferma Marina Marinetti su Panorama Economy spiegando che, con oltre 407 mila dollari di prodotto interno lordo pro capite, la Città del Vaticano è di gran lunga lo "Stato più ricco del mondo".

cardinale Paul Casimir Marcinkus

Demonizzazione del corpo e repressione delle sane gioie della vita (“L'invenzione del cristianesimo”) 178

Il disprezzo del corpo, «consideralo un immondezzaio, qualcosa che ti fa schifo al solo pensarci» secondo Giovanni d’Avila, dottore e santo della Chiesa, era tale che innumerevoli monaci lo trascuravano completamente, lasciandolo denutrito, sporco e irsuto. San Francesco addirittura considerava come fratelli i pidocchi, compiacendosi di averne in grande abbondanza per il corpo.

Dalle cronache del tempo sappiamo che, nel Medioevo. tutti si lavavano poco, ma che gli asceti erano inavvicinabili per il fetore che emanavano. Non solo loro, ma anche i grandi ecclesiastici, non si lavavano mai per non dover toccare le loro parti intime, da loro dette le “pudenda”, durante il bagno, e cadere in tentazione.

Santa Caterina da Siena insegnava, infatti, che i lavamenti del corpo non erano propri della sposa di Cristo (il quale, durante gli amplessi mistici, doveva forse turarsi il naso). Naturalmente usavano anche poco forbici e rasoi per cui avevano l'aspetto dei nostri barboni. Tanto erano puliti e curati i pagani antichi, tanto erano sporchi e irsuti i cristiani di tendenza ascetica.

In un contesto simile la donna era vista come una tentazione, il mondo come una valle di lacrime e la vita come una perenne mortificazione.Gli storici ci raccontano che, nei primi secoli del cristianesimo, molti monaci ed eremiti che vivevano in Siria e in Mesopotamia, erano nudi o vestiti di stacci e che si nutrivano esclusivamente brucando l’erba, come ci racconta lo storico Sozomeno (Storia della Chiesa 7,15).

In Etiopia, gli eremiti del territorio di Chimezana erano diventati così concorrenti con le capre del luogo che i pastori si videro costretti a ricacciarli nelle loro spelonche, dove morirono di fame. Sappiamo che nel VI secolo un anacoreta, che viveva presso il Giordano, era da tutti conosciuto come Pietro il Pascolatore e che Apa Sofroniade, un altro anacoreta dello stesso periodo, brucò per settant’anni, nudo, sulle rive del Mar Morto. Più vegetariani di così!

Ma ci sono testimonianze di un ascetismo inimmaginabile che ci riempiono di orrore e di ribrezzo. Ecco alcuni esempi. Santa Margherita Alacoque, vissuta nel XVII secolo, nella sua autobiografia ci narra che, per penitenza, beveva con somma sua delizia soltanto l’acqua usata nel lavaggio dei panni sporchi, mangiava pane ammuffito e non disdegnava le feci degli ammalati di diarrea. Fu fatta santa da papa Pio IX, forse come protettrice dei coprofagi.

Un’altra santa, Sant’Angela di Foligno (XIII secolo) beveva l’acqua con la quale aveva lavato i lebbrosi. Santa Caterina da Genova (XVI secolo) leccava con la sua lingua la sporcizia dagli abiti dei poveri, inghiottendo sterco e pidocchi. Più che di asceti, qui siamo di fronte a degli psicotici demenziali.

Santa Caterina da Siena

venerdì 24 settembre 2010

Il buco nero dello Ior

I due massimi responsabili della banca vaticana, il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi e il direttore generale Paolo Cipriani, sono indagati dalla Procura di Roma per violazione della direttiva Ue sulla prevenzione del riciclaggio.

L'iscrizione di Gotti Tedeschi e dell'altro dirigente nel registro degli indagati è legata al sequestro preventivo di 23 milioni di euro, provenienti dallo Ior, che si trovavano su un conto corrente aperto presso la sede romana del Credito Artigiano spa dei quali 20 milioni dovevano essere trasferiti alla JP Morgan Frankfurt e altri tre alla Banca del Fucino, omettendo di indicare le generalità dei soggetti per conto dei quali veniva eseguiva l'operazione.

Questo reato omissivo della norma antiriciclaggio del 2007 (che ha lo scopo di prevenire terrorismo e riciclaggio di capitali illeciti o mafiosi), se riconosciuto, viene punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa da 500 a 5000 euro.

L'indagine della Procura di Roma prende l'avvio dal fatto che dal 2003 la Cassazione ha attribuito alla giurisdizione italiana competenza sulla Banca vaticana e da quasi due anni sono in corso accertamenti su una decina di istituti di credito italiani in rapporti con lo Ior, per presunte irregolarità in materia di norme anti-riciclaggio.

“Questa inchiesta sull’ipotesi del mancato rispetto delle norme europee anti-riciclaggio è uno schiaffo in faccia alla politica di rinnovamento e all’operazione trasparenza tanto invocata da Papa Ratzinger” ha dichiarato Gianluigi Nuzzi, autore di “Vaticano s.p.a”, che racconta 50 anni di scandali all’ombra del cupolone, e fa comprendere che dopo quasi trent'anni di continue illegalità l'istituto di credito vaticano non è ancora del tutto bonificato e tuttora incombe su di esso l’eredità avvelenata di Marcinkus.

La sede dello Ior si trova all'interno delle mura vaticane in una suggestiva torre del Quattrocento, fatta costruire da Niccolò V, con mura spesse nove metri alla base. L'ingresso è una porta discreta, senza una scritta, una sigla o un simbolo, ma presidiata delle guardie svizzere notte e giorno.

All'interno si trova un solo sportello attraverso il quale passano immense e spesso oscure fortune che godono di due privilegi inestimabili: rendimenti superiori ai migliori hedge fund e la totale segretezza. Tutti i depositi e i passaggi di danaro avvengono con bonifici, in contanti o in lingotti d'oro e non lasciano traccia. Le stime più prudenti calcolano 5 miliardi di euro di depositi.

Più impermeabile ai controlli delle isole Cayman, più riservato delle banche svizzere, l'istituto vaticano è un vero paradiso fiscale in terra. Da sempre lo Ior è un buco nero in cui nessuno ha osato guardare fino in fondo.

Dal 1989, dopo l'allontanamento di Marcinkus e l'arrivo alla presidenza di Angelo Caloia, un galantuomo della finanza bianca, è stata tentata da quest'ultimo, e dal suo successore Gotti Tedeschi, una bonifica, sempre però osteggiata, sotterraneamente, dalle gerarchie vaticane disponibili ad ogni compromesso con tutta la Roma che conta, politica e mondana.

Ma anche col capitale mafioso. Basta entrare con un monsignore importante per poter aprire un conto segreto. La glasnost finanziaria iniziata da Caloia non è riuscita, quindi, ad impedire che l'ombra dello Ior venisse evocata in quasi tutti gli scandali degli ultimi vent'anni. Da Tangentopoli alle stragi del '93, alla scalata dei "furbetti" e perfino a Calciopoli. Fino ai nostri giorni.

Ingresso della banca IOR

L'ascetismo cristiano nel Medioevo (“L'invenzione del cristianesimo”)177

La parola ascetismo (dal greco áskesis: esercizio, allenamento), era in origine riferita all’ambito atletico, inteso come irrobustimento del corpo.

Ma con Platone questo termine mutò completamente significato, e con un totale capovolgimento semantico prese ad indicare il ferreo dominio delle passioni, la mortificazione del corpo, la rinuncia ad ogni forma di mondanità e di gioia di vivere.

Nella Chiesa primiva, e per tutto il Medioevo, la fuga dal mondo, l’astinenza, la rinuncia ai sensi e alla corporeità, la mortificazione più ossessiva, una vita ininterrotta di penitenza e di pensieri fissati sul mea culpa, erano l’imperativo categorico non solo di molti ecclesiastici ma anche del popolino più minuto.

San Basilio, dottore della Chiesa, proibiva ai cristiani qualsiasi divertimento, anzi persino il riso e le gioie più innocenti della vita. San Gregorio di Nissa paragonava l’intera esistenza umana ad un “letamaio” e considerava peccaminoso anche odorare il profumo di un fiore o contemplare la bellezza di un tramonto.

Per tutto il Medioevo cristiano l’ideale più elevato, inteso come precetto divino, era un’esistenza ostile al corpo e agli istinti naturali, anche più comuni e sani, come il nutrirsi e le pratiche di erotismo.

Anzi, tutto quanto apparteneva al sesso, era considerato peccaminoso in sommo grado. Mentre era considerato santo ciò che patologicamente rinnegava ogni forma di piacere: l’astinenza, i lunghi digiuni, i torrenti di lacrime, la sporcizia, la veglia forzata, e tutti gli eccessi masochistici della fustigazione.

In altre parole: la rinuncia totale ad ogni gioia di vivere e la demonizzazione del corpo. Per molti storici l’Europa medievale assomigliava quasi a un enorme manicomio.

Gregorio di Nissa

giovedì 23 settembre 2010

“Se l’è cercata”

La battuta-aforisma pronunciata alla TV qualche settimana fa dal senatore a vita Giulio Andreotti sull’uccisione di Giorgio Ambrosoli (su mandato di Michele Sindona, stimato amico dello stesso Andreotti), è la spia di una cultura tipica della nostra classe politica, rotta ad ogni cinismo perché da sempre collusa da una parte col male endemico delle varie attività mafiose e dall'altra con lo sterminato serbatoio dell’illegalità che succhia al nostro Paese ben 60 miliardi ogni anno in tangenti.

Chiunque in Italia si batte con determinazione e coraggio alla difesa della legalità (parola oramai quasi oscena nel mondo politico bipartisan) viene equiparato al povero Donchisciotte che si batteva contro i mulini a vento e anziché venir onorato come un martire, può al massimo essere considerato un povero sprovveduto. Ma il peggio è che anche molti benpensanti di ogni strato sociale condividono la stessa opinione.

Certo, ufficialmente il martirio di chi cade vittima del crimine organizzato viene riconosciuto, non siamo ancora arrivati al cinismo assoluto. Ma basta un lapsus freudiano, come quello accaduto ad Andreotti, per far cadere la maschera.

Anche don Pino Puglisi, il prete ucciso a Brancaccio dalla mafia palermitana: “se l’è cercata”, perché era sì un buon prete amato dai fedeli per la sua attività pastorale, ma si impicciava di cose che andavano oltre il perimetro della chiesa parrocchiale e della sacrestia.

Non si era adeguato al cardinale Ernesto Ruffini, che considerava “la mafia un’invenzione dei continentali per diffamare la Sicilia”, né al cardinale Pappalardo che raccomandava al clero siciliano di non coinvolgersi in nessuna forma pubblica di “lotta alla mafia”, di non negare i funerali e i sacramenti a noti boss mafiosi che li chiedevano, di non consentire che spesso le sacrestie ospitassero i convegni della cupola.

D'altra parte la mafia non è atea, anzi osserva le pratiche religiose e si vanta di difendere la religione dal comunismo ateo e, “cristianamente”, si è sempre impegnata in politica ad elargire benefici pubblici a favore della Chiesa e delle sue strutture.

Quindi i mafiosi di Brancaccio non hanno ucciso don Pino in odio alla loro stessa fede, ma solo perché questo prete impiccione ostacolava le loro imprese. Insomma, davvero don Pino “se l’era andata a cercare”.

Giorgio Ambrosoli

Perversioni e superstizioni del cristianesimo (“L'invenzione del cristianesimo”) 176

Tutte le religioni, essendo frutto di aberrazioni mentali, sono impregnate di perversioni e di superstizioni.

Ma è il il cristianesimo che ha saputo elaborare, più di ogni altra religione, queste forme obbrobriose che rasentano in molti casi la demenzialità, come vedremo nelle prossime puntate.

Eppure, milioni di cristiani, specialmente cattolici, accettano queste mostruosità senza avvertire né il ridicolo, né l'assurdo, tanto profondo è il plagio cui sono stati sottoposti, fin dalla prima infanzia.

Cominceremo dall'ascetismo, vera e propria follia autodistruttrice che nel passato, specie nel Medioevo, ha tormentato milioni di cristiani; poi tratteremo degli pseudomiracoli, falsamente attribuiti alla onnipotenza divina, e, infine, del culto delle reliquie che segna il culmine del feticismo, della superstizione e della necrofilia.

mercoledì 22 settembre 2010

Il papa in arrivo a Palermo. Che dirà della mafia?

Dopo la visita di Stato in Inghilterra e Scozia, papa Benedetto XVI si accinge a recarsi a Palermo per una visita pastorale.

Gli inglesi hanno dimostrato un certo disappunto a scialacquare in tempi di crisi, per la sicurezza di Ratzinger durante i quattro giorni di visita papale, la cifra di oltre 14 milioni di euro.

Così anche la Regione Sicilia, constatato che lo Stato non verserà un quattrino, sta mostrando un certo disappunto a dover grattare il fondo delle sue casse vuote per stanziare gli oltre due milioni e mezzo di euro (cinque miliardi delle vecchie lire) per supportare questo “grande evento”.

Oltre al dispiegamento delle forze dell'ordine e dei molteplici servizi richiesti, una cospicua fetta delle spese riguarderà i 600 pullmann ingaggiati per il trasporto dei pellegrini da tutta l'isola.

Mi chiedo, perché la Cei che riceve,ogni anno, dal nostro Stato la bella cifra di un miliardo di euro con l'otto per mille (senza contare le altre prebende), non scuce un copeco in una circostanza come questa?

Ma la preoccupazione non è solo per quei due milioni e mezzo di euro che costerà la visita papale. Il programma infatti prevede la celebrazione della messa sul prato del Foro Italico e gli agronomi e i paesaggisti già avvertono che sarà la morte sicura per quell’area verde che già è costata tanto alla città. Insomma, la visita papale, determinerà un certo aggravio ai contribuenti siciliani e palermitani.

Che dirà il papa a Palermo del male endemico della mafia che infetta ancora la cultura popolare, la politica e le istituzioni della Sicilia?

Avrà il coraggio di denunciare le infiltrazioni mafiose in ogni angolo della vita sociale dell'isola e smentire categoricamente le gravi affermazioni che l’arcivescovo di Palermo, il “continentale” lombardo Ernesto Ruffini, gridava ai quattro venti negli anni della “transustanziazione” tra Cosa Nostra e la democrazia cristiana, che “la mafia è un’invenzione dei continentali per diffamare la Sicilia”?

Riuscirà a spingere il clero siciliano a rompere definitivamente la riprovevole compromissione della cupola ecclesiastica con la cupola mafiosa la quale, tramite il potere politico ad essa connesso, è sempre stata disponibile ad elargire benefici pubblici a favore della Chiesa e delle sue strutture?

O don Pino Puglisi che nel suo quartiere Brancaccio è stato brutalmente assassinato per essersi ribellato alla mafia, la morte “ se l'è solo cercata”?

Don Giuseppe Puglisi

Come i cristiani vedono il paradiso (“L'invenzione del cristianesimo”) 175

Ma, esattamente, come viene immaginato questo utopico e chimerico giardino delle delizie, dal quale nessuno è mai venuto a relazionarci? Assolutamente un antimondo, tutto all’incontrario della nostra valle di lacrime. Un mondo incantato, con tutte le meraviglie più inverosimili e mitico come una favola infantile.

Infatti, secondo la Chiesa, nel Giorno del Giudizio risorgeremo dalla polvere col nostro corpo fisico, per cui è evidente che il paradiso non dovrebbe essere solo un mondo spirituale, ma, come lo vedono i musulmani, ricolmo di delizie materiali di ogni specie.

Il nostro corpo, infatti, risorto in splendida forma, nonostante l’età che l’ha condotto alla morte, sarà reso eterno e immutabile, per cui non conoscerà malattie, decadenza e vecchiaia. Non avrà bisogno di nutrirsi né di soddisfare bisogni fisiologici e libici, come nel nostro basso mondo.

Come trascorrerà tutto quel tempo interminabile a sua disposizione? In una perenne, indicibile gioia, determinata dallo splendore della presenza di dio. Ma non solo. Per alcuni Padri e Dottori della Chiesa (Tertulliano e Tommaso d’Aquino), sadicamente inebriati dei tormenti infernali, il culmine dell’eterna beatitudine in paradiso sarà la contemplazione dei dannati nel fuoco inestinguibile.

Ve lo immaginate uno che vive beato in paradiso assistere, con suprema gioia, alle pene atroci cui è sottoposto nell’inferno un congiunto stretto, magari un padre, un figlio o un fratello? Questo spettacolo non diventerebbe per lui un atroce tormento, per l’eternità?

La fantasmagorica rappresentazione del paradiso e l'orripilante mostruosità dell'inferno non avendo, come abbiamo dimostrato, un vero fondamento biblico e nemmeno evangelico, possiamo considerarle una totale invenzione della Chiesa, il supremo ricatto inventato per dominare le coscienze dei fedeli e imporre la succube osservanza alla sua dottrina, promettendo la felicità nell'aldilà e imponendo la rassegnazione nell'aldiquà.

San Tommaso D'Aquino

martedì 21 settembre 2010

La visita del papa nel Regno Unito: un modesto insuccesso.

“L'accoglienza di Benedetto XVI in Gran Bretagna è la più ostile che abbia ricevuto in mezzo decennio di viaggi papali”, scrive Christopher Caldwell sul “Financial Times”.

Ciò tenendo conto della lettera di cinquanta personalità, alla vigilia del viaggio, che contestavano la visita del papa come capo di Stato, la contestazione di più di centomila londinesi e l'atteggiamento degli inglesi in generale, di cui solo 55 su cento si dicono cristiani (anglicani o cattolici).

Le rigidità sull'aborto, sui preservativi, sui diritti dei gay, sulle donne sacerdote, che la Chiesa cattolica considera principi non negoziabili, suonano alle orecchie britanniche come assurde, eccentriche, anacronistiche e inspiegabili.

Ad Hyde Park migliaia di persone hanno vistosamente protestato contro la visita del Pontefice e gli scandali sulla pedofilia, mentre in più occasioni atei, gay e pro-abortisti, hanno dato vita a cortei per le strade del centro di Londra.

Il premier britannico David Cameron ha ricevuto il papa attribuendogli l'ossequio formale di un capo di Stato, guardandosi bene, però, dallo slinguazzare l'anello papale, come usano fare i nostri servili politici, e respingendo senza esitazione la tesi espressa da Benedetto XVI secondo cui la società britannica rischia di cadere vittima di "aggressive forme di secolarizzazione''.

Infatti il papa, ossessionato come sempre dal suo assolutismo religioso, si era scagliato contro il “relativismo” nella società moderna, e perfino contro l'aggressivo secolarismo”, come se esistesse un diffuso ateismo in tutto il Regno Unito.

L'arcivescovo (anglicano) di Canterbury, Rowan Williams, non ha esitato a rispondere al papa ricordandogli che la fede non deve essere considerata “sfida alla libertà e scandalo dell'intelletto”, ma solo “parte del dibattito”.

Benedetto XVI, da perfetto teocrate legato al Syllabo di Pio IX, facendo sobbalzare gli Inglesi, è riuscito anche a manifestare la sua ostilità verso la democrazia dichiarando: “Se i principi morali che sostengono il processo democratico sono determinati da nulla di più solido del consenso sociale, allora la fragilità del processo risulta del tutto evidente – e proprio qui sta la vera sfida per la democrazia”.

Avete capito? La democrazia di papa Ratzinger rifiuta di riconoscere validità al consenso sociale, cioè alla libera determinazione dei cittadini. Da dove discende allora la democrazia per lui? Ma è lapalissiano: da un chimera chiamata dio che con la volontà popolare non c'entra per niente.

Per quanto poi riguarda le vittime degli abusi sui minori, che tanta indignazione ha suscitato in Gran Bretagna, Ratzinger per un crimine così odioso si è limitato ad un generico “sorrow”, dispiacere. Ma “sorrow”, come distinguono gli inglesi, non equivale ad “apology”, chiedere scusa. Insomma, ha versato le solite lacrime di coccodrillo sulle colpe dei preti pedofili sui quali lui e i suoi predecessori avevano per decenni chiuso gli occhi.

Infine la infame impostura che considera Il cristianesimo come motore di sviluppo e argine a ogni tirannia, quella «nazista» come quella dell’«estremismo ateo». Mettere sullo stesso piano i nazisti e gli atei rappresenta una colossale mistificazione della storia, la quale ci dimostra esattamente il contrario di quanto afferma questo papa.

Il delirio nazista, nato nella cattolicissima Baviera, è stato appoggiato dall'intera gerarchia cattolica e protestante della Germania dell'epoca, da papa Pacelli, che con Hitler firmò un concordato, e perfino da un giovane della hitlerjugend di nome Joseph Alois Ratzinger (oggi Benedetto XVI), nella cui cintura, come in quella di tutti gli altri soldati tedeschi, stava scritto “Gott mit uns”, Dio è con noi.

Contestazione del papa a Londra

Anche il paradiso non deriva dalla Bibbia ebraica (“L'invenzione del cristianesimo”) 174

Il termine paradiso, di origine sanscrita, definiva anticamente il giardino imperiale persiano, simbolico luogo di delizie e di perenne e assoluta perfezione, e fu usato nella Bibbia dei Settanta per indicare il Giardino dell’Eden. Di lì è passato nelle tradizione cristiana per designare il luogo della felicità ultraterrena.

Come abbiamo visto a proposito dell’inferno, anche la certezza di una beata vita eterna nell’aldilà non deriva dalla Bibbia ebraica, ma è un’invenzione cristiana. Nel Nuovo Testamento, però, il paradiso viene accennato solo di sfuggita. Nei Vangeli di esso troviamo appena due allusioni che sanno entrambe di rifacimenti posteriori, cioè di aggiunte tardive.

La prima, in Matteo, riferita al Giudizio Universale (Matteo 25, 31-46); ignorata dagli altri evangelisti; la seconda, in Luca, che riporta la risposta di Gesù alla richiesta del “buon ladrone” crocifisso con lui: “Io ti dico in verità che oggi tu sarai con me in paradiso” (Luca 23,43).

Ma questo versetto è ritenuto da molti esegeti un falso perché contraddetto da Marco che scrive: “Anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano” (Marco 15,32), negando con ciò che uno dei due ladroni si fosse pentito.

Infine c’è un cenno in Paolo che in Corinzi 2, 12,4 afferma di essere stato rapito in paradiso e di aver udito parole indicibili. Queste sono le uniche citazioni nel Nuovo Testamento del termine paradiso.

Vi sembra logico ritenere che un così fondamentale principio della fede cristiana, sia stato totalmente ignorato dalla Bibbia ebraica e introdotto di sfuggita, per non dire di soppiatto, nel Nuovo Testamento? Cosa vi fa supporre un fatto del genere? Che è tutta una bufala inventata dalla Chiesa.

Il rapimento in cielo di San Paolo

lunedì 20 settembre 2010

Gli ex vertici della Chiesa belga sempre più nella bufera per lo scandalo pedofilia.

La commissione indipendente istituita dalla Conferenza Episcopale belga per far luce sui casi di pedofilia in Belgio nella Chiesa cattolica, dopo aver analizzato e controllato centinaia di documenti nel corso di dieci settimane ha rilasciato un primo rapporto che ha causato un'ondata di shock nel Paese.

Per Peter Adriaenssens, il pedopsichiatra responsabile della commissione, sono emerse prove di abusi in quasi tutte le diocesi e, cosa che più ha impressionato, la scoperta che almeno 13 vittime si sarebbero suicidate a causa delle violenze subite. Gli abusi riguardarono soprattutto i ragazzini la cui età si aggirava sui 15 anni ma anche un centinaio di ragazzine subirono violenze sessuali da parte di ministri della Chiesa.

Questo rapporto "rivela ancora una volta una sofferenza immensa delle vittime e dà una coscienza ancora più viva della gravità di questi crimini", ha dichiarato padre Lombardi, portavoce del Vaticano, alla televisione privata belga. Tra gennaio e giugno 2010 erano giunta alla commissione quasi 500 denunce di vittime al punto da far ritenere che si trattasse del "dossier Dutroux" della Chiesa.

Le 200 pagine del rapporto raccolgono le descrizioni delle violenze subite alcune delle quali di inaudita gravità perché perpetrate su vittime tra i due e i cinque anni di età. Il card. Godfried Danneels, ex primate del paese, dopo che i giornali belgi hanno dato ampio risalto alla trascrizione di registrazioni, effettuate a sua insaputa, nelle quali il porporato chiedeva a una vittima delle attenzioni del vescovo di Bruges, Roger Vangheluwe, di non denunciare la violenza subita, ha dovuto ammettere la sua colpa.

Queste registrazione telefoniche proverebbero, però, la ‘copertura’ concessa agli ecclesiastici pedofili da parte dei vertici della Chiesa belga. Il rapporto della commissione è comunque incompleto perché parte della documentazione è stata dichiarata inutilizzabile dalla magistratura.

Secondo i giudici alcuni raid della polizia tesi a raccogliere informazioni e documenti furono illegali. Probabilmente furono quelli effettuati nelle cripte di alcune cattedrali alla ricerca di dossier che si presumevano nascosti nella tomba di alti prelati. I poliziotti avrebbero utilizzato perfino martelli pneumatici durante le loro ricerche.

Il cardinale Tarcisio Bertone fu molto irritato per le perquisizioni nei vescovadi ed ebbe a dichiarare allora: «È un fatto grave e inaudito. Non ci sono precedenti nemmeno nei regimi comunisti». Naturalmente considera la Chiesa intoccabile e al di sopra di ogni legge e di ogni Stato.

Ma l'opinione pubblica belga e tutti membri del governo furono compatti a difendere l'operato dei giudici e la stessa Conferenza Episcopale del Belgio, a differenza delle gerarchie vaticane, le accettò con compostezza e civiltà precisando che i vescovi avevano fiducia nella giustizia e nel suo lavoro.

Card. Gotfried Danneels

L'inferno è stato inventato dalla Chiesa (“L'invenzione del cristianesimo”) 173

Solo nel Nuovo Testamento nasce il concetto di questo luogo eterno di pena e viene associato alla "Geenna", una valle presso Gerusalemme che era adibita a discarica pubblica, dove ardeva sempre il fuoco per bruciare i rifiuti della città e i cadaveri degli appestati. Essendo un luogo orrido, maleodorante e sempre in preda alle fiamme, si era trasformata, a poco a poco, nel simbolo dell’inferno.

Le Lettere di Paolo, i più antichi documenti del Nuovo Testamento dai quali derivano i Vangeli canonici, ignorano l’inferno come eterno castigo. Ma nei Vangeli, posteriori alle Lettere di Paolo, troviamo che Gesù parla della Geenna, del “fuoco inestinguibile” riservato a chi sino alla fine della vita rifiutava di credere e di convertirsi.

Matteo nel suo Vangelo dice che Gesù “manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridor di denti” (Matteo 13,41-42), e riporta le parole di condanna: ‘Via, lontani da me, maledetti, nel fuoco eterno!” (Matteo 25,41).

Molti esegeti e teologi però sono convinti che questi detti, attribuiti a Gesù, non siano mai stati da lui pronunciati (sono, infatti, in completo contrasto con lo spirito evangelico) ma aggiunti posteriormente nei Vangeli da parte della Chiesa delle origini, la quale, per spingere alla conversione i pagani ostinati, faceva leva sui castighi divini più crudeli e terrificanti. Infatti l'inferno era riservato soprattutto a chi rifiutava la conversione.

La credenza dell'inferno eterno la troviamo appena accennata negli scritti più antichi dell'età patristica, con delle perplessità da parte di alcuni Padri della Chiesa, come Origene, Gregorio di Nissa, Teodoro di Mopsuestia ed altri.

Per costoro le pene dell'inferno non erano eterne, ma temporanee (una specie di purgatorio). Infatti essi ritenevano che alla fine dei tempi, all'arrivo cioè della parusia, tutta l’umanità si sarebbe salvata in Cristo e avrebbe avuto luogo la “restaurazione finale” (apokatàstasis) di tutti gli essere umani e del cosmo. Tale salvezza avrebbe coinvolto i condannati all’inferno e perfino i demoni (Origene, De principiis).

Ma la loro tesi non fu accettata dalla Chiesa, sempre più preoccupata di reprimere le eresie per mezzo di spietate punizioni temporali e spirituali, specie quella che si macchiava del peccato più grave, il peccato "ad mortem", così chiamato perché nessuna contrizione lo può cancellare, e che consiste nel rifiuto di riconoscere in Gesù l'inviato di dio e nel papa il suo successore. Così nel 1215 il IV Concilio Lateranense proclamò che i peccatori "riceveranno come il diavolo una pena perpetua".

Tesi ribadita successivamente nel Concilio di Firenze (1439), di Trento (1547), del Vaticano I (1870) e dal Vaticano II nel 1965 (cap. VIII, 48 della Lumen Gentium). Quindi l'inferno, per la Chiesa, è la punizione globale e irreversibile di chi muore in peccato mortale.

La massa dei credenti identifica puerilmente l'inferno come un enorme fornace in cui un fuoco eterno arrostisce i dannati, e a vigilarlo ci sono i diavoli con tanto di corna, forconi e code arricciate.

Una vera delizia! Unica consolazione per chi ci va è di avere il riscaldamento gratis per l'eternità. Un vantaggio economico più che cospicuo, dati i costi energetici attuali, ma con annessi alquanto scomodi.

Origene

domenica 19 settembre 2010

«Ciò che è affermato senza prova, può essere negato senza prova»
(Euclide, 365-275 a.e.v. ca.)

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 36^ Puntata

Giuda aveva l'aria d'essere molto soddisfatto. La sera prima aveva trascorso, col suo amico Eleazaro, alcune ore piacevolissime in uno dei più prestigiosi bordelli di Cafarnao, accompagnandosi ad una giovanissima e splendida fanciulla della Nuova Caledonia, piena di lentiggini e dai capelli color rame che, per poco, non l'aveva fatto svenire dal piacere e, di primo mattino, aveva convertito in sonanti monete d'oro quasi tutto il ricavato delle sue vendite, ad un cambio molto remunerativo. Ce n'era abbastanza per essere più che contenti.

"Questa volta ci dirigeremo a sud, verso Gerusalemme e il Mar Morto" fece appena si furono messi in cammino. "Faremo una piccola tappa a Gerusalemme e a Betania: Poi, da Gerico, costeggeremo per un po' la Strada dei Ladroni e ci porteremo in un luogo sperduto e senza nome, formato da poche e misere capanne, dove s'incontrano i predoni di tutta la Giudea, e ci riforniremo di un altro carico, a prezzi veramente convenienti".

"Ma tu comperi soltanto merce rubata ?" chiese Davide scandalizzato.
"Io compero dove si paga di meno e non rubo niente a nessuno" rispose Giuda un po' seccato. " E poi vendo a prezzi stracciati e faccio risparmiare alla gente".
"Sì, ma tenendo conto a quanto comperi, guadagni sempre più degli altri".

"Gli affari sono affari. L'unico principio cui mi attengo è che non voglio approfittare di nessuno; cioè, che non me la sento di imbrogliare. E, visto che siamo nel discorso, guarda che non mi sono dimenticato di te".
"Che intendi dire ?" fece Davide sorpreso.
"Che questo che vedi" e gli mostrò un borsello pieno di monete, "è la tua parte di guadagno, ma siccome tu sei schifato del denaro, lo darò ai tuoi, passando per Cana".

Davide non rispose, come se il caso non fosse suo, e s'immerse nei suoi pensieri. Aveva molto cui pensare e continuava incessantemente a rimuginare quanto gli aveva detto il vecchio Mordekai. Si sentiva frastornato e confuso e capiva che non gli sarebbe stato facile, dopo quel traumatizzante colloquio della sera prima, mettere ordine nei suoi pensieri. Giuda subodorò qualcosa.

"Quel vecchio matto di Mordekai non ti avrà mica strizzato il cervello?" fece ridacchiando. "Certo che è un uomo strano!" continuò come borbottasse tra sé e sé. "Non capisci quasi niente di quello che dice perché parla per enigmi. Tu ci hai capito qualcosa?"

"Non è difficile capirlo" fece Davide seriamente, "è molto difficile accettare quello che dice. Le sue idee sono assolutamente rivoluzionarie e del tutto fuori del nostro tradizionale modo di pensare. Comunque è un uomo straordinario, forse unico".
"Vedi quante cose interessanti stai imparando con me !" disse Giuda soddisfatto.

Questo era vero e rientrava nella logica del vecchio Mordekai. Doveva ammettere che aveva imparato un mucchio di cose e fatto delle esperienze straordinarie, da quando aveva lasciato la famiglia. Questo non sarebbe successo se fosse rimasto a Cana e avesse trascorso le giornate tra casa e lavoro. Il nuovo mestiere cominciava a piacergli perché gli consentiva di camminare a lungo tutti i giorni, cosa che a lui piaceva moltissimo, di immergersi nei suoi pensieri per molte ore e di incontrare persone interessantissime.

Ogni giorno aveva modo di imparare qualcosa, con poca fatica e quasi divertendosi. Solo che talvolta le esperienze erano troppo ravvicinate e non aveva modo di assimilarle come avrebbe dovuto. Gli ultimi tre avvenimenti: l'incontro con Debora, il risveglio della bambina considerata morta e il colloquio con Mordekai, erano stati così straordinari da dare un senso nuovo a tutto il suo modo di pensare e di vivere. Aveva la netta sensazione che altri avvenimenti, altrettanto straordinari, erano imminenti, e si sentiva eccitato e sgomento al tempo stesso.

A Cana trovarono una sorpresa. Marta, la vedova che era stata così violentemente offesa da Gionata il fariseo, aveva attirato l'attenzione di tutti e un contadino benestante l'aveva presa in moglie.

Sebbene l'eco dell'intervento di Davide nella sinagoga non fosse ancora del tutto spenta, i suoi, escluso Joses, con accenti veramente sinceri gli chiesero di rientrare in famiglia. Pur contento di sentirsi nuovamente desiderato nella sua casa, egli avvertì un certo disagio all'idea di riprendere la vita di prima, troppo monotona e soffocante, e manifestò il desiderio di ripartire per un altro viaggio.

Il compenso che Giuda consegnò a Isacco per il lavoro del figlio, poi, fece impressione a tutti. Si trattava di un gruzzolo, per loro, piuttosto cospicuo. Con sua sorpresa, Davide notò che il legame coi suoi familiari si era allentato. Uniche eccezioni: il fratello Giacomo e la zia Lia.

Per il fratello s'accorse di provare un affetto nuovo e fortissimo, come se una corrispondenza di sentimenti e d'idealità, non avvertita prima, si fosse instaurata tra loro. Le sue lacrime di vera gioia al momento dell'arrivo, gli fecero vibrare il cuore e lo colmarono di profonda commozione.

Ma l'incontro con la zia fu scioccante. Durante il loro commovente abbraccio lei capì che il nipote aveva conosciuto la donna e provò per lui un sentimento nuovo, molto vicino ad una forte attrazione fisica. Lui avvertì la stessa cosa ed entrambi rimasero sconvolti. Per la prima volta egli aveva visto nella zia una donna bellissima e dall'aspetto dolcissimo, e lei nel nipote un uomo meraviglioso e sublime. Ciascun comprese istintivamente i sentimenti dell'altro ma non li esternò in alcun modo.

Davide fece un'altra straordinaria scoperta: in casa tutti, fuorché Giacomo e la zia, avevano una specie di soggezione di lui. Anche Joses. Era come se lo considerassero un individuo fuori del comune, da guardare con rispetto e con timore. Un individuo diverso, molto diverso da tutti e dotato di un forte carisma. Lo avvertì anche Giuda e ne fu molto compiaciuto. Finalmente i suoi cominciavano ad intuire chi era Davide.

sabato 18 settembre 2010

La scuola italiana sempre più simile ad una madrassa cattolica.

Nelle madrasse, scuole coraniche, i bambini musulmani dondolando il capo avanti e indietro, vengono sottoposti ad un insegnamento martellante del Corano fino ad impararne ogni parola come pappagalli.

Insegnare ai bambini, come una virtù, che bisogna credere ciecamente, senza discussioni e dimostrazioni, è una grande colpa, perché si preclude loro un'istruzione razionale e completa, Ma nell'islam, si sa, vige la teocrazia e l'insegnamento fondamentale è solo quello del Corano.

L'Italia, almeno sulla carta, è una democrazia laica e non ha una religione di Stato. Ma di fatto la scuola italiana sta diventando la versione cattolica della madrassa islamica perché la cattolicissima ministra dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, oltre all’imposizione obbligatoria dei crocifissi nelle aule, oltre all'insegnamento quasi coatto della religione cattolica. ha espresso anche il suo favore per la lettura nelle scuole della Bibbia. Manca ancora solo la celebrazione della messa mattutina in ogni edificio scolastico.

«La scuola – spiega la Gelmini – deve istruire i ragazzi ma deve anche formare dei cittadini responsabili e degli adulti consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri. Questo insieme di valori e insegnamenti, nel mondo occidentale, è rappresentato dalla tradizione cristiana».

Per la signora ministra, insegnare delle favole assurde, vere circonvenzioni di minori, derivate dalla fantasia infantile di individui che hanno scambiato le loro allucinazioni per visioni celesti, per messaggi divini, senza fornire la minima prova della veridicità delle loro affermazioni, solo facendo affidamento sulla credulità delle masse facilmente plagiabili, vuol dire formare dei cittadini responsabili e degli adulti consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri.

Probabilmente confonde la religione con la cultura civica che è l'unica materia che veramente potrebbe formare i futuri cittadini e il cui insegnamento, molto scadente in Italia, viene apertamente osteggiata dalla Chiesa perché aprirebbe i giovani a una visione più laica della vita anziché farli aggrappare alle assurde falsità della religione.

È la Costituzione la nostra vera Bibbia. Il suo studio ci aiuta ad essere razionali, liberi e migliori, sotto tutti gli aspetti umani. Soprattutto a rivendicare i diritti civili sempre osteggiati dalla Chiesa, nemica irriducibile di ogni libertà.

Se ai nostri giovani studenti fosse proposto di scegliere tra l'ora di religione (per quasi tutti, noiosissima) e quella di educazione civica la ministra avrebbe delle sgradite sorprese.

Caricatura della ministra Gelmini

Il dogma dell'inferno non deriva dalla Bibbia ebraica (“L'invenzione del cristianesimo”) 172

Secondo la morale ricattatoria e mercantile della Chiesa, vero e proprio materialismo etico, che dichiara che se fai il bene vai in paradiso sennò vai all'inferno, l'aldilà è il luogo della suprema felicità o dell'eterno tormento. Cominciamo ad esaminare l'eterno tormento.

Il Catechismo n. 1035 recita: “La Chiesa nel suo insegnamento afferma l’esistenza dell’inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, il fuoco eterno".

Questo dogma della punizione eterna, il più terribile e devastante della Chiesa, secondo il “sensus fidelium”, cioè l'istinto di fede dei cristiani, non ha oggi molti credenti e in futuro ne avrà sempre di meno. Il suo rifiuto è in progressivo aumento anche da parte di non pochi ecclesiastici, che pur non rinnegando in modo palese l’inferno, di fatto ne ignorano l’esistenza, non parlandone mai nelle omelie domenicali e nelle catechesi.

Ma come nasce nella Chiesa il dogma dell'inferno? Nell'Antico Testamento l'immortalità dell'anima non era ammessa, tanto che nel Qoèlet, libro biblico considerato Parola di dio, è scritto: «La sorte degli uomini e delle bestie è la stessa, come muoiono queste muoiono quelli. C’è un soffio vitale per tutti: non esiste superiorità dell’uomo rispetto alle bestie, perché tutto è vanità» (Qoèlet 3,19). Con la morte, quindi, secondo il teologo biblico, tutto finisce, sia l'anima sia il corpo, perché tutto è venuto dalla polvere e tutto ritorna nella polvere.

I Sadducei, cioè l’alto clero del Tempio di Gerusalemme detentore dell'ortodossia ebraica, sostenevano infatti che Mosè non aveva mai parlato né dell'immortalità dell'anima né della "resurrezione dei morti", e non credevano nella perpetuazione dell'individuo dopo la morte, in corpo e spirito. Quindi, per loro non esisteva un aldilà dove le anime sarebbero state punite con l'inferno.

Inferno

venerdì 17 settembre 2010

Nella Bibbia Pocket edita dalla Famiglia Cristiana, Jahvè, da totem tribale sanguinario diventa un dio Signore buono misericordioso.

Tutti i ventisette testi del Nuovo Testamento sono giunti a noi attraverso trascrizioni di trascrizioni di trascrizioni e, dal punto di vista storico, non godono di nessuna attendibilità, essendo stati sottoposti, attraversi i secoli, al continuo vaglio della Chiesa per essere adattati alle sue esigenze catechistiche e teologiche. Hanno subito, quindi, manipolazioni, censure, manomissioni, omissioni, interpolazioni e aggiunte.

Inoltre, la Chiesa, ancor prima di assumere un aspetto unitario, ha proceduto alla sistematica distruzione di tutta la documentazione "diversa" da quella compatibile con la sua ortodossia nascente. Tutti i documenti, infatti, contrastanti con il "canone", citati dai Padri della Chiesa contro gli eretici e i polemisti anticristiani, come Celso e Porfirio, non esistono più. O distrutti o imboscati in qualche segreta del Vaticano.

Questo a significare che la Chiesa, fin dalle sue origini, ha sempre sistematicamente manipolato i testi sacri a suo uso e consumo. Non solo. Consapevole della quantità enorme di contraddizioni e di incongruenze presenti nei suoi testi sacri, è stata costretta a impedire ai suoi fedeli di avvicinarli in proprio.

Infatti, fin dai primi secoli della sua istituzione, ha severamente vietato ai suoi fedeli lo studio, e perfino la sola lettura dei libri canonici, e questo divieto lo ha codificato nel Sinodo di Tolosa del 1229 che dispose: “«I laici non possono possedere i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento; possono avere solo il Salterio e il breviario o anche i calendari mariani, e nemmeno questi libri, per altro, devono essere tradotti nella lingua nazionale» (Can, 1-14).

Ciò premesso, esaminiamo ora l'ultima, invereconda manomissione della Bibbia ebraica, dalla Chiesa considerata l'altra colonna portante della sua dottrina.

Questo libro, considerato in Occidente il libro dei libri, la quintessenza della parola di dio, ad un lettore privo dei paraocchi religiosi e dotato di onestà intellettuale si rivela per quello che è : un codice immorale, completo di istruzioni per il genocidio, la riduzione in schiavitù degli incirconcisi e il dominio del mondo, tutt'altro quindi che un libro rivelato da dio.

Nella Bibbia, infatti, sono approvati e ordinati i delitti e le perversioni più efferati: lo sterminio di intere popolazioni (uomini, donne, bambini), ree di essere incirconcise o nemiche di Israele; la distruzione degli altari e delle statue delle altre religioni; le più efferate crudeltà contro i nemici vinti; lo stupro, l'infanticidio, il feticidio, l'incesto, la legittimità della schiavitù, la condanna a morte, la guerra civile e religiosa, la sottomissione della donna, la morale della maledizione, la lapidazione e molti altri delitti.

La Bibbia inoltre consente la poligamia (il leggendario re Salomone aveva un harem con centinaia di mogli e concubine), il concubinaggio con schiave e con prigioniere di guerra, il rapporto sessuale con le prostitute e l'assegnazione ai figli celibi di una schiava «per coito», subito dopo il raggiungimento della pubertà e in attesa del matrimonio. (Ma, d’altra parte, punisce con la morte, mediate lapidazione, ogni rapporto extraconiugale della donna).

Tutti questi efferati crimini, sono ordinati dallo stesso dio biblico Jahvè: un dio collerico, sanguinario, vendicativo, estremamente geloso. Infatti durante la conquista della Terra Promessa, è lui che ordina a Giosuè, successore di Mosè, di attuare i massacri più crudeli contro i nemici e di sterminare, senza pietà: donne, vecchi e bambini.

È lui che si compiace con gli esecutori degli stermini, colmandoli di lodi e di premi. La quasi totalità dei cristiani, purtroppo, ignora tutte queste efferatezze contenute nella Bibbia perché si limita a leggere soltanto pochi episodi, come la creazione del mondo, la storia di Adamo ed Eva, il diluvio ed altre favole mitiche.

Se leggessero per intero la Bibbia rimarrebbero inorriditi per le infinite atrocità descritte e volute da Jahvè e getterebbero la fede alle ortiche. Ecco allora la trovata di Famiglia Cristiana: proporre una nuova versione della Bibbia, purgata dalle molte pagine orrende che contiene, per trasformare Jahvè, da Totem tribale sanguinario, in un dio Signore buono e misericordioso.

Si tratta di una mini Bibbia (570 grammi appena) che si troverà nelle librerie (sia laiche che religiose), nei supermercati, nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti, negli autogrill, grazie ad una mega distribuzione che punterà a diffonderne entro Natale oltre un milione di copie. Per buona pace dei gonzi.

I dogmi dell'aldilà (“L'invenzione del cristianesimo”) 171

I dogmi che riguardano l'aldilà, cioè il paradiso e l'inferno, sono nati in seguito al fallimento della parusia. Tutto il cristianesimo primitivo, sia giudaico che ellenistico, nei primi tre secoli della nostra era incentrò la sua esistenza sull'imminente ritorno del Signore dalle nuvole, come attestano molti passi delle Lettere di Paolo, Pietro, Giacomo e Giovanni e dell'Apocalisse, nonché la produzione letteraria dei Padri della Chiesa e la vita della primitiva collettività cristiana.

«La fine di ogni cosa è vicina» preannunciava la Prima Lettera di Pietro (1 Epistola di Pietro, 4,7) e la Lettera agli ebrei ammoniva: «Ancora un poco, infatti, un poco appena, e colui che deve venire verrà, e non si farà aspettare» (Epistola agli ebrei 10,37). E Giacomo: «Siate dunque pazienti, cari fratelli, fino alla venuta del Signore... Il giudice è alle porte» (Epistola di Giacomo 5,7: 5,9).

Per tutto l’intero II secolo rimase costante l’idea del prossimo ritorno di Gesù, come provano tutte le fonti cristiano-antiche, interne o esterne al Nuovo Testamento. Perfino nel III secolo il Padre della Chiesa Cipriano sostenne, con estrema decisione, l’imminente ritorno del Signore.

Ci furono a questo proposito, in quell’epoca, degli episodi grotteschi. Tanto per citarne uno: in Siria, un vescovo si incamminò verso il deserto seguito da tutti i fedeli, bambini compresi, per andare incontro all’imminente arrivo del Signore, con le conseguenze che si possono facilmente immaginare.

Col passare del tempo fu palese a tutti che Gesù, sulla prossima fine del mondo, s’era ingannato e la delusione dei cristiani fu enorme e molti di loro, dopo essersi stancati di levare gli occhi al cielo, sulle cui nuvole lo attendevano in carne e ossa, abbandonarono la fede in un Signore così poco puntuale (Tertulliano. De Patientia, 2).

Ma la Chiesa, con mirabili contorsioni teologiche, trasferì allora la parusia nell’aldilà e riuscì a salvare capra e cavoli e a giustificare la sua istituzione. Infatti, allorché l’arrivo imminente del Regno di dio si rivelò un abbaglio, essa, dopo che gli Imperatori avevano elevato il cristianesimo a religione di Stato, ritenne rinviata sine die la parusia e dichiarò, tramite i suoi vescovi che allora se la passavano magnificamente bene, che non era più il caso di parlare della fine del mondo, anzi questa aspettativa andava aspramente combattuta come un’ingenuità.

Agostino fu il primo a identificare il Regno di dio con l’aldilà, capovolgendo radicalmente la primitiva fede cristiana. Mediante una simile falsificazione il cristianesimo venne salvato e la Chiesa fu consolidata nei secoli (Agostino, De civitate Dei 20,9).

Cipriano

giovedì 16 settembre 2010

Gli orfani di dio

Che Dio sia una variabile non necessaria per spiegare l'origine dell'universo, come sostiene l'astrofisico Stephen Hawking nel suo ultimo libro, ha innescato non poche polemiche e l'ira repressa degli orfani di dio, quei non credenti, cioè, i quali, nonostante i preti abbiano fatto del loro meglio per estirpare dio dalle loro menti, ne sentono ancora prepotente il bisogno.

Non riescono a vivere, agire, lottare, morire contando solo su loro stessi. Non concepiscono un’esistenza senza dio, che prescinda cioè da qualsiasi forma di sottomissione al divino, che rifiuti rassegnazione e reverenza, ritrovando il piacere della sperimentazione nella scienza e nell’arte, e riscoprendo infine il gusto della libertà.

Vanno perciò dicendo che non spetta agli scienziati dimostrare l’esistenza o non esistenza del Creatore, così come affermano, bontà loro, che il creazionismo non può ambire allo status epistemologico di teoria scientifica. Arrivano perfino a insinuare che certe teorie cosmologiche quali superstringhe o multiuniverso, tipiche della fisica odierna, appartengono più alla metafisica o alla teologia che alla fisica, essendo astruse e indimostrabili come la Santissima Trinità e paragonabili a dei dogmi religiosi.

Non si rendono conto quanto è puerile affermare che una teoria scientifica non possa arrivare a dimostrare l’inesistenza di dio dal momento che essa nasce come spiegazione alle osservazioni del mondo reale e viene messa alla prova dalla sperimentazione nella realtà, mentre le presunte verità religiose derivano solo dalla fantasia infantile di individui che hanno scambiato le loro allucinazioni per visioni celesti, per messaggi divini, senza fornire la minima prova della veridicità delle loro affermazioni, solo facendo affidamento sulla credulità delle masse facilmente plagiabili.

Che il sovrannaturale, dio o chi per lui, non sia necessario all’esistenza della realtà, pur essendo dimostrato scientificamente e arcinoto perfino alla filosofia occidentale fin dall'antichità più remota, appare digeribile solo agli atei che vantano una conoscenza scientifica sufficientemente adeguata e uno spirito totalmente libero.

Gratta gratta, gli orfani di dio sono ancora dominati dalla paura atavica di essere nient’altro che una variazione casuale nell'esplosione del vivente e, anche se sono uomini di grande cultura e si professano laici (ma ahimé non lo sono), dopo millenni di plagio religioso assimilato col latte materno, sono disposti a qualsiasi contorsione metafisica pur di illudersi di essere immortali. Ecco quindi spiegato il bisogno di questa chimera chiamata dio che offre a buon mercato questa suprema illusione.

L'assunzione di Maria (“L'invenzione del cristianesimo”) 170

Sistemata definitivamente la questione del concepimento immacolato di Maria, rimaneva un altro problema in sospeso.

La Madonna: Vergine nel concepimento, Vergine incinta, Vergine nel parto, Vergine madre (quanti ossimori!), Vergine perpetua , madre di dio e concepita immacolata, poteva, morendo, disperdere le sue carni, che avevano generato dio, nella terra come tutti i mortali? Mai più!

Così Pio XII nel 1950, col dogma dell’Assunzione, decretò che la Madonna al momento della morte, in un tripudio di angeli salì incorrotta al cielo (perdendo la cintola durante l'ascensione, tuttora oggetto di culto nel duomo di Prato, in Toscana), smentendo la tradizione trasmessaci dalla Chiesa delle origini secondo la quale Maria, dopo la morte, era stata sepolta nei pressi del Getsemani.

E qui, per il momento, la storia di Maria, che da quanto deduciamo dai Vangeli altro non era che la madre di una famiglia molto numerosa che le procurò non poche sofferenze, sembra concludersi.

Maria Assunta

mercoledì 15 settembre 2010

Benedetto XVI nel Regno Unito offrirà il volto di una Chiesa amica ma troverà indifferenza e contestazioni.

Si avvicina la data della visita di Stato in Inghilterra e Scozia di papa Benedetto XVI (16 -19 settembre) e nonostante tutte le cerimonie, dalle messe ai concerti, siano a pagamento, continuano le polemiche legate soprattutto ai costi (a carico dei contribuenti) della trasferta del pontefice.

Alan Palmer, presidente del Central London Humanists, dichiara: “I cittadini si chiedono se nella situazione economica attuale si debba spendere milioni di sterline per fornire un palcoscenico ad un leader religioso che ha già criticato la nostra legislazione e condannato il modo in cui organizziamo la nostra società”.

Gli inglesi, sono poco propensi, quindi, a scialacquare in tempi di crisi, per la sicurezza di Ratzinger durante i quattro giorni di visita papale, la cifra di oltre 14 milioni di euro. Il papa ha capito che, nonostante il suo proposito di offrire il volto di una "Chiesa amica", che non vuole "imporre nulla a nessuno", troverà indifferenza e contestazioni per cui la sua visita non sarà facile.

Secondo un sondaggio commissionato alla Ipsos Mori dal Tablet, il giornale cattolico inglese, il 79% dei britannici non nutre alcun interesse per la visita del pontefice, e il 77% ritiene che la visita di Ratzinger non avrebbe dovuto essere a carico dei contribuenti. Una lunga serie di manifestazioni e contestazioni attende pertanto Ratzinger.

Il gruppo ‘Protest the Pope’, sostenuto da laici e da attivisti per la parità dei diritti per gli omosessuali, ha deciso di contestare il papa lungo la strada che porta al St. Mary University College di Twickenham, e altre contestazioni sono attese per le vicende legate agli abusi sessuali su minori commessi dai religiosi.

Anche sul fronte cattolico, di oltre sei milioni di fedeli, non mancheranno i contestatori soprattutto da parte delle attiviste del Catholic Women’s Ordination, che chiedono l’accesso al sacerdozio per le donne. Queste femministe hanno investito 15.000 sterline su 15 autobus che, al posto dei consueti cartelloni pubblicitari, porteranno, per un mese la scritta “Papa Benedetto, ordina le donne subito!”.

Ma non chiedono soltanto questo. Vogliono la fine del celibato ecclesiastico e il riconoscimento dell'omosessualità. Tutti argomenti inaccettabili per il papa.

Se poi teniamo conto che nel Regno Unito sono sempre più numerosi i gruppi di orientamento ateo, o magari anti-papale, e che ultimamente è diminuito fortemente il numero dei battesimi e dei matrimoni cattolici, in parallelo con la decrescita anche del numero di sacerdoti e religiose e una conseguente diminuzione delle chiese parrocchiali, oltre che delle scuole cattoliche, ci rendiamo conto che la visita papale sarà disseminata di non poche incertezze, nonostante l'ottimismo di padre Lombardi, portavoce della sala stampa vaticana.

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Se volete in qualche modo parlare con me, lasciate la richiesta nei commenti, vi contatterò per e-mail. Dato che il blog mi occupa parecchio tempo, sarò laconico nelle risposte.

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)