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domenica 12 febbraio 2012

In nomine Domini (Parte prima) 1


Al lugubre rintronare del suono del corno, Olchiano, capo delle guardie di palazzo Teofilatto, si precipitò nell'ampio cortile e rivolto alla scolta sul tetto gridò: "Che c'è di nuovo?"
"Cinque armati a cavallo hanno appena imbucato la via Lata e avanzano al galoppo verso di noi", rispose la sentinella. Un potente squillo di tromba risuonò immediatamente nel cortile e venti alabardieri, usciti di corsa dalle segrete del palazzo, si schierarono a semicerchio davanti all'imponente scalinata, e dieci balestrieri, con le frecce puntate, si affacciarono alle finestre del primo piano. Seguirono attimi di suspense e di trepidazione.

"Allarme cessato!" gridò Olchiano, appena intravide da lontano la sagoma imponente di Altichiero avanzare veloce sul suo cavallo bianco. Era infatti il capo delle milizie romane, di stanza a palazzo Laterano, seguito dalla sua scorta.
"Come mai così di fretta?", chiese Olchiano al nuovo arrivato. "Mi hai fatto prendere uno spavento!"
"Devo vedere subito la Senatrice", rispose Altichiero, e senza ulteriori preamboli salì rapidamente la scalinata. L'eunuco Pacomio, maestro di palazzo, lo attendeva all'ingresso richiamato dall'insolito trambusto.

"La Senatrice? Non può riceverti subito", spiegò l'eunuco, sorpreso per quella visita improvvisa. "Ha dato ordini categorici di non disturbarla. Sta trattando i dettagli delle sue nozze col diacono Isidoro, inviato del re Ugo. Capirai! Penso che dovrai attendere un bel po'!"
E di fronte alle insistenze di Altichiero: "Non vorrai mica farmi mozzare la testa!", sbottò seccato.

Altichiero, che fremeva dentro di sé dalla necessità di comunicare a Marozia la gravità della sua scoperta, non volendo far trapelare la sua impazienza trattandosi di una cosa da tenersi assolutamente segreta, decise che doveva giocare d'astuzia e, assumendo un'aria tranquilla, si diede a camminare lentamente avanti e indietro lungo il corridoio che immetteva nella stanza dell'incontro. Pacomio e le due guardie che sorvegliavano il luogo, lo seguirono per un po' con la coda dell'occhio, poi si disinteressarono di lui.

Quando fu certo di non essere più osservato, Altichiero si accostò alla porta, la socchiuse appena un po'. Vide di spalle il diacono, ignaro della sua intrusione e intento a scrivere in un rotolo di pergamena, e Marozia di fronte che trasaliva alla sua vista e lo interrogava muta con lo sguardo. Immediatamente rinchiuse la porta e riprese il suo lento deambulare. Nessuno s'era accorto della cosa, tanto la sua manovra era stata rapida e silenziosa.

Immediatamente dopo si udì dall'interno della stanza un certo trambusto.
"Sei proprio fortunato!", esclamò l'eunuco rivolgendosi ad Altichiero. "Pare che la riunione sia davvero finita". Infatti la porta si aprì, e mentre il diacono, coi rotoli in mano, usciva contrariato e indispettito, Marozia fece cenno al capo delle guardie di entrare.
"Ho capito", si disse l'eunuco seccato: "Si erano dati convegno ed io, maestro di palazzo, che dovrei conoscere ogni dettaglio di quanto avviene in questa casa, ne ero completamente all'oscuro".

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)