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giovedì 9 febbraio 2012

L'obiezione fiscale (“L'invenzione del cristianesimo”) 34


Un'altra cosa da sfatare è che Gesù approvasse, sia pure indirettamente, il tributo a Cesare da parte degli ebrei, come ci viene raccontato dai Sinottici ("Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio") (Marco 12,13-17; Matteo 22,15-22; Luca 20,22-26).

Il tributo imposto ai giudei dai romani era inaccettabile e oltraggioso per qualsiasi ebreo rispettoso della Legge perché concedeva “ciò che è di Dio”, cioè le risorse della terra santa di Jahvè, ad un sovrano straniero e implicava il riconoscimento dell'autorità imperiale.

Quindi l'accettazione del tributo a Cesare che troviamo nei Sinottici viene smentito da due fatti: 1) che il Vangelo di Giovanni ignora totalmente l'episodio riferito dagli altri evangelisti; 2) che gli stessi Sinottici, contraddicendosi, accusano Gesù davanti a Pilato di obiezione fiscale: "Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re" (Luca 23,2).

L'obiezione fiscale fu una tematica costante di tutti i Messia che precedettero e seguirono Gesù, a cominciare da Giuda il Galileo, qualificato da Giuseppe Flavio “terribilissimo sofista” (cioè dotto). oltre che terribilissimo guerriero.
La sentenza di Gesù, quindi, che imponeva il tributo da versare a Cesare, cioè a Roma, assolutamente obbrobriosa e blasfema per qualsiasi giudeo e meritevole di immediata lapidazione per chi l'avesse pronunciata, fu inserita nei Vangeli allo scopo di presentare Gesù connivente coi romani. Doveva far capire ai cristiani di Roma che Gesù non era stato giustiziato per sedizione contro l'Impero ma come vittima dell’odium theologicum dei capi ebrei e del popolino di Gerusalemme.

Tenendo quindi conto che Gesù era circondato da seguaci in gran parte affiliati alla setta degli zeloti, è assolutamente improponibile ammettere che gli inviti al perdono e a pagare i tributi agli oppressori romani siano usciti dalla sua bocca. Essi sono stati aggiunti dagli evangelisti nel corso della costruzione teologica della figura di Gesù, durata come minimo tre secoli, durante la loro opera di spoliticizzazione, indispensabile alla Chiesa nascente per superare i conflitti con le istituzioni imperiali, prima di Costantino, e creare la sua simbiosi col potere imperiale, dopo Costantino.

A riprova di ciò sono rimasti nei Vangeli certi proclami che alludono chiaramente alle istanze del messianismo zelota. Per citarne alcuni: "Ed egli (Gesù) aggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne comperi una" (Luca 22,36). "Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra; non sono venuto a portare la pace ma la spada" (Matteo 10,34).

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)