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martedì 28 febbraio 2012

Più il popolo italiano si secolarizza, più la Chiesa si mondanizza rafforzando il suo potere politico ed economico.


Che la Chiesa in Italia sia ormai una istituzione totalmente svuotata da ogni principio evangelico e sempre più tesa al perseguimento del potere economico e politico, è cosa ormai talmente evidente che comincia ad essere condivisa da strati sempre più vasti della popolazione. 

La gente, i cittadini, il popolo, chiamateli come volete, sono sempre più delusi e indignati contro governi e partiti che hanno ridotto il Paese al lastrico, ma anche contro una Chiesa che ha sostenuto o tollerato il malgoverno che ci rovinati, preoccupandosi solo di ricavare dal potere politico benefici, privilegi e prebende di ogni genere, declinando ogni senso di responsabilità economica per il salvataggio dell'economia nazionale e ancora più deludendo per i nuovi scandali finanziari e lo sconcertante fenomeno dei numerosissimi casi accertati di pedofilia di preti.

La sensibilità dei fedeli è scossa a tal punto da provocare non pochi casi di abbandono e di ventilare l'ipotesi dello sciopero della messa. Il ricco e sempre più cospicuo finanziamento pubblico di cui godono le istituzioni ecclesiastiche fa percepire la Chiesa italiana assimilata e sullo stesso livello dei partiti politici. L'immagine che ultimamente la Chiesa-istituzione ha dato di sé attraverso il volto pubblico della Cei, l’ha fatta davvero sembrare
un partito come gli altri, anzi peggiore degli altri. In effetti del partito ha tutti i connotati: al suo vertice un presidente e un segretario che esercitano pieni poteri amministrativi e politici. 

Alle dipendenze di questi il grande esercito ecclesiastico costituito da duecentocinquanta vescovi e ventottomila parroci che controllano tutto il territorio nazionale, e una vastissima rete di giornali, radio e Tv, direttamente o indirettamente finanziati dallo Stato, che assicura una capillare comunicazione in ogni angolo del territorio. Il tutto mantenuto da un miliardo e duecento milioni di euro che ogni hanno lo Stato elargisce al partito-Chiesa, attraverso l’otto per mille dei contribuenti, che di fatto lo rende il partito di gran lunga più privilegiato rispetto agli altri che si devono accontentare, tutti insieme, di 500 milioni di euro circa. Ma il partito Cei ci costa molto di più.

Un altro miliardo annuo viene sborsato dallo Stato per pagare i “quadri” della Chiesa, nominati dai vescovi diocesani senza concorso (ci mancherebbe!), e inviati a coprire le ore di religione nelle scuole di ogni ordine e grado. Altri 50 milioni ogni anno per il personale ecclesiastico, inviato dai vescovi a svolgere ministero pastorale nell’esercito, nella polizia, negli ospedali e nelle carceri (quindi due più volte dallo Stato). 

 Anche il giornale del partito Cei, come può essere considerato Avvenire, pesa sul contribuente italiano per oltre 16 milioni di euro all’anno. Ma non fermiamoci qui! Le vie della provvidenza divine sono infinite ed ecco i finanziamenti delle scuole private cattoliche (261 milioni, vietati dalla nostra Costituzione), degli oratori parrocchiali (2 milioni e cinquecento mila), esenzioni varie (Ici, Ires, Irap che ci costano un altro paio di miliardi)). Infine, affiancano questi enormi benefici finanziari i cosiddetti “diritti di stola”: sono le tariffe che i fedeli devono versare al parroco per l’amministrazione di ogni singolo sacramento o per le Messe (naturalmente tutti esentasse, ci mancherebbe!). 

A tutto questo peso finanziario non si può non aggiungere il notevole
peso ideologico e dottrinale che la Chiesa esercita sul Paese facendo passare per valori sacri “non negoziabili” l’intero armamentario clericale di dottrine, principi e precetti pseudomorali che non scaturiscono dal Vangelo ma da consistenti residui del potere temporale e dal suo sempre più oppressivo oscurantismo medioevale. 

La nostra classe politica, codarda e servile, se, anziché al servizio del Vaticano fosso al servizio del popolo italiano che la mantiene lautamente,dovrebbe imporre alla Chiesa di non interferire sull’applicazione delle leggi anche quando queste non corrispondono al tradizionale magistero ecclesiastico: leggi sul divorzio, sull’aborto, sulla fecondazione assistita, sul testamento biologico, sulle coppie di fatto e così via.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)