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domenica 26 febbraio 2012

Peccato e redenzione. Il cristianesimo delle origini. 50


Una nuova speranza messianica si era aperta alle loro menti: il Messia di discendenza davidica era risorto e, asceso al cielo alla destra di dio Padre, sarebbe presto tornato sulla Terra, come Messia Martirizzato, sotto le spoglie del Figlio dell'Uomo, preconizzato nel Libro di Daniele. Circonfuso di potere e di gloria, avrebbe, dopo la cacciata definitiva degli oppressori romani, rifondato il regno di David e restaurato l'antico Tempio di Salomone. Il nuovo regno sarebbe stato santo e imperituro e avrebbe costretto anche i gentili ad adorare Jahvè.

Ebbe inizio così la parusia, cioè l'attesa febbrile del ritorno imminente di Gesù dal cielo, in carne ed ossa, che diede origine al cristianesimo giudaico. Mai passò per la mente dei seguaci di Gesù che la fede nel ritorno del Risorto volesse preludere alla nascita di una nuova religione, staccata dall'ebraismo. Anzi, consideravano questa aspettativa come un suo completamento, secondo quanto avevano detto le Scritture e i profeti.

Quindi essi non avevano alcuna cognizione della natura divina di Gesù; lo ritenevano semplicemente un uomo prescelto dal Signore, una specie di Messia e di profeta. Infatti rimasero sempre fedeli alle religione giudaica. Se avessero proclamato la divinità di Gesù-dio non avrebbero mai potuto frequentare il Tempio e avrebbero rischiato la lapidazione per la violazione del principio fondamentale dell'ebraismo: il monoteismo.

Non solo ignoravano la deificazione di Gesù, ma anche la sua nascita verginale (tra loro c'erano i fratelli di Gesù), e tutte le altre invenzioni mitologiche dei Vangeli posteriori, compresa l'istituzione del battesimo e dell'eucaristia. Gesù, durante il suo apostolato si era rivolto esclusivamente ai suoi correligionari ebrei e non aveva mai tentato di convertire i pagani, paragonati in modo rozzo e sprezzante a “cani e porci”. I suoi primi seguaci, quindi, seguendo la sua linea, continuarono a diffondere la nuova dottrina esclusivamente tra gli ebrei. 

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)